Il Vaticano: nessuna forma repressiva per chi rifiuta il vaccino

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Il Governatorato ha diffuso questo pomeriggio un comunicato riguardo alla questione delle vaccinazioni anti coronavirus all’interno del Vaticano che fa seguito al Decreto del presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano n. CCCXCVIII, emanato lo scorso 8 febbraio in materia di emergenza sanitaria. Tale Decreto, si legge nella nota, “è stato emanato per dare una risposta normativa urgente alla primaria esigenza di salvaguardare e garantire la salute ed il benessere della comunità di lavoro, dei cittadini e dei residenti nello Stato della Città del Vaticano. Il presupposto, quindi, è quello della tutela individuale del lavoratore e quella collettiva dell’ambiente lavorativo in caso di un evento che possa configurarsi come emergenza sanitaria pubblica. In particolare – prosegue la nota – la disposizione riguarda tutte le misure idonee dirette a prevenire, controllare e contrastare situazioni eccezionali di emergenza sanitaria pubblica e vengono diffusamente indicati tutti gli strumenti per una adeguata e proporzionale risposta al rischio sanitario”.

Necessario tener conto del rischio di un eventuale rifiuto

Nel testo viene specificato che “Tra queste misure su indicazione dell’Autorità sanitaria dello Stato, può essere ritenuto necessario il ricorso alla vaccinazione per determinati contesti: in attività lavorative inerenti il pubblico servizio, i rapporti con terzi o rischiose per la sicurezza della comunità di lavoro. L’adesione volontaria ad un programma di vaccinazione deve, quindi, tener conto del rischio che un eventuale rifiuto dell’interessato possa costituire un rischio per se, per gli altri e per l’ambiente lavorativo. Per tale motivo – si legge ancora –  la salvaguardia della comunità può prevedere, per colui che rifiuti la vaccinazione in assenza di motivi sanitari, l’adozione di misure che da una parte minimizzino il  pericolo in questione e dall’altra consentano di trovare comunque soluzioni alternative per lo svolgimento del lavoro da parte dell’interessato”.

Nessuna volontà repressiva, ma tutela della collettività

La nota diffusa dal Governatorato ricorda che “Il richiamo alle preesistenti Norme per la tutela della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali da osservarsi negli accertamenti sanitari in vista dell’assunzione del personale e durante il rapporto di lavoro e Norme a tutela dei dipendenti affetti da particolari gravi patologie o in particolari condizioni psicofisiche del 18 novembre 2011 deve quindi ritenersi come uno strumento che in nessun caso ha natura sanzionatoria o punitiva, piuttosto destinato a consentire una risposta flessibile e proporzionata al bilanciamento tra la tutela sanitaria della collettività e la libertà di scelta individuale senza porre in essere alcuna forma repressiva nei confronti del lavoratore”.