In Yemen si continua a morire

Vatican News

Fausta Speranza – Città del Vaticano

La coalizione militare guidata da Riad fa sapere di 33 operazioni militari nel corso delle ultime 24 ore in Yemen. La zona interessata è a sud di Marib, località strategica nel nord-ovest del Paese. Distrutti otto veicoli militari. E proprio in questa area, domenica scorsa, c’era stato l’attacco al convoglio del ministro dell’Agricoltura, Salem al-Socotrai, e del governatore di Aden, Ahmed Lamlas nel distretto di Tawahi. I due funzionari sono rimasti illesi, ma il bilancio dell’autobomba è salito a 6 morti e almeno 7 feriti.

Il rischio petroliera

Intanto, si rilancia l’allarme per la nave con oltre un 1 milione di barili di greggio fermata dai ribelli al largo delle coste yemenite occidentali. La Safer è una petroliera lunga 350 metri in stato di decomposizione, che ora rischia di esplodere. Ma già una fuoriuscita di petrolio dalla stiva innescherebbe una crisi irreversibile in tutto il settore degli approvvigionamenti: infatti potrebbe lasciare otto milioni di persone senza acqua potabile e distruggere in tre settimane lo stock ittico. I ribelli chiedono soldi in cambio della messa in sicurezza della petroliera. Si tratta, dunque, di un altro tassello di un conflitto che si protrae da sette anni. La nave, che ha 45 anni, contiene quattro volte la quantità di petrolio rilasciata dalla Exxon Valdez nel Golfo dell’Alaska nel 1989, in quello che fu il più grande disastro ecologico della storia.  

La drammatica situazione della popolazione

In Yemen, denuncia Oxfam, “siamo di fronte alla più grave emergenza al mondo, generata da un conflitto, che in quasi sette anni ha già causato oltre 143 mila vittime, con una persona su otto in tutto il Paese che non ha una casa in cui tornare”. “La popolazione sta affrontando un aumento esponenziale dei contagi da Covid-19, ma il 99 per cento non è vaccinata, mentre metà delle strutture sanitarie sono distrutte – ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia -. In questo momento 20 milioni di persone, il 66 per cento della popolazione, dipendono dagli aiuti umanitariper sopravvivere; 16 milioni soffrono di insicurezza alimentare e 50 mila si trovano in condizioni di carestia; oltre quattro milioni di yemeniti sono stati sfollati dall’inizio del conflitto e due milioni vivono solo a Marib, attualmente luogo di aspri combattimenti. Inoltre le condizioni nei campi sono terribili, molte persone non hanno accesso ad acqua pulita, servizi igienici e assistenza sanitaria. Case, scuole e ospedali sono stati ripetutamente danneggiati e distrutti. Sei anni di conflitto hanno costretto più di 4,3 milioni di persone, tra cui più di 2 milioni di bambini, a lasciare le loro abitazioni”.   

Il conflitto

Nel 2011 una rivolta ha costretto il presidente di lunga data, Ali Abdullah Saleh, a cedere il potere al suo vice, Abdrabbuh Mansour Hadi. La transizione politica avrebbe dovuto portare stabilità nel Paese, che è inoltre uno dei più poveri in tutta l’area mediorientale, ma così non è stato. Il presidente Hadi ha dovuto affrontare vari attacchi da parte delle forze militari fedeli a Saleh, una crescente insicurezza alimentare e una crisi economica dilagante. I combattimenti sono iniziati nel 2014, quando il movimento ribelle musulmano sciita Huthi ha preso il controllo della provincia settentrionale di Saada e delle aree limitrofe. Gli Huthi hanno continuato ad attaccare arrivando a prendere la capitale Sanaa, costringendo Hadi all’esilio all’estero. Il conflitto si è intensificato drammaticamente nel marzo 2015, quando l’Arabia Saudita e altri otto Stati – per lo più arabi sunniti – hanno lanciato attacchi aerei contro i ribelli sciiti con l’obiettivo dichiarato di ripristinare il governo di Hadi.