Chiesa Cattolica – Italiana

Il Papa ai giornalisti: la vostra missione è di rendere il mondo meno oscuro

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Cosa è il giornalismo? Quali sono i verbi con cui è possibile connotare il buon giornalismo? Sono queste le principali domande che possono accompagnare il discorso pronunciato da Papa Francesco in occasione della consegna di onorificenze pontificie a due “decani” dell’informazione vaticana: Valentina Alazaraki, “che giovanissima era salita sull’aereo che portava San Giovanni Paolo II a Puebla nel 1979”, e Philip Pullella, l’altro “ben noto” veterano. “Quante esperienze condivise, quanti viaggi, quanti avvenimenti – afferma il Papa rivolgendosi ai due redattori – avete vissuto in prima persona raccontandoli ai vostri telespettatori e lettori”. Le parole del Pontefice risuonano nella Sala del Concistoro, alla presenza dei giornalisti accreditati nella Sala Stampa della Santa Sede.

Sono lieto di accogliervi qui, dopo che tante volte ci siamo incontrati nel corridoio degli aerei, durante le interviste in alta quota, o di passaggio durante le varie celebrazioni e i diversi appuntamenti dei pellegrinaggi apostolici nel mondo. Siamo compagni di viaggio!

Il giornalismo è una missione

Le parole di Francesco, che ricorda anche il giornalista russo Aleksej Bukalov morto nel 2018, sembrano comporre un manuale di giornalismo scritto in particolare per i redattori di questo tempo, profondamente segnato dalla diffusione di nuovi mezzi di comunicazione. E si intrecciano, innanzitutto, con i principi che devono guidare un professionista dell’informazione:

Al giornalismo si arriva non tanto scegliendo un mestiere, quanto lanciandosi in una missione, un po’ come il medico, che studia e lavora perché nel mondo il male sia curato. La vostra missione è di spiegare il mondo, di renderlo meno oscuro, di far sì che chi vi abita ne abbia meno paura e guardi gli altri con maggiore consapevolezza, e anche con più fiducia. È una missione non facile. È complicato pensare, meditare, approfondire, fermarsi per raccogliere le idee e per studiare i contesti e i precedenti di una notizia.

Questa missione, osserva il Papa, non è priva di ostacoli. Il buon giornalismo, aggiunge, si può congiungere con tre direttrici:

Il rischio, lo sapete bene, è quello di lasciarsi schiacciare dalle notizie invece di riuscire a dare ad esse un senso. Per questo vi incoraggio a custodire e coltivare quel senso della missione che è all’origine della vostra scelta. Lo faccio con tre verbi che mi pare possano caratterizzare il buon giornalismo: ascoltare, approfondire, raccontare.

Ascoltare

C’è un verbo che “vi riguarda come giornalisti ma che ci riguarda tutti come Chiesa, in ogni tempo e specialmente ora che è iniziato il processo sinodale”. Questo verbo, afferma il Papa, è ascoltare:

Ascoltare, per un giornalista, significa avere la pazienza di incontrare a tu per tu le persone da intervistare, i protagonisti delle storie che si raccontano, le fonti da cui ricevere notizie. Ascoltare va sempre di pari passo con il vedere, con l’esserci: certe sfumature, sensazioni, descrizioni a tutto tondo possono essere trasmesse ai lettori, ascoltatori e spettatori soltanto se il giornalista ha ascoltato e ha visto di persona. Questo significa sottrarsi – e so quanto è difficile nel vostro lavoro! – sottrarsi alla tirannia dell’essere sempre online, sui social, sul web. Il buon giornalismo dell’ascoltare e del vedere ha bisogno di tempo.

Gli strumenti comunicativi, osserva il Santo Padre, sono importanti ma l’incontro personale è insostituibile:

Non tutto può essere raccontato attraverso le email, il telefono, o uno schermo. Come ho ricordato nel Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni di quest’anno, abbiamo bisogno di giornalisti disposti a “consumare le suole delle scarpe”, a uscire dalle redazioni, a camminare per le città, a incontrare le persone, a verificare le situazioni in cui si vive nel nostro tempo.

Approfondire

Il secondo verbo, che caratterizza il mestiere del giornalista, è “una conseguenza dell’ascoltare e del vedere”. Approfondire, ricorda il Papa, non è un elemento accessorio nel giornalismo:

Ogni notizia, ogni fatto di cui parliamo, ogni realtà che descriviamo necessita di approfondimento. Nel tempo in cui milioni di informazioni sono disponibili in rete e molte persone si informano e formano le loro opinioni sui social media, dove talvolta prevale purtroppo la logica della semplificazione e della contrapposizione, il contributo più importante che può dare il buon giornalismo è quello dell’approfondimento.

Ma cosa, chiede Francesco, si può offrire in più “a chi legge o ascolta, rispetto a ciò che già trova nel web?”

