Immigrazione. La grande avventura della solidarietà comboniana a Roma

Vatican News

Davide Davide – Città del Vaticano

Nella capitale vantano il primato della “prima pietra” della solidarietà al servizio degli immigrati posta negli anni Sessanta da Padre Renato Bresciani, un missionario comboniano che prestò servizio nel Sud Sudan e dal quale fu espulso per aver fatto “causa comune con la gente”.

“Terzomondiali”, segno dei tempi

Ancora prima del Concilio, i Comboniani avvertirono che la presenza dei cosiddetti “Terzomondiali” era un segno dei tempi e che occorreva essere coinvolti nel tentare di dare almeno parziale soluzione ai loro problemi. “Ma è nel 1969 che Padre Bresciani, sostenuto da un gruppo di laici, fondò l’Acse, un’associazione al servizio inizialmente di studenti sudanesi, ugandesi e burundesi. In seguito divenne il primo centro aperto in Italia per migranti dall’ Africa, dall’ Asia e dall’ America latina” spiega Padre Venanzio Milani, presidente dell’Associazione.

L’ospitalità, innanzitutto

I servizi dell’ACSE, resi da volontari e da alcuni comboniani e comboniane, dalle suore vincenziane e francescane, nei primi tempi erano molteplici: assistenza sanitaria e burocratica, ricerca di alloggi e collocamento, buoni pasto, offerta di sussidi per viaggi e rimpatri, deposito bagagli e documenti fino al recapito postale. “Di rilievo l’impegnativo servizio alle famiglie dal 1984. Non c’erano per loro centri di ospitalità statali o ecclesiali perché gli alloggi erano, e sono, strutturati per soli uomini o donne. L’Acse raccoglie una rete di famiglie italiane, circa 200, disposte a dare ospitalità” rivela il sacerdote comboniano.

Ascolta la testimonianza di Padre Milani

Immigrati provenienti da cento paesi

Alla fine degli anni Settanta il numero dei migranti che venivano assistiti oscillava tra i 10 e i 13mila l’anno. “Provenivano da circa 100 paesi. Nel 1986 l’Acse assisteva 902 profughi, 137 studenti, 191 nuclei familiari, 304 persone in estrema necessità. La media giornaliera era di 240-260 persone al giorno, fino a raggiungere al sabato 480-500 persone” continua Padre Milani, sottolineando che anche le spese erano rilevanti: “Nel 1991 ammontavano a 414.238.294 lire”.

Puntare sulla formazione

L’Acse è stata la prima a iniziare in Italia una scuola di informatica per migranti con il rilascio della certificazione ECDL. Dal 1997 gestisce un ambulatorio odontoiatrico per migranti, effettuando prestazioni identiche a quelle di altri ambulatori. Tiene corsi di lingua italiana, differenziati per livelli, che permettono di effettuare in sede gli esami di lingua dell’Università per stranieri di Perugia. Offre inoltre corsi di lingua inglese,  rende servizi per la ricerca di lavoro, l’assistenza legale per la richiesta di documenti e la soluzione di problemi familiari, di alloggio e di controversie per il lavoro. Si occupa inoltre del ritorno volontario assistito e della la distribuzione di alimenti. “Oggi assistiamo complessivamente oltre 1.500 migranti l’anno” sottolinea padre Milani

La pandemia e l’aumento dei poveri

La pandemia ha fatto registrare un picco di presenze soprattutto per quel che riguarda la distribuzione dei viveri, che si svolge ogni giovedì. “Quasi il 30% in più” osserva Padre Milani. “Segno che la povertà e i bisogni della gente aumentano. Finora siamo riusciti a dare a tutti qualcosa, grazie al Banco alimentare, alle Suore Guanelliane e anche all’Elemosiniere del Papa, Card. Konrad Krajewski”.

Favorire la cultura del rispetto

“Il nostro obiettivo è quello di favorire una cultura di rispetto della vita e delle persone nei loro diritti e nella loro identità che porti a un maggiore senso di umanità nelle relazioni fino a una fraterna solidarietà nella giustizia”. Il Presidente di Acse specifica inoltre che: “Sarà importante qualificare sempre più professionalmente i servizi attualmente resi e ricercandone dei nuovi secondo le nuove esigenze” E’ necessario, secondo il sacerdote comboniano promuovere, motivare e coordinare un volontariato gratuito e promuovere l’integrazione: “E’ bene relazionarsi e interagire, senza contraddire le proprie finalità, con le non poche associazioni e organismi simili. Senza escludere interventi di denunce. Migliorare la rete di relazioni con attori pubblici e privati. Solo una azione comune è incisiva e ha premesse di risultati”