Il Te Deum, preghiera di lode e affidamento al Signore

Vatican News

Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
 

Il Te Deum laudamus, più conosciuto nella forma abbreviata di Te Deum, è una preghiera latina in prosa ritmica che viene intonata come ringraziamento in alcune circostanze solenni, come durante l’elezione del Pontefice, alla fine del Conclave prima di uscire dalla Cappella Sistina, oppure al termine dei Concili e nell’ultimo giorno dell’anno civile. E in effetti la ragione per la quale viene recitata è soprattutto il ringraziamento per qualcosa che si è compiuto e si deve ricominciare, con tutta la responsabilità e l’impegno possibili, come appunto alla fine di un anno e l’inizio del nuovo.

L’attribuzione dell’Inno

È concordamente attribuito a Niceta, vescovo di Remesiana, antico nome dell’attuale Bela Palanka nella Dacia Mediterranea, oggi Serbia centrale, e quindi databile alla fine del IV secolo. Precedenti ipotesi individuavano l’autore in san Cipriano, vescovo di Cartagine, e ancora in sant’Ambrogio e sant’Agostino che l’avrebbero recitata insieme durante il battesimo di quest’ultimo, dopo la conversione, nel 387. 

Il Te Deum, un canto di affidamento e di speranza

Insieme al Gloria in excelsis Deo, è l’inno più antico ed è l’espressione che maggiormente simboleggia il sacro. È completamente proteso verso l’alto per rendere lode al Signore e chiedere protezione e salvezza, come se le parole volessero salire per giungere fino al Padre e poi allargarsi e discendere nuovamente verso gli angeli, gli apostoli, i profeti, fino agli uomini, per poi risalire ancora e di nuovo, con tutto l’afflato e la potenza della preghiera e della fede. È un inno che parla di una liturgia celeste che celebrano gli angeli e alla quale partecipano anche gli uomini.
Tuttavia, si tratta di un ringraziamento non rutilante, piuttosto è espressione di un’accettazione paziente della durezza che riserva la vita sulla terra. La vita umana non è nulla se non viene sostenuta dalla misericordia del Signore. Perché tutto è nulla se non c’è la sua pietà, affinché non siamo confusi in eterno. E proprio con queste parole, infatti, si chiude l’inno. 

Le tre parti del Te Deum

L’inno può essere diviso in tre sezioni principali: la prima è rivolta al Signore:

Noi ti lodiamo, Dio,
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre,
tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni
della tua gloria.
Ti acclama
il coro degli apostoli
e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono
nella tua lode;
la santa Chiesa proclama
la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio,
e lo Spirito Santo Paraclito.

La seconda a Cristo Redentore:

O Cristo, re della gloria,
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti
dalla Vergine Madre
per la salvezza dell’uomo.
Vincitore della morte,
hai aperto
ai credenti
il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio,
nella gloria del Padre.
Verrai a giudicare il mondo
alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore,
che hai redento
col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria
nell’assemblea dei santi.

 La terza parte, composta da versetti tratti dai Salmi, riguarda gli uomini che chiedono e supplicano salvezza (Sal 28, 9; 145, 2; 51, 3.6; 33, 22; 31, 2).  

Salva il tuo popolo, Signore,
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno
ti benediciamo,
lodiamo il tuo nome
per sempre.
Degnati oggi, Signore,
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi
la tua misericordia: in te abbiamo sperato.
Pietà di noi,
Signore,
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza,
non saremo confusi in eterno.    

Il triplice Sanctus, del Te Deum – Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’Universo, riporta alle tre volte santo che si pronuncia dopo il prefazio.

Il Te Deum gregoriano

Il te Deum è cantato a cori alterni: al presbitero o celebrante risponde il coro e il popolo. Nella musica gregoriana veniamo letteralmente rapiti dalla dolcezza delle parole e dal ritmo sommesso e privo di cambi ritmici. Il suono della campana dà inizio e fine al canto.  La musica sacra d’altronde deve essere conservativa, specie quella canonizzata da san Gregorio, che annullò le differenze di scuola musicale per creare una koiné ufficiale, un linguaggio unitario.

Il Te Deum come specchio della storia della musica

In epoca recente le mutazioni musicali si riflettono e si notano in modo sorprendente nel Te Deum proprio perché è stato musicato da una schiera numerosissima di compositori. Nel Cinquecento, si vedano, ad esempio, i Te Deum di Giovanni Pierluigi da Palestrina o di Tomás Luis de Victoria profondamente armonici, “rotondi”, classici, come a rincorrere quella stessa armonia e bellezza senza ombre che ritroviamo nell’arte del periodo.

