Chiesa Cattolica – Italiana

Il Papa ai giovani: sognate in grande, non ascoltate i “sicari della speranza”

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“Brostà, óli masí!”. “Avanti, tutti insieme!”, senza farsi spaventare dai dubbi che sono “vitamine di fede”, senza farsi distruggere dagli “azzeratori di sogni e sicari della speranza”, senza farsi imprigionare in quel “mondo virtuale pieno di apparenze”, in cui si è “molto social ma poco sociali”. È una spinta al futuro, a lanciarsi nell’Odissea della vita, quella che il Papa offre ai giovani di tutta la Grecia che incontra nella Scuola San Dionigi delle Suore Orsoline a Maroussi. L’abbraccio con le nuove generazioni che costruiranno l’avvenire di un Paese costretto a vivere in mezzo a molteplici crisi è l’atto conclusivo del viaggio di Francesco in terra ellenica. Tramite i ragazzi, il Pontefice esprime il suo “efcharistó”, “grazie”, per tutti coloro che hanno organizzato o contribuito ad organizzare il suo pellegrinaggio.

Canti e testimonianze 

Nella palestra del collegio, dopo canti, inni e un ballo tradizionale, il Papa, su un palco azzurro decorato da fiori bianchi, ascolta tre testimonianze: Katerina, giovane filippina che racconta i suoi dubbi di fede davanti alla sofferenza umana; Ioanna, di Tinos, che ricorda il suo riavvicinamento a Dio dopo momenti di rabbia e lontananza; Aboud, siriano 18.enne, con a fianco il fratello Mario, che commuove i presenti riportando la sua esperienza di profugo dalla Siria martoriata, dove con la famiglia ha rischiato più volte la morte tra bombardamenti e attacchi.

Sirene che ammaliano

È dalle parole dei tre ragazzi che il Papa muove il suo discorso, intervallato da diversi passaggi a braccio e incentrato su un unico messaggio: “Dio ti ama”. Questo annuncio Francesco lo consegna come un dono a ragazzi e ragazze che rischiano altrimenti di farsi imprigionare da “pigrizia”, “timore”, “vergogna” o da quei “messaggi martellanti” che “fanno dipendere la vita” dai vestiti che si indossano o dalla macchina che si guida. Insomma da quelle “sirene” che “oggi vogliono ammaliarvi con messaggi seducenti e insistenti, che puntano sui guadagni facili, sui falsi bisogni del consumismo, sul culto del benessere fisico, del divertimento a tutti i costi…”.

Sono tanti fuochi d’artificio, che brillano per un attimo, ma lasciano solo fumo nell’aria

Un ballo tradizionale per il Papa

Conosci te stesso

Resistere non è facile, afferma il Papa: Ulisse, insidiato dalle sirene, si fece legare all’albero maestro della nave, ma è un altro il personaggio da cui prendere esempio, Orfeo, il quale intonò una melodia più bella di quella delle sirene mettendole così a tacere. Questa melodia è per ogni giovane “la bellezza della fede”, dice il Papa: “Non siamo cristiani perché dobbiamo, ma perché è bello”. Ricorda quindi l’antico invito inciso sul frontone del tempio di Delfi: “Conosci te stesso”.

Riconosci che vali per quello che sei, non per quello che hai. Non vali per la marca del vestito o per le scarpe che porti, ma perché sei unico, sei unica

Unici perché “figli amati di Dio”. “Il cuore della fede non è un’idea o una morale, ma una realtà, una realtà bellissima che non dipende da noi e che lascia a bocca aperta: siamo figli amati di Dio! Figli amati: abbiamo un Padre che veglia su di noi senza smettere mai di amarci”. “Riflettiamoci”, esorta il Papa:

“Qualsiasi cosa tu pensi o faccia, fossero anche le peggiori, Dio continua ad amarti. Sempre e comunque. Guarda la tua vita e la vede molto buona. Non si pente mai di noi. Se ci mettiamo davanti allo specchio magari non ci vediamo come vorremmo, perché rischiamo di concentrarci su quello che non ci piace. Ma se ci mettiamo davanti a Dio la prospettiva cambia.”

Non perdere lo stupore 

È vero che “davanti alle incomprensioni o alle difficoltà della vita, nei momenti di solitudine o di delusione, può bussare alla porta del cuore questo dubbio: ‘Forse sono io che non vado bene… forse sono sbagliato, sono sbagliata…’”. Ma quella “è una tentazione da respingere”, che il diavolo sobilla “per gettarci nella tristezza”. Cosa fare? Cosa fare quando un dubbio del genere diventa soffocante e non lascia in pace, quando si smarrisce la fiducia e non si sa da dove cominciare? “Bisogna ritrovare il punto di partenza”, dice il Papa, che è lo “stupore”, il “meravigliarsi”. “Thaumàzein”, quella scintilla, quella scoperta che ha dato inizio alla filosofia, alla cultura, all’arte, alla scienza.

“Lo stupore non è solo l’inizio della filosofia, è anche l’inizio della nostra fede”, chiosa il Papa. “Non perdiamo mai quello stupore di essere per Dio, nonostante tutte le nostre debolezze e i nostri peccati, figli amati da sempre e per sempre”.

Anziché cominciare la giornata davanti allo specchio, perché non apri la finestra della camera e ti soffermi su tutto il bello che vedi?

