Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Anche alla età che aveva raggiunto – era nata a Roma il 14 agosto del 1928 – Lina Wertmüller è rimasta sempre un’artista ‘sopra le righe’. Non si poteva non notarla e gli occhiali dalla montatura bianca rimarranno per sempre il segno distintivo di una persona che, con grande intelligenza, le regole non amava rispettarle; “vanno tradite”, diceva spesso. E’ scomparsa a Roma e la capitale, sua città natale, le tributerà l’ultimo saluto con la camera adente che verrà allestita in Campidoglio. “Con Lina Wertmüller se ne va una leggenda del cinema italiano – ha commentato un commosso sindaco Roberto Gualtieri – una grande regista che ha realizzato film densi di ironia e intelligenza, la prima donna candidata all’Oscar per la miglior regia. Roma le darà l’ultimo saluto allestendo la camera ardente in Campidoglio”.
Una regista da Oscar
Decine le pellicole firmate da Lina Wertmüller, che ormai fanno parte della cultura del nostro tempo. A “I basilischi”, opera prima del 1963, hanno fatto seguito, solo per citare alcuni titoli, “Mimì metallurgico”, “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto” e “Pasqualino Settebellezze”, con cui divenne la prima donna ad essere candidata come regista all’Oscar. La statuetta le fu poi assegnata alla carriera nel 2020. “Lina Wertmüller ha dato vita a personaggi indimenticabili”. Così la definisce il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella. A Radio Vaticana-Vatican News vogliamo ricordarla attraverso le parole commosse di Massimo Wertmüller, il nipote, oggi noto attore.
Lina Wertmüller, la grande artista, ma anche una tua cara parente…
Negli ultimi anni abbiamo perso una manciata di ‘giganti’, i quali aiutavano a vivere meglio e Dio solo sa quanto oggi serva la cultura, come unico strumento per emanciparsi, capire e migliorare. E gli intellettuali, appunto, comunque gli artisti, i geni, come Lina, erano riferimento e luce. Oggi questi ‘giganti’ non li vedo facilmente rimpiazzabili, vedo dei vuoti incolmabili e dei mondi oltretutto che se ne vanno con loro. In particolare a me mancherà molto tutto il mondo di Lina, però io ho detto attraverso Facebook, che non si può mica solo usare per goliardia, ma anche per partecipare a un confronto o per un ricordo, io ho scritto il mio: “in tutto questo io piango mia zia che se n’è andata”. Perché, essendo sorella di mio papà, Lina si è portata via con sé tanti ricordi miei, perché era l’ultima Wertmüller che faceva parte della mia vita passata. Per cui a me quella che oggi manca e che piango è l’ultima parente stretta che rappresenta tutti i ricordi familiari che si è portata via con sé. Questo è molto triste e malinconico.
Che cosa ti ha trasmesso per il tuo lavoro la figura di tua zia Lina Wertmüller?
Augurerei a chiunque di avere un genio in famiglia, perché solo guardalo capisci quanto la preparazione, l’attenzione, la curiosità, la cura del dettaglio anche, siano importanti per fare le cose in modo migliore. Questo ho avuto la fortuna di capirlo, poi essere capace a metterlo in pratica è un altro discorso, ma averlo capito, sì, questo è avvenuto grazie a lei.
Il suo grande merito è quello di averci regalato sin dalle sue prime regie uno spaccato degli italiani in un periodo in cui spesso si faceva il cinema più per far ridere che non per far pensare…
Beh, attenzione, all’epoca si faceva anche la commedia di costume che era un modo di far ridere, sì, ma ‘castigat ridendo mores’, era un modo per affrontare i malcostumi della società. Lina in questo è stata bravissima, inventandosi anche un suo modo per così dire grottesco di sferzare i mali sociali. Lina era impegnata: se uno pensa a “Mimì metallurgico” o a “Pasqualino Settebellezze” o ancora a “Travolti da un insolito destino…”, si tratta di film politici, non di uso gratuito della parolaccia. In quest’ultima pellicola si parla di conflitto sociale, fra un rappresentante di un ceto povero, semplice che si ritrova su un’isola deserta con una rappresentante invece dell’alta società. padroni mettiamola così oppure era di metallurgico. Oppure “Mimì metallurgico”, in cui si parla dell’accettazione del compromesso per riuscire ad arrivare a fare qualcosa nella vita. Oppure ancora “Pasqualino Settebellezze”, che guardandosi allo specchio non sa se farsi schifo, essendo passato attraverso i dolori umani della guerra. Sono tutti film impegnati e voglio ricordare infine l’opera prima di Lina Wertmüller, “I basilischi”, un capolavoro che offre uno spaccato sui mali sociali del Sud Italia (ndr. negli anni 50/60). I basilischi (ovvero gli abitanti della Basilicata) vengono descritti come lucertole che stanno ferme al sole e questo stare fermi sotto il sole è la metafora che rappresenta i mali del Sud o di quel Sud che ha raccontato Lina Wertmüller.