Chiesa Cattolica – Italiana

Il Papa: i beni della Santa Sede hanno destinazione universale

Pubblicato il Motu proprio di Francesco “Il diritto nativo” per chiarire la natura pubblica ecclesiastica dei beni acquisiti dalle istituzioni curiali ed enti collegati alla Santa Sede: “Li utilizzano, non per loro stessi, come privato proprietario, ma, nel nome e nell’autorità del Pontefice, per il perseguimento delle loro finalità istituzionali, il bene comune e a servizio della Chiesa universale”

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

I beni – immobili e mobili – della Santa Sede hanno “destinazione universale” e le istituzioni e gli enti che li hanno acquisiti o che li abbiano intestati ne sono “affidatari”, non “privati proprietari, avendo agito e dovendo sempre agire in nome e sotto l’autorità del Papa”. Francesco lo ribadisce nel Motu proprio Il diritto nativo, firmato il 20 febbraio ma pubblicato oggi, in cui, richiamandosi ai canoni 1254 e 1255 del Diritto canonico, chiarisce la natura pubblica ecclesiastica dei beni acquisiti dalle istituzioni curiali e dagli enti collegati alla Santa Sede.

Missione della Chiesa

“Il diritto nativo, indipendente dal potere civile, della Santa Sede di acquistare beni temporali è uno degli strumenti che, con il sostegno dei fedeli, una prudente amministrazione e gli opportuni controlli, assicurano alla Sede Apostolica di operare nella storia, nel tempo e nello spazio, per i fini propri della Chiesa e con l’indipendenza che è necessaria per l’adempimento della sua missione”, recita il documento papale.

Nel nome e nell’autorità del Pontefice

“La destinazione universale dei beni della Santa Sede attribuisce ad essi natura pubblica ecclesiastica”, spiega ancora nel testo, in cui viene sottolineato che: “Gli enti della Santa Sede li acquisiscono e utilizzano, non per loro stessi, come il privato proprietario, ma, nel nome e nell’autorità del Romano Pontefice, per il perseguimento delle loro finalità istituzionali, del pari pubbliche, e quindi per il bene comune e a servizio della Chiesa universale”.

In altre parole, enti e istituzioni che hanno acquisito e ai quali, per l’osservanza alle normative civili, sono stati intestati tali beni, li devono curare “con la prudenza che la gestione della cosa comune richiede e secondo le regole e le competenze che la Santa Sede si è data”. Da ultimo con la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium e, ancor prima, con il “lungo cammino” delle riforme economiche e amministrative, nel cui solco si inserisce anche il provvedimento odierno.

La natura pubblica dei beni

Il Motu proprio dunque non cambia le competenze e non detta regole nuove, ma riafferma un principio fondamentale circa la natura pubblica dei beni e il ruolo delle istituzioni curiali e degli enti collegati: “Tutti i beni, mobili e immobili, ivi incluse le disponibilità liquide e i titoli, che siano stati o che saranno acquisiti, in qualunque maniera, dalle istituzioni curiali e dagli enti collegati alla Santa Sede, sono beni pubblici ecclesiastici e come tali di proprietà, nella titolarità o altro diritto reale, della Santa Sede nel suo complesso e appartenenti quindi, indipendentemente dal potere civile, al suo patrimonio unitario, non frazionabile e sovrano”, afferma il primo paragrafo del Motu proprio.

Pertanto, “nessuna istituzione o ente può reclamare la sua privata ed esclusiva proprietà o titolarità dei beni della Santa Sede, avendo sempre agito e dovendo sempre agire in nome, per conto e per le finalità di questa nel suo complesso, intesa come persona morale unitaria, solo rappresentandola ove richiesto e consentito negli ordinamenti civili”.

Perseguimento del bene comune

Tale principio vuole essere una guida per l’azione di tutta la Santa Sede e richiama tutti al perseguimento del bene comune e alla responsabilità che l’amministrazione della cosa pubblica ecclesiastica comporta, ricordando quale è la finalità dei beni temporali della Santa Sede che sono beni pubblici della Chiesa indissolubilmente destinati al perseguimento dei suoi fini e non solo a quelli del singolo ente a cui sono affidati.

Il diritto nativo chiarisce pure che “nulla cambia” per il patrimonio delle persone giuridiche strumentali ovvero fondazioni ed enti che fanno riferimento alla Santa Sede iscritti nell’elenco dello Statuto del Consiglio per l’Economia e che hanno sede nello Stato della Città del Vaticano. Con il Motu Proprio del 5 dicembre 2022, era stato già chiarito che il loro patrimonio appartiene del pari alla Santa Sede.

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