Potete offrire il contesto, i precedenti, delle chiavi di lettura che aiutino a situare il fatto accaduto. Lo sapete bene che, anche per ciò che riguarda l’informazione sulla Santa Sede, non ogni cosa detta è sempre “nuova” o “rivoluzionaria”. Ho cercato di documentarlo nel recente discorso ai movimenti popolari, quando ho indicato i riferimenti alla Dottrina sociale della Chiesa su cui si fondavano i miei appelli. La Tradizione e il Magistero continuano e si sviluppano confrontandosi con le esigenze sempre nuove del tempo in cui viviamo e illuminandole con il Vangelo.

Raccontare

Il terzo verbo che caratterizza il buon giornalismo è raccontare:

Raccontare significa non mettere sé stessi in primo piano, né tantomeno ergersi a giudici, ma significa lasciarsi colpire e talvolta ferire dalle storie che incontriamo, per poterle narrare con umiltà ai nostri lettori. La realtà è un grande antidoto contro tante “malattie”. La realtà, ciò che accade, la vita e la testimonianza delle persone, sono ciò che merita di essere raccontato.

Il buon giornalismo non deve lasciare indifferenti:

Abbiamo tanto bisogno oggi di giornalisti e di comunicatori appassionati della realtà, capaci di trovare i tesori spesso nascosti nelle pieghe della nostra società e di raccontarli permettendo a noi di rimanere colpiti, di imparare, di allargare la nostra mente, di cogliere aspetti che prima non conoscevamo. Vi sono grato per lo sforzo di raccontare la realtà. La diversità di approcci, di stile, di punti di vista legati alle differenti culture o appartenenze religiose è una ricchezza anche nell’informazione. Vi ringrazio anche per quanto raccontate su ciò che nella Chiesa non va, per quanto ci aiutate a non nasconderlo sotto il tappeto e per la voce che avete dato alle vittime di abuso.

Papa Francesco e il giornalista Philip Pullella

Solo la verità ci rende liberi

Francesco, rivolgendosi ai due decani vaticanisti – Alazraki e Pullella – e ai redattori accreditati nella Sala Stampa della Santa Sede, sottolinea infine che il faro da seguire per il giornalista è la ricerca della verità:

Grazie, cari amici, per questo incontro. Grazie e congratulazioni ai nostri due “decani”, che oggi diventano “Dama” e “Cavaliere” di Gran Croce dell’Ordine Piano. Grazie a tutti voi per il lavoro che fate. Grazie per la vostra ricerca della verità, perché solo la verità ci rende liberi.

La Chiesa è nata per riflettere la luce di Gesù

Il Papa ricorda infine che la Chiesa “non è un’organizzazione politica che ha al suo interno destra e sinistra come accade nei Parlamenti”. “Alle volte, osserva il Papa a breccio, purtroppo, si riduce a questo nelle nostre considerazioni, con qualche radice nella realtà”. La Chiesa, aggiunge, non è “una grande azienda multinazionale con a capo dei manager che studiano a tavolino come vendere meglio il loro prodotto”. E “non si auto-costruisce sulla base di un proprio progetto, non trae da sé stessa la forza per andare avanti e non vive di strategie di marketing”. “Ogni volta che cade in questa tentazione mondana – sottolinea il Papa ricordando – la Chiesa, senza rendersene conto, crede di avere una luce propria e dimentica di essere il ‘mysterium lunae’ di cui parlavano i Padri dei primi secoli”. “La Chiesa – sottolinea – si autentica alla luce di un altro, come la luna”. Ma quando si dimentica di essere ‘mysterium lunae’, la sua azione “perde vigore e non serve a nulla”. “La Chiesa, composta da uomini e donne peccatori come tutti – conclude Francesco – è nata ed esiste per riflettere la luce di un Altro, la luce di Gesù, proprio come fa la luna con il sole”.

Il Papa e la giornalista Valentina Alazaraki

I saluti al Papa dei due giornalisti premiati

Salutando Papa Francesco, la giornalista messicana Valentina Alazaraki ha coinvolto i colleghi nella consegna del premio: “Qui in mezzo – ha detto – c’è tantissimo materiale per le cause di beatificazione”: per essere mamme, papà e giornalisti ed anche vaticanisti “ci sono molte virtù eroiche”. E ha ricordato dei momenti in cui per lavoro è stata lontana della famiglia. Ha detto il marito quando le figlie erano piccole, ha avuto “una grandissima idea”. Le faceva sedere davanti alla televisione e diceva loro: “Bambine, state tranquille, perché la mamma è con il nonno. Il nonno era Giovanni Paolo II”. Anche Philip Pullella, ha sottolineato che il riconoscimento ricevuto oggi è anche ai “colleghi di strada”. “Tra questi – aggiunge – anche quelli che c’erano prima di me e da cui ho imparato tantissimo”. “Vorrei anche ringraziare tutto lo staff della Sala Stampa che lavora dietro le quinte – gli uscieri, le segretarie e gli altri -, anche se in tutti questi anni non mi hanno mai passato un documento segreto”. Ricordando la propria personale storia di migrante dalla Calabria negli Stati Uniti e di giornalista, ha dedicato la propria onorificenza “a tutti gli immigrati che cercano una vita migliore per i loro figli”. Come fecero i suoi genitori nel 1958.

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