Chiesa Cattolica – Italiana

Il Papa, si accolga e protegga chi fugge dai disastri climatici

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Sono quasi 30 milioni le persone nel mondo costrette a lasciare le loro case a causa dei disastri ambientali, il che dà alla crisi climatica un volto umano, investendo la Chiesa di sfide da affrontare al fianco di chi deve abbandonare terra e abitazioni per sopravvivere, soprattutto gli abitanti delle periferie esistenziali. Francesco chiede di guardare a tutto ciò, perché “vedere o non vedere questo è il problema!”, come scrive nella prefazione agli Orientamenti pastorali sugli sfollati climatici, volume presentato oggi in Sala Stampa vaticana.

Popolazioni sradicate dalla propria terra e costrette a migrare

Tutto inizia, scrive il Papa, dal nostro vedere “le popolazioni sradicate dalla propria terra a seguito di disastri naturali causati dal clima e costrette a migrare perché l’ambiente in cui vivono non è più abitabile”. Se è vero che il cambiamento climatico interessa tutto il mondo, è pur vero, come sottolinea Francesco, che però “le difficoltà maggiori riguardano coloro che meno hanno contribuito a determinare il cambiamento climatico”.

Accogliere, proteggere e integrare chi fugge

“Molti – si legge nella prefazione – vengono ‘divorati’ da condizioni che rendono impossibile la sopravvivenza. Costretti ad abbandonare campi e coste, case e villaggi, fuggono in fretta portando con sé solo pochi ricordi e averi, frammenti della loro cultura e della loro tradizione”. La richiesta del Papa è di accogliere, proteggere, promuovere e integrare “coloro che sono costretti ad allontanarsi dalle proprie abitazioni a causa della crisi climatica”, poiché “accogliere, proteggere, promuovere e integrare sono tutti verbi che corrispondono ad azioni adeguate”.

La sollecitazione del Papa, si prenda coscienza e si agisca

Gli Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Climatici, prosegue Francesco, spingono a “vedere la tragedia dello sradicamento prolungato”, invitano “a prendere coscienza dell’indifferenza della società e dei governi di fronte a questa tragedia”, e sollecitano tutti, Chiesa compresa, ad agire, indicando inoltre la strada per poterlo fare. Il verbo “vedere”, spiega padre Fabio Baggio Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che ha curato il volume, è il primo passo di un processo di presa di coscienza, che ha come obiettivo l’agire sulle cause della crisi climatica e sulle sue conseguenze in ambito migratorio.

Ascolta l’intervista con padre Fabio Baggio

R. – È il secondo anno che la Sezione Migranti e Rifugiati propone un fenomeno che definiamo quasi ‘invisibile’. L’anno scorso abbiamo parlato dello sfollamento interno, quest’anno ci siamo ancora più concentrati sullo sfollamento climatico, cioè su quelle persone che sono costrette a lasciare il loro posto di residenza a causa degli effetti della crisi climatica. Un gruppo ben definito di persone, molto più numeroso di quello che uno possa immaginare, semplicemente perché gli effetti della crisi climatica, molto spesso, o passano inosservati o vengono confusi con fenomeni che sono totalmente naturali, quando invece naturali non sono, semplicemente perché o sono incrementati o sono nuovi, ma non si sono mai presentati prima in quei territori, proprio perché il clima era diverso e oggi è cambiato.  Che sia per il riscaldamento degli oceani, che sia per i fenomeni atmosferici che prima non c’erano, che sia per l’avanzamento dei deserti e delle mancanze d’acqua che provocano degli incendi, e così via, abbiamo tutta una serie di episodi che stanno provocando esodi massicci di persone e noi, anche quest’anno, vogliamo sollevare l’attenzione su questo fenomeno.

