Il Papa: sporcarsi le mani nelle periferie del mondo non è elemosina, è fratellanza

Vatican News

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Vivere nella vicinanza con le periferie, integrare i migranti nella società, non per beneficenza, ma anche per reagire all’inverno demografico e aprirsi a una economia cristiana, che sia comunitaria e condivisa dalla gente. Sono le indicazioni fornite dal Papa nell’incontro con i dirigenti del Global Solidarity Fund, che riunisce religiosi che a Davos, dove è in corso il World Economic Forum, si confrontano su leadership e inclusione sociale dei più vulnerabili.

Il Papa li ha ricevuti in Vaticano, parlando loro a braccio e consegnando un discorso già preparato. “A me – sono state le parole di Francesco – piace quando la gente è proprio sulle frontiere, nelle periferie. Semplicemente perché Gesù è andato alle periferie: Lui è andato lì a far vedere il Vangelo”, ha detto loro, spiegando come le periferie possano essere del corpo, ma anche dell’anima “perché c’è gente che è un po’ benestante ma ha l’anima distrutta, strappata”. Lo stile di Dio – sottolinea ancora – è la vicinanza, e “c’è tanta gente che ha bisogno della vicinanza”.

Andare alle periferie, andare a trovare la gente che non conta, gli scartati della società – perché stiamo vivendo la cultura dello scarto, e si scarta la gente – andare lì è proprio quello che Gesù ha fatto.

Quelle espressioni religiose – che siano di congregazioni o siano cristiani che si “staccano” per conservare la fede – che vogliono avere l’anima pulita, ma non hanno la vicinanza, “forse – spiega Francesco – avranno l’anima pulita, ma hanno il cuore sporco di egoismo” e la loro, dice diretto il Papa, “è una riedizione del farisaismo più antico”.

I migranti vanno integrati, mai ghettizzati

Francesco affronta poi la questione migranti, ripete i quattro fondamentali verbi a loro riferiti: accogliere, accompagnare, promuovere e integrare. Con loro, poi spiega, bisogna fare un “camino di integrazione nella società”:

Non è un’opera di beneficenza, con i migranti, lasciarli lì. No. È prenderli e integrarli, con l’educazione, con l’inserimento lavorativo, con tutte queste cose”.

Nel ricordare la tragedia di Zaventem (l’attentato allo scalo aeroportuale di Bruxelles con 11 morti rivendicati dal sedicente Stato islamico – ndr), compiuto da giovani belgi “figli di migranti, non integrati, ghettizzati”, Francesco ribadisce il significato di integrazione.

Perché un migrante non integrato è a metà cammino, è a metà cammino, ed è pericoloso. È pericoloso per lui, poveretto, perché sarà sempre un mendicante. È anche pericoloso per tutti. Integrarsi, non avere i migranti come un sassolino nelle scarpe, che è molesto.

Occorre guardare a sé stessi per capire i migranti, è l’indicazione, perché “la maggioranza di noi siamo figli o nipoti di migranti”, riferendosi anche a se stesso. “Bisogna guardare le radici”, prosegue Francesco e guardare anche all’Europa che “è stata fatta da migranti” e che oggi “per uno sviluppo serio” ne ha bisogno:

C’è un inverno demografico, dove non ci sono i bambini, dove il futuro è ogni volta più stretto: che venga quella buona gente, ma bisogna integrarla! Integrarla. E per questo ringrazio tanto per quello che voi fate con loro. Non è un’elemosina, no, è la fratellanza.

Passare ad una economia comunitaria

Francesco passa poi a parlare di economia, partendo proprio dall’impegno del Global Solidarity Fund, l’economia, avverte, va convertita adesso:

Dobbiamo passare dall’economia liberale all’economia condivisa dalla gente, all’economia comunitaria. E su questo si lavora abbastanza con i giovani economisti, anche le donne

Cita i passi avanti nel pensare l’economia compiuti da Mariana Mazzucato – economista e accademica italiana con cittadinanza statunitense, figlia di migranti negli Usa – e da altre donne per poi spiegare perché si debba ragionare su di una economia “più radicata nel popolo”.

Non possiamo vivere con un pattern di economia che viene dai liberali e dall’illuminismo. Nemmeno possiamo vivere con un pattern di economia che viene dal comunismo. Serve… un’economia cristiana, diciamo così.

E dunque, senza voler indugiare sulle formalità Francesco lancia il suo incoraggiamento, chiedendo sempre di pregare a suo favore e “non contro”:  

Andate avanti, sporcatevi le mani. Rischiate. E guardate tante periferie: Sudest asiatico, parte dell’Africa, parte dell’America Latina. Tante periferie, tante, che feriscono il cuore.