Intervista al card. Bassetti de La Stampa. “Appello alla prudenza e alla responsabilità”

News

«Il dialogo tra la Chiesa e il governo sulle messe e le misure anti-Covid c’è sempre stato e continuerà a esserci. Come anche il rispetto di tutte le precauzioni». È il presidente dei vescovi italiani, Gualtiero Bassetti, ad assicurarlo. In un’intervista a tutto campo il Cardinale plaude al nuovo decreto sicurezza che cancella le politiche migratorie di Salvini. Ribadisce i «no» alla pillola dei cinque giorni dopo alle minorenni e alla legge sull’omofobia. E sugli scandali vaticani dice: «Siamo vicini al Papa, vorrei alleggerire il carico di dolore che prova».

Eminenza, come sta vivendo personalmente questo tempo di pandemia?

«Con dolore per le morti e le ferite profonde che questo tempo sta portando con sé; con preoccupazione per quello che potrebbe succedere nelle prossime settimane, pensando alla ricaduta sociale ed economica che è l’altro riflesso della crisi; con affidamento al Signore, perché è il tracciato della nostra fede che si fa storia e prende vita nella carità e nella speranza».

Che cosa pensa della gestione dell’emergenza coronavirus e delle scelte per rilanciare l’economia e la società italiana?

«Non spetta a me esprimere giudizi in tal senso. Rilancio quanto sta affermando il Santo Padre che poi è uno dei messaggi al centro della nuova Enciclica “Fratelli tutti”: “Peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”. Occorre promuovere azioni che aiutino a superare questa fase senza costringere le prossime generazioni a portare il peso dell’attuale emergenza».

Sta crescendo l’allarme dei contagi: la Chiesa italiana è pronta a tornare al dialogo con il governo sul tema della Messa e delle funzioni religiose in caso di nuove eventuali emergenze?

«C’è molta preoccupazione per l’andamento epidemiologico. Per questo, rinnovo l’appello alla prudenza e alla responsabilità. Il dialogo con le Istituzioni non è mai mancato. Però va sottolineato che nelle nostre chiese si applicano i protocolli e non è mai mancato il rispetto di tutte le norme anti-Covid: mascherina, distanziamento e sanificazione. È un punto importante da tener presente».

Eravate contrari ai decreti Salvini sull’immigrazione: il nuovo decreto Sicurezza prevede che non si rimandino indietro i migranti che nel loro Paese rischiano la vita, e con altro nome tornano gli Sprar, con vitto e alloggio ai richiedenti asilo. Che cosa ne pensa?

«Come Chiesa auspichiamo che, dinanzi al fenomeno complesso ed epocale delle migrazioni, si possano trovare soluzioni appropriate ed eque. È necessario avere un sistema di accoglienza integrato e diffuso, adeguato alle sfide che abbiamo davanti. In questo senso le ultime modifiche normative stanno portando una discontinuità con il recente passato. È una prima risposta buona alle situazioni di crisi registrate nel tempo. Quello che serve è carità e responsabilità verso tutti: nei confronti delle persone che migrano e verso le popolazioni che accolgono».

Qual è il messaggio più importante dell’enciclica «Fratelli tutti»?

«La ricerca e la costruzione del “noi” come antidoto alle derive egocentriche, cui si uniscono l’invito alla gentilezza e il richiamo a una nuova cultura dell’incontro, dove tutti sono invitati a collaborare. Sono insegnamenti del Concilio Vaticano II che si aprono a una riflessione matura».

Qual è il suo stato d’animo sul caso Becciu? Al di là della colpevolezza o meno, e oltre alle perdite economiche per il Vaticano, quale danno sta subendo la Chiesa tutta?

«Provo una grande sofferenza e, se fosse possibile, vorrei alleggerire il carico di dolore provato dal Santo Padre. Al Papa posso assicurare la vicinanza della Chiesa italiana, che lo sostiene nella preghiera e nel percorso intrapreso».

Concentrandoci sulla Chiesa italiana, come risponde a chi sostiene che sia in declino?