È tutto questo che il Papa ci chiede di guardare, quando scrive che “tutto, infatti, inizia dal nostro vedere, sì, dal mio e dal tuo” ed è una importante sfida pastorale …

R. – Certamente, c’è una azione che la Chiesa è chiamata a fare, in un senso di Laudato sì. L’Enciclica è un po’ la Magna Carta, quella che ci illustra i passi da fare, nella comprensione di una crisi climatica, che è già molto avanzata e acuta e non è all’inizio, alla quale noi siamo chiamati a rispondere, con delle azioni che cercheranno di mitigare quello che è possibile ma, soprattutto, non continuando a distruggere la nostra casa comune e questo è un rimando continuo ad una Enciclica che è un pilastro anche del Magistero di Papa Francesco. Noi, come Sezione Migranti e Rifugiati, abbiamo visto le conseguenze in ambito migratorio e l’invito ad agire, in questo ambito, diventa un invito a estendere la cura pastorale a tutte quelle persone che si vedono oggi costrette a muoversi a causa degli effetti della crisi climatica. Molte delle azioni che siamo chiamati a fare, le attività di assistenza, sono simili a quelle che noi possiamo fare con altri sfollati, come gli sfollati interni, altre invece sono molto determinate dalle cause che hanno prodotto questo sfollamento come, per esempio, quello di cercare di alimentare la resilienza di coloro che non necessariamente sono costretti a fuggire, o quello di poter rimanere dove si è ma dando delle alternative reali e potere costruire delle forze di resilienza, delle ragioni per rimanere, delle strutture che permettano loro di continuare a vivere dove sono. Quando però non c’è altra ragione che il muoversi, allora si tratta di capire come poter accompagnare queste persone, come poter organizzare le partenze e agire anche sul processo decisionale delle persone, preparare le comunità che li ricevono, così andiamo avanti in un sostegno che è particolare. Le ultime azioni che vengono proposte sono più che altro azioni che tutti siamo chiamati a fare, ossia formarci come agenti pastorali su quello che significa crisi climatica oggi: spostamento e sfollamento causati da crisi climatiche. Occorre far entrare questi temi all’interno della nostra formazione pastorale, nell’animazione giovanile, nella catechesi, in quelle che sono le discussioni della parrocchia. Il secondo tema è favorire, anche con le nostre università cattoliche, con i nostri centri di ricerca, l’approfondimento di queste tematiche. Ultimo tema, altrettanto importante, è quello di cercare di favorire il coordinamento di tutte le forze che sono in gioco, perché la Chiesa è una delle forze, ma non è l’unica responsabile di dare una risposta, quindi, il come favorire la collaborazione. Diciamo che questo è un tema molto caro a Papa Francesco che sempre ci invita, ci sollecita, a vedere le potenzialità degli altri in modo che questo ‘Noi’, chi agisce, diventi sempre più grande.

È assolutamente, come è stato sollevato durante la conferenza di presentazione, un problema morale rispondere alla crisi climatica. L’appello è alla comunità internazionale perché, ad esempio, riconosca la vulnerabilità per coloro che sono forzati a fuggire per il clima, cioè che si dia un riconoscimento ai profughi climatici…

R. – Il cardinale Michael Czerny (Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ndr) è stato molto chiaro nella sua presentazione quando ha sottolineato che l’imperativo morale nasce dalla cura della casa comune, e questo vuole dire anche dalla cura della famiglia, di coloro che sono costretti a fuggire da quei pezzi di casa comune a causa della crisi climatica; e questo dobbiamo sentirlo come responsabilità nostra di ognuno, in un senso di corresponsabilità globale che ormai è dimostrata dal mondo in cui ci troviamo a vivere. Abbiamo diverse situazioni nel mondo in cui gli esodi sono palesemente ed evidentemente causati da una crisi climatica, ed è importante che la comunità internazionale non solamente renda visibile questa situazione, ma cominci a pensare e a riflettere su come si possa provvedere a un riconoscimento delle vulnerabilità dei soggetti che sono in movimento, che si trovano a dover lasciare i loro posti di residenza e anche ad una protezione che possa essere estesa. Questo è un cammino che, sicuramente, richiede il coinvolgimento di quelle forze che a questo sono preposte. La comunità internazionale ha una serie di strutture che possono mettersi al lavoro, ad un bel tavolo di lavoro, per vedere come si possa garantire tutto questo.

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