Il Papa preoccupato per il Caucaso: trovare soluzioni di pace per il bene della gente

Vatican News

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

È rivolta ai 120 mila armeni del Nagorno-Karabakh, tra i quali 30 mila bambini, attualmente isolati e privi di cibo, medicine e generi di prima necessità, la preoccupazione di Papa Francesco per il blocco del Corridoio di Lachin. Al termine dell’Angelus in Piazza San Pietro, il Papa esprime la sua apprensione per la situazione umanitaria nella Repubblica dell’Artsakh, dove, dal 12 dicembre scorso, gli azeri per presunte “ragioni ambientali” hanno bloccato la porzione di terra di circa nove chilometri di larghezza che rappresenta l’unico collegamento tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.

Mi preoccupa la situazione creatasi nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso meridionale. In particolare sono preoccupato per le precarie condizioni umanitarie delle popolazioni che rischiano ulteriormente di deteriorarsi nel corso della stagione invernale.

Soluzioni pacifiche per il bene delle persone

Il Papa si appella “a tutti coloro che sono coinvolti di impegnarsi a trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone”.  

Oltre all’isolamento e all’impossibilità di garantire approvvigionamenti, molte famiglie sono infatti separate e numerosi malati non possono raggiungere l’Armenia per adeguare cure mediche. Insieme a questo, è stato chiuso nei giorni scorsi il gasdotto dall’Armenia all’Artsakh che passa attraversa il territorio sotto il controllo dell’Azerbaigian. Un duro colpo viste le condizioni metereologiche avverse. Da subito l’Unione Europea ha invitato le autorità azere a garantire libertà e sicurezza di movimento lungo il Corridoio, in linea con la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 firmata da Russia, Armenia e Azerbaigian. Il blocco del Corridoio causa notevoli disagi alla popolazione locale – ha avvertito l’Ue – creando gravi preoccupazioni umanitarie.

La sofferenza dell’Ucraina

Oggi quindi l’appello mondiale del Papa dalla finestra del Palazzo Apostolico, da dove non ha mancato – come in ogni Angelus dal 24 febbraio – di esprimere un pensiero per l’Ucraina piagata dal conflitto. Il Pontefice si affida alla Vergine Maria: a Lei, dice, “chiediamo di toccare i cuori di quanti possono fermare la guerra in Ucraina”.

Non dimentichiamo la sofferenza di quel popolo, specialmente dei bambini, degli anziani, delle persone malate. Preghiamo, preghiamo!

Nel Paese ripristinata l’energia elettrica

Dal Paese giunge la notizia – comunicata dallo stesso presidente, Volodymyr Zelensky – che nelle ultime 24 ore è stata ripristinata l’energia elettrica per quasi 6 milioni di abitanti, dopo la serie di attacchi missilistici russi che venerdì ha preso di mira diverse infrastrutture energetiche. “I lavori di riparazione continuano senza sosta dopo l’attacco terroristico di ieri”, ha dichiarato il capo di Stato. Tuttavia rimangono problemi con il riscaldamento e “grandi problemi con la fornitura di acqua” in alcune parti dell’Ucraina. Le aree che stanno affrontando “la situazione più difficile”, ha detto sempre Zelensky, includono Kyiv, Leopoli e Vinnytsia. Ma ci sono altre aree ancora alle prese con “interruzioni su larga scala”, tra cui la città di Dnipro e le regioni di Dnipropetrovsk, Volyn, Zhytomyr, Zakarpattia, Ivano-Frankivsk, Odessa, Poltava, Ternopil e Chernihiv.  

Intanto il consigliere dell’Ufficio del Presidente dell’Ucraina, Oleksiy Arestovych, intervenuto in una trasmissione, ha detto che la guerra non finirà prima della prossima estate. “Può essere qualificato come un conflitto prolungato – ha affermato – ovvero che dura da uno e mezzo a due anni. Un conflitto prolungato non piace a nessuno ed è parzialmente pericoloso”.