Il dolore del Papa per il Nicaragua: il dialogo sia base di una convivenza rispettosa

Vatican News

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano

Arrivano colme di dolore le parole del Papa al termine della preghiera domenicale dell’Angelus guardando a quanto sta accadendo da settimane in Nicaragua dove la Chiesa cattolica, i suoi sacerdoti e i vescovi, i media e le ong sono stretti in una serie di azioni vessatorie e persecutorie in quanto sospettati di sostenere gli oppositori del governo sandinista di Daniel Ortega:

Seguo da vicino con preoccupazione e dolore la situazione creatasi in Nicaragua che coinvolge persone e istituzioni. Vorrei esprimere la mia convinzione e il mio auspicio che, per mezzo di un dialogo aperto e sincero, si possano ancora trovare le basi per una convivenza rispettosa e pacifica.

Da qui la speciale invocazione di aiuto che il Papa chiede a Maria Immacolata, la Purisima tanto cara al popolo del Nicaragua:

Chiediamo al Signore, per l’intercessione della Purissima, che ispiri nei cuori di tutti tale concreta volontà.

La sofferenza della Chiesa del Nicaragua 

Dunque dialogo, richiamo al rispetto e preghiera. Questo chiede Francesco unendo la sua voce a quella di istituzioni internazionali e delle Chiese d’America e d’Europa preoccupate per quanto sta accadendo, dopo la chiusura di una serie di emittenti cattoliche, lo stop al lavoro delle ong, l’espulsione dal Paese delle Congregazione delle Suore di Madre Teresa, la sospensione delle attività ecclesiastiche, l’arresto di sacerdoti e da ultimo – nella notte di venerdì scorso – il prelevamento forzato, trasformato in arresti domiciliari, del vescovo della diocesi di Matagalpa, monsignor Rolando Álvarez, che già dall’inizio del mese di agosto era stato costretto sotto sorveglianza nella curia, assieme a sacerdoti e laici, per poi finire ad oggi bloccato nella sua residenza di Managua. Per le forze dell’ordine il presule avrebbe cercato di organizzare gruppi violenti e incitato ad atti di odio per destabilizzare il governo. Monsignor Álvarez inizialmente aveva anche cercato di pregare in strada, portando con sé l’Eucaristia in un ostensorio, ma era stato fermato dagli agenti della polizia. “Vogliamo fare al volontà di Dio, siamo nelle sue mani”, scriveva in un tweet durante la permanenza a Matagalpa, il presule, 55 anni, le cui condizioni di salute oggi sono peggiorate anche se il morale resta forte. A Managua ha potuto vedere i suoi familiari e incontrare il vicepresidente della conferenza episcopale, il cardinale Leopoldo Brenes, che con lui ha avuto un lungo colloquio.

Gli appelli della comunità internazionale

Le condizioni del vescovo di Matagalpa, la prigionia dei sacerdoti e dei laici che erano con lui e la tensione sociale del Paese, preoccupano la comunità internazionale. L’Onu parla di grave “ostruzione dello spazio democratico e civico” in Nicaragua, l’Organizzazione degli Stati americani (OSA) e la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) di “persecuzione” e “criminalizzazione”: da tutti l’appello al governo Ortega perché tuteli i diritti umani universali e restituisca la libertà a chi è arbitrariamente trattenuto.

Nei numerosi messaggi che stanno giungendo dalle conferenze episcopali dei continenti anche l’invito – ribadito oggi da Francesco – alla preghiera e a una vicinanza fattiva al Paese centroamericano, e la sottolineatura della testimonianza di fede e di comunità che sta offrendo in un momento di prova. Da ultimo lo stesso hanno fatto i vescovi cubani, assieme ai panamensi e alla conferenza episcopale del Venezuela. Lo stesso vescovo Alvarez da Managua ha espresso la sua fiducia nella preghiera di tutti di fronte a questa difficile situazione”. Consapevoli – ha detto secondo quanto riferiscono i media locali – che la preghiera è la forza del cristiano, l’invito è a continuare a implorare Cristo perché interceda e vegli su questo suo piccolo gregge”.