Il Messale Romano: la terza edizione italiana

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“Un libro unico, perché non ne esistono uguali. Un libro della comunità, perché generato dalla comunità cristiana, e che ogni volta si rinnova nelle celebrazioni liturgiche”. Mons. Stefano Russo, Segretario generale della Cei, ha definito così la terza edizione italiana del Messale Romano, che è stata introdotta, in molte regioni, con il nuovo anno liturgico, dalla prima domenica di Avvento. “Non è soltanto un libro da leggere o da sfogliare, ma accompagna la comunità dei credenti in Cristo”, ha affermato mons. Russo, che, intervenendo alla conferenza stampa online, ha messo in luce il desiderio che pure “il Messale fosse attento alla contemporaneità”. Di qui la scelta di “un linguaggio più inclusivo, anche nella scelta delle annotazioni musicali all’interno”. Tutto ciò, per il Segretario generale della Cei, rende la nuova edizione proposta dalla Cei “un libro corale, rinnovato nel formato, nella veste grafica e nell’apparato iconografico”, grazie al contributo dell’artista campano Mimmo Paladino.

Il Messale è “un testo normativo, che non fa della celebrazione eucaristica uno spettacolo, ma un rito che coinvolge tutti i credenti”, ha spiegato mons. Claudio Maniago, Vescovo di Castellaneta e Presidente della Commissione episcopale per la liturgia, sottolineando che si tratta di “un testo liturgico, non un sussidio o un libro che raccoglie le preghiere che si leggono nella Messa”. “È qualcosa di più impegnativo, un testo che raccoglie un’eredità importante, perché scaturisce dalla riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II”, ha chiarito mons. Maniago che ha illustrato gli ambiti in cui si è intervenuto: da un lato, sulla “traduzione, l’Editio Typica della Santa Sede consegnata alle Conferenze episcopali nel 2002” rendendo “il testo più fresco e più aderente alle dinamiche del celebrare oggi”; dall’altro lato, con l’aggiunta di nuove preghiere, “non composte in maniera specifica, ma prese dal deposito che attinge al patrimonio della Chiesa”.

Quanto alle modifiche introdotte, ad esempio nella preghiera del Padre Nostro, mons. Maniago ha tenuto a precisare che sono state operate “non per un abbellimento estetico, ma per maggiore fedeltà, perché più rispondenti all’annuncio evangelico”. In particolare, “si è voluto esprimere maggiormente il volto paterno di Dio”. “Credo che la gente, una volta coinvolta e informata sui motivi di questa scelta – ha commentato – abbia mostrato sensibilità e maturità nell’accoglierla”.

Quella del Messale, ha proseguito don Paolo Tomatis, docente alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, “è una sfida a passare dalla logica del testo alla logica del gesto: sul Messale abbiamo testi, ma nell’azione rituale abbiamo gesti. Saper celebrare è un’arte che si impara a fianco e oltre i testi. Si possono avere testi bellissimi, ma se vengono letti con voce stanca e noiosa perdono tutta la loro forza”. “Che il Messale nella nuova edizione ravvivi in tutti la gioia per il dono di potere celebrare la fede e anche l’impegno a ben celebrare e a vivere quanto si celebra”, è stato l’auspicio finale di don Mario Castellano, direttore dell’Ufficio liturgico nazionale.