Il Papa: le donne vittime di violenza spesso sole, lo Stato garantisca giustizia

Vatican News

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Giustizia in tempi brevi, ma non giustizialismo. Prevenzione e protezione, educazione e accompagnamento in ogni fase, sicurezza da minacce e recidive, frequenti anche dopo le condanne. Il Papa indica quelli che sono i punti cardine per estirpare uno dei mali del nostro tempo: la violenza contro le donne. Fenomeno permanente, diffuso, trasversale, aggravato dalla pandemia e alimentato dai media.

Francesco parla ai componenti della Direzione centrale anticrimine, ricevuti in Vaticano all’indomani della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e del lancio dell’edizione 2022 di “Questo non è Amore”. Ovvero la campagna permanente della Polizia di Stato, il cui tradizionale opuscolo quest’anno è arricchito proprio dalle ripetute denunce del Papa contro i soprusi, i maltrattamenti e gli abusi subiti da migliaia di donne in tutto il mondo.

Tempi interminabili per la giustizia 

Una nuova, accorata, denuncia il Papa la reitera anche oggi nell’udienza in Sala Clementina, quando affronta la questione della solitudine in cui si trovano tante ragazze che subiscono violenza.  

Purtroppo, le donne molto spesso non solamente si trovano sole ad affrontare certe situazioni di violenza, ma poi, quando il caso viene denunciato, non ottengono giustizia, oppure i tempi della giustizia sono troppo lunghi, interminabili. Su questo bisogna vigilare e migliorare, senza cadere nel giustizialismo, no!

Mettere le donne “in salvo”

Francesco si appella direttamente allo Stato che, afferma, “deve garantire che il caso sia accompagnato in ogni fase e che la vittima possa ottenere al più presto giustizia”. Allo stesso tempo, è fondamentale e urgente “che le donne siano ‘messe in salvo’, cioè occorre fare in modo che esse siano al sicuro dalle minacce attuali e anche dalle recidive, che purtroppo sono frequenti anche dopo un’eventuale pena”.

Fare rete

Contrastare questa realtà dolorosa è un “obiettivo di dignità e di civiltà”, sottolinea il Papa. La Polizia è “un punto di riferimento istituzionale”, in tal senso, tuttavia, considerando numeri e diffusione, “per vincere questa battaglia non basta un corpo specializzato, per quanto efficiente” e “non bastano l’opera di contrasto e le necessarie azioni repressive”.

Bisogna unirsi, collaborare, fare rete: e non solo una rete difensiva, ma soprattutto una rete preventiva! Questo è sempre decisivo quando si cerca di eliminare una piaga sociale che è legata anche ad atteggiamenti culturali, a mentalità e pregiudizi radicati.

Donne che aiutano altre donne

Il Papa plaude al fatto che all’interno delle forze dell’ordine siano presenti molte donne.

È una grande risorsa: donne che aiutano altre donne, che potete meglio capirle, ascoltarle, sostenerle. Immagino quanto dev’essere impegnativo per voi, come donne, portare interiormente il peso delle situazioni che incontrate, e che vi coinvolgono sul piano umano.

È prezioso avere “una mirata preparazione psicologica” e “anche spirituale”, dice Francesco, “perché solo a livello profondo si può trovare e custodire una serenità e una calma che permettono di trasmettere fiducia a chi è preda di violenze brutali”. Tante donne cristiane, venerate come martiri, ne sono esempio. Il Papa ne cita alcune: da Santa Lucia a Santa Maria Goretti alla beata suor Maria Laura Mainetti, la religiosa assassinata a Chiavenna da tre ragazze durante un rito satanico.

Educazione e prevenzione

Due le direttrici che il Papa indica, prevenzione ed educazione, pensando soprattutto alle famiglie: “Abbiamo visto che la pandemia, con l’isolamento forzato, ha purtroppo esasperato certe dinamiche all’interno delle mura domestiche. Le ha esasperate, non create: si tratta infatti di tensioni spesso latenti, che si possono risolvere preventivamente a livello educativo”, dice Papa Francesco.

Educazione è dunque una parola-chiave, ma per garantirla serve sostegno alle famiglie che non possono essere lasciate sole. “Se sulle famiglie ricadono in massina parte gli effetti della crisi economica e sociale, ed esse non sono adeguatamente sostenute, non possiamo meravigliarci che lì, nell’ambiente domestico, chiuso, con tanti problemi, esplodano certe tensioni”.

I modelli offerti dai media

Un altro aspetto decisivo, per il Pontefice, è quello della comunicazione:

Se nei mass-media si propongono in continuazione messaggi che alimentano una cultura edonistica e consumistica, dove i modelli, sia maschili sia femminili, obbediscono ai criteri del successo, dell’autoaffermazione, della competizione, del potere di attrarre l’altro e dominarlo, anche qui, non possiamo poi, in modo ipocrita, stracciarci le vesti di fronte a certi fatti di cronaca.

La testimonianza di Bakhita e altre sante

Davanti a questo tipo di condizionamento culturale serve “un’azione educativa che ponga al centro la persona, con la sua dignità”. E anche in questo caso l’esempio di alcune sante può essere d’aiuto. Il Papa indica infatti santa Giuseppina Bakhita, vittima anche lei durante infanzia e giovinezza di “pesanti violenze” che “si è riscattata pienamente accogliendo il Vangelo dell’amore di Dio ed è diventata testimone della sua forza liberatrice e risanatrice”. A lei è intitolata l’opera ecclesiale per le donne vittime di tratta. Bakhita non è l’unica: ci sono tante “sante della porta accanto” che con la loro vita “testimoniano che non bisogna rassegnarsi, che l’amore, la vicinanza, la solidarietà delle sorelle e dei fratelli può salvare dalla schiavitù”. La loro testimonianza va proposta a ragazze e ragazzi di oggi, esorta Francesco.

Nelle scuole, nei gruppi sportivi, negli oratori, nelle associazioni, presentiamo storie vere di liberazione e di guarigione, storie di donne che sono uscite dal tunnel della violenza e possono aiutare ad aprire gli occhi sulle insidie, sulle trappole, sui pericoli nascosti dietro i falsi modelli di successo.