Il coro dei giovani della Grecia

Il tesoro del perdono

E quando si rimane “delusi” per qualcosa che si è fatto, c’è un altro stupore da non lasciarsi sfuggire: “Lo stupore del perdono”.   

Non permettiamo che la pigrizia, il timore o la vergogna ci rubino il tesoro del perdono. Lasciamoci stupire dall’amore di Dio! Riscopriremo noi stessi; non quello che dicono di noi o che le pulsioni del momento suscitano in noi; non quello che gli slogan pubblicitari ci buttano addosso, ma la nostra verità più profonda, quella che vede Dio, quella in cui crede Lui: la bellezza irripetibile che siamo.

Tanto social, poco sociali

Per custodirla, questa bellezza, “diciamo no a ciò che vuole oscurarla”, incoraggia Papa Francesco. Diciamo sì, invece, a ciò che porta la gioia, come il dedicarsi agli altri che “non è da perdenti, è da vincenti; è la via per fare qualcosa di veramente nuovo nella storia”. “Vuoi fare qualcosa di nuovo nella vita? Vuoi ringiovanire? Non accontentarti di pubblicare qualche post o qualche tweet. Non accontentarti di incontri virtuali, cerca quelli reali, soprattutto con chi ha bisogno di te: non cercare la visibilità, ma gli invisibili. Questo è originale, rivoluzionario”, afferma il Vescovo di Roma.

Tanti oggi sono molto social ma poco sociali: chiusi in sé stessi, prigionieri del cellulare che tengono in mano. Ma sullo schermo manca l’altro, mancano i suoi occhi, il suo respiro, le sue mani. Lo schermo facilmente diventa uno specchio, dove credi di stare di fronte al mondo, ma in realtà sei solo, in un mondo virtuale pieno di apparenze, di foto truccate per sembrare sempre belli e in forma.

“Che bello invece stare con gli altri, scoprire la novità dell’altro!”, esclama Francesco. “Coltivare la mistica dell’insieme, la gioia di condividere, l’ardore di servire!”. “O fílos ine állos eaftós”, “l’amico è un altro me”, afferma un detto greco: “Sì, l’altro è la via per ritrovare sé stessi. Certo, costa fatica uscire dalle proprie comfort zone, è più facile stare seduti sul divano davanti alla tv. Ma è roba vecchia, non è da giovani. Da giovani è reagire: quando ci si sente soli, aprirsi; quando viene la tentazione di chiudersi, cercare gli altri, allenarsi in questa ‘ginnastica dell’anima’”.

Un momento dell’incontro di Papa Francesco con i giovani della Grecia

L’avventura del vivere

Proprio i ragazzi e le ragazze nati e cresciuti nella terra che ha visto fiorire i più grandi eventi sportivi, come le Olimpiadi e la maratona, devono lanciarsi in un altro tipo di agonismo “che fa bene al corpo c’è quello che fa bene all’anima”.

Allenarsi all’apertura, percorrere lunghe distanze da sé stessi per accorciare quelle con gli altri; lanciare il cuore oltre gli ostacoli; sollevare gli uni i pesi degli altri… Allenarvi in questo vi farà felici, vi manterrà giovani e vi farà sentire l’avventura di vivere!

Non farsi paralizzare dalle paure, sognare in grande

E a proposito di avventura, Papa Francesco richiama la testimonianza di Aboud, la sua fuga e il suo approdo in questo Paese in barca, rimanendo “su una roccia senza acqua e senza cibo, aspettando l’alba e una nave della guardia costiera”. “Una vera e propria odissea dei nostri giorni”, commenta il Pontefice, che richiama ancora una volta l’Odissea e l’avventura del giovane Telemaco, figlio di Ulisse: “Non aveva conosciuto il padre ed è angosciato, sfiduciato perché non sa dov’è e nemmeno se esiste. Si sente senza radici ed è davanti a un bivio: rimanere lì, in attesa, oppure fare una pazzia e lanciarsi alla ricerca. Ci sono varie voci, tra cui quella della divinità, che lo esorta ad avere coraggio e partire. E lui fa così: si alza, sistema di nascosto la nave e di fretta, al sorgere del sole, va all’avventura”.

“Il senso della vita non è restare sulla spiaggia aspettando che il vento porti novità”, incoraggia Papa Francesco. “La salvezza sta in mare aperto, sta nello slancio, nella ricerca, nell’inseguire i sogni, quelli veri, quelli ad occhi aperti, che comportano fatica, lotta, venti contrari, burrasche improvvise”.

Ma non lasciarsi paralizzare dalle paure, sognare in grande! E sognare insieme! Come per Telemaco, ci sarà chi cercherà di fermarvi. Ci sarà sempre chi vi dirà: “Lascia perdere, non rischiare, è inutile”. Sono gli azzeratori di sogni, i sicari della speranza, gli inguaribili nostalgici del passato.

“Nutrite il coraggio della speranza”, è l’esortazione conclusiva del Papa. “Scegliere è una sfida. È affrontare la paura dell’ignoto, è uscire dalla palude dell’omologazione, è decidere di prendere in mano la vita”. Per fare scelte giuste, basta ricordare una cosa: “Le buone decisioni riguardano sempre gli altri, non solo sé stessi. Ecco le scelte per cui vale la pena rischiare, i sogni da realizzare: quelli che richiedono coraggio e coinvolgono gli altri”.  

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