L’epoca barocca e il più celebre dei Te Deum

Il Te Deum di Jean-Baptiste Lully è gioioso e cromatico, incalzante. Ricordiamo anche quello solenne di Händel, ma certo alla fine del ‘600 quello di Marc-Antoine Charpentier è destinato ad assicurarsi una fortuna incredibile, che dura tutt’oggi. Il Preludio del Te Deum H 146 in Re Maggiore fu composto per una chiesa parigina tra il 1688 e il 1698, probabilmente il Collegio dei Gesuiti della chiesa di Saint Louis-le-Grand in rue Antoine. Si apre con i tamburi che ritmano quasi una marcia marziale che esplode nel trionfo delle trombe e continua tra un alternarsi di voci e maschili e femminili e ancora oboi, trombe e il rullio dei tamburi. Chi non riconosce le note del preludio, sigla di apertura dei programmi in Eurovisione della Rai? Nel nostro immaginario è diventata la musica della vittoria, dell’energia e conclude, altra curiosità, ogni concerto del gruppo musicale attivo dagli anni ’60 dei Nomadi.
Impossibile, infine, non ricordare anche la musica piena di gioiosa fiducia di Haydin, che compose il Te Deum probabilmente tra il 1799 e il 1800 e quello di un Mozart appena tredicenne, che lo scrisse nel 1769.

Il Te Deum e Napoleone

Attraverso il tempo, i cambi ritmici si fanno sempre più evidenti e le acustiche più alte, fino ad arrivare alle “sonorità rinforzate” di Berlioz, che spesso sono eseguite con due orchestre insieme, un organo solista, più di duecento coristi e un numero altrettanto grande di voci bianche. Ci troviamo nella seconda metà del XIX secolo e la ragione di questa potenza, di questo che possiamo chiamare trionfalismo, ha un nome: Napoleone. Queste opere cantano a Dio ma sono composte per occasioni che celebrano l’uomo del momento e la sua potenza. La musica sacra perde la sua originaria funzione e viene eseguita a corte. Anche Giovanni Paisiello compone uno splendido Te Deum per celebrare l’incoronazione di Bonaparte. 

La profonda fede di Bruckner 

Facendo ancora un salto nel tempo, tra il 1881 e il 1884,  ecco il Te Deum in do maggiore per soli (SATB), coro, orchestra e organo di Anton Bruckner, che risplende di fede profonda. “Quando il buon Dio mi chiederà: ‘cosa hai fatto con i doni che ti ho dato?’ Gli mostrerò la partitura del mio Te Deum e Lui mi giudicherà con indulgenza”, disse una volta il compositore. E Mahler scrisse di quest’opera, parafrasando il canonico “Per coro, solisti, orchestra e organo”: “Per voci angeliche, uomini alla ricerca di Dio, cuori tormentati e anime purificate dal fuoco”.  Questa magnifica opera è intrisa di spiritualità, attraverso il rincorrersi degli archi che creano cerchi sonori fin dalle prime note. Solenne e dolce allo stesso tempo, moderno.  

Giuseppe Verdi 

Nel Te Deum, uno dei Quattro pezzi sacri, datato al 1894 di Giuseppe Verdi, la potenza della musica si mescola a cori sommessi. Il suo sguardo va al passato, alla tradizione gregoriana e intende creare con la sua musica un vero e proprio catechismo cattolico, attraverso una sequenza di ritmi filologicamente aderenti al testo, con l’intento di  esprimerlo in pieno e farlo comprendere a tutti, come possiamo vedere dalle voci, ad esempio, che si addolciscono negli ultimi versetti di supplica al Signore, Miserere nostri, Domine, una richiesta accorata che poi sale nelle note altissime del In te Domine speravi.

Nella Tosca di Puccini

Tre sbirri, una carrozza… nel finale del primo atto il Te Deum fa da contraltare alle parole di Scarpia, ritmate dal suono cupo di campane e dei cannoni. Sacro e profano nel compositore lucchese sembrano intrecciarsi come un mistero insolubile e sciogliersi nella malinconia. Mistero svelato dallo stesso Papa Francesco, che in un’intervista del 2013 a padre Antonio Spadaro per La Civiltà Cattolica disse riguardo all’enigma di Turandot sul “fantasma iridescente” – dimostrando di conoscere molto bene Puccini – che “sparisce con l’aurora per rinascere nel cuore”, è la speranza.  

Ennio Morricone e i suoi Te Deum

Ennio Morricone ha composto un Te Deum laudamus per la colonna sonora del film Allonsanfàn dei fratelli Taviani del 1974,  dove il compositore mescola parodia ad accenni lirici e riconoscibili del suo stile. Successivamente il Te Deum Guarani, per il film Mission di Joffé del 1986 interpretato da Robert De Niro, si intride di note dolorose che sottolineano la tragedia imminente e l’innocenza degli indios Guaraní, che cantano l’inno accompagnati da flauti dalle tipiche sonorità sudamericane.