Il dono di Francesco, i profughi di Lipa avranno un riparo

Vatican News

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

Un intervento umanitario per dare dignità a chi vive nel campo profughi di Lipa, scosso nelle ultime ore dalla morte di un migrante e dai disordini che ne sono seguiti. E’ il senso dell’iniziative promosse dalla Nunziatura apostolica della Bosnia-Erzegovina grazie alla donazione di Papa Francesco. Una somma da destinare alla realizzazione di 2 sale polifunzionali e sale da pranzo per famiglie e minori accolti nel campo permanente di Lipa, attualmente in costruzione. Stamani la cerimonia di posa della prima pietra alla presenza del nunzio apostolico in Bosnia Erzegovina, monsignor Luigi Pezzuto. Alla costruzione e alla gestione delle strutture hanno contribuito anche la Caritas diocesana di Banja Luka, quella ambrosiana e l’ong delle Acli, Ipsia.

Luoghi per umanizzare

“Sono proprio sulla strada per Lipa”: racconta a Vatican News monsignor Luigi Pezzuto, insieme a lui ci sono anche il vescovo di Mostar, monsignor Petar Palić, e il direttore della Caritas di Mostar. Il programma prevede la posa della prima pietra delle strutture che dovranno aiutare i migranti a sentire il campo più come una loro casa. Il nunzio sottolinea come questo nuovo gesto di attenzione del Papa non sia il primo. “Abbiamo già realizzato ed inaugurato, nel mese di ottobre, due piccoli centri – spiega – dove i bambini possono giocare al chiuso perché naturalmente di inverno qui fa molto freddo, essendo una zona di montagna”. Luoghi, aggiunge monsignor Pezzuto, che non servono solo per ripararsi ma aiutano a creare armonia tra i migranti. Solo ieri la polizia è dovuta intervenire dopo la scoperta del corpo senza vita di una persona, forse un suicidio. Gli agenti sono stati presi a sassate. Successivamente, dopo alcuni controlli, sono stati trovato 255 migranti, per lo più afghani e pakistani sistemati in alloggi di fortuna, che poi sono stati trasferiti nel centro di Lipa, tra questi diversi minorenni non accompagnati.

Ascolta l’intervista a monsignor Luigi Pezzuto, nunzio in Bosnia-Erzegovina

Una chiamata alla solidarietà internazionale

“Occorre – sottolinea monsignor Pezzuto – che queste persone vivano meglio materialmente per addolcire anche i loro rapporti e le loro reazioni, frutto di tanti anni di sofferenze e di viaggi che hanno fatto in attesa di trovare un luogo dove rifugiarsi”. Più volte nelle parole del nunzio ricorre il termine “umanizzare”, un richiamo anche ai pronunciamenti di Papa Francesco che più volte si è espresso sulle condizioni dei migranti della cosiddetta “rotta balcanica”.

“Facciamo in modo che a queste creature fragili e indifese non manchino la doverosa cura e i canali umanitari preferenziali”

Lo aveva detto all’Angelus il 7 febbraio 2021 quando oltre 9 mila profughi, provenienti dall’Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Siria, Iraq, Iran erano bloccati in Bosnia-Erzegovina, non solo nel campo di Lipa ma anche in altri centri di raccolta. Di Lipa si era iniziato a parlare anche in seguito a un incendio nella tendopoli avvenuto lo scorso 23 dicembre e che aveva costretto 1.500 profughi a vivere in condizioni disperate sotto la neve, solo successivamente era stato realizzata una tendopoli temporanea in attesa della completa ricostruzione del campo. Per il nunzio Pezzuto, “le persone che vivono qui sono prigionieri che vorrebbero andare via ma intorno è tutto chiuso. Serve la solidarietà da parte di tutti gli stati perché ci sia una distribuzione equa nei vari posti e in vari Paesi”.

La rotta balcanica è una delle vie d’ingresso in Europa di migranti e richiedenti asilo. Nel corso degli ultimi cinque anni sono state centinaia di migliaia le persone fuggite dai loro Paesi in difficoltà, in guerra o a causa di persecuzioni e transitate attraverso i Balcani. Dal 2018 il passaggio su questa rotta termina spesso in Bosnia-Erzegovina, dove le stime parlano di circa 9 mila tra migranti e richiedenti asilo, la maggior parte delle quali ospitati in campi di raccolta. Si tratta di intere famiglie, uomini, ragazzi e minori non accompagnati.