«Non credo che la Chiesa italiana sia in declino. Abbiamo vissuto, in questi ultimi anni, grandi trasformazioni sociali e culturali, che hanno inciso e stanno incidendo sul contesto in cui viviamo. E, nonostante tutto, le nostre Chiese continuano a essere segno e dono per gli uomini e le donne del nostro tempo. E non potrebbe essere altrimenti. L’incontro del Mediterraneo, promosso dalla Chiesa italiana nel febbraio 2020 e che si svilupperà ancora nei prossimi mesi, è segno di un impegno concreto a livello culturale, sociale e politico, non solo in ambito italiano ma europeo. Nei prossimi mesi, inoltre, come Chiesa italiana, rifletteremo sulla realtà che abitiamo per accompagnare l’annuncio. Si legge nella nuova Enciclica: “La Chiesa […] con la potenza del Risorto, vuole partorire un mondo nuovo, dove tutti siamo fratelli, dove ci sia posto per ogni scartato delle nostre società, dove risplendano la giustizia e la pace” (n. 278). Sarà un nuovo inizio».

Potrebbe essere il momento di riformare un partito cattolico?

«Più che riformare un partito cattolico occorre riscoprire l’ispirazione cristiana della politica senza cercare scorciatoie. Occorre sempre tenere presenti tre principi basilari. Innanzitutto, la politica per un cristiano è “una missione” in cui si testimonia la fede e non una carriera per cercare il potere. Da questo discende uno stile politico caratterizzato da sobrietà, carità e responsabilità. Infine, la dignità della persona umana va difesa sempre, in ogni circostanza della vita: per la vita nascente, come per i migranti. I laici cattolici sappiano dunque assumersi le proprie responsabilità senza lasciarsi sedurre da promesse demagogiche, e sappiano prendere il meglio della tradizione nobile del cattolicesimo politico: De Gasperi e La Pira sono due giganti al giorno d’oggi da prendere a modello».

Che cosa pensa di «Insieme», il neonato partito ispirato da Zamagni?

«Non tocca a noi vescovi intervenire direttamente sulle scelte politiche e partitiche. Colgo in diversi territori un desiderio di partecipazione a un progetto di vita comunitario. Questo segnale, che è un’esigenza imprescindibile per le comunità, richiede maturità, preparazione, consapevolezza, responsabilità e libertà. Il tutto a servizio del bene comune».

Che cosa pensa della vendita della pillola dei cinque giorni dopo alle minorenni?

«Non credo sia uno sguardo corretto, lungimirante e prudenziale continuare a prendere decisioni che non hanno a cuore la tutela della salute quanto piuttosto uno sbrigativo “risolvere il problema”. Ancora una volta, come già per la questione della Ru486, la presunta libertà individuale è invece un modo per scaricare la coscienza collettiva dalla responsabilità dell’educazione all’affettività e al rispetto reciproco. Ritengo inoltre che così facendo si deresponsabilizzino ulteriormente i ragazzi coinvolti e i loro genitori, perché l’assunzione della pillola e le eventuali conseguenze vanno integralmente in capo alle ragazze – ricordiamolo – adolescenti».

Restando su questioni etiche, c’è un ampio dibattito sulla legge sull’omofobia/transfobia. La Presidenza della Cei si è già espressa con una nota critica. Che cosa ha da aggiungere?

«La Chiesa ha attenzione, cura e rispetto per ogni persona umana. Per questo, credo sia fondamentale evitare ogni tipo di deriva ideologica tale per cui sia passibile di sanzione penale per presunta omofobia chi non contempla il modello di affettività espresso da persone dello stesso sesso. La libertà di pensiero, ben diversa dall’istigazione e dalla violenza, non può essere discriminata perché ritenuta discriminante. Si creerebbe un pericoloso ribaltamento di democrazia. Il nostro ordinamento giuridico punisce già efficacemente ogni tipo di attacco alla dignità personale e ogni aggressione».

C’è una galassia cattolica, per certi versi organizzata, dichiaratamente ostile a papa Francesco: che cosa vorrebbe dire agli oppositori del pontificato?

«Il Papa annuncia il Vangelo che non è una proposta di parte, ma un progetto di vita radicale. E, come tale, va vissuto fino in fondo, fino alla radice della propria esistenza. Vivere su schemi sicuri potrebbe fare comodo, ma non è il giusto orizzonte. Meglio lasciarsi provocare, nel senso etimologico del termine. Ogni chiamata è sempre un’uscita da sé, dalle proprie sicurezze. È un mettersi in cammino. A noi la scelta: camminare o stare fermi?»