Il cardinale Piacenza al “Monastero wi-fi”: solo Dio crea e perdona

Vatican News

di Simone Caleffi

Nel sacramento della riconciliazione, Dio “si consegna a noi come Creatore misericordioso per donarci nuova vita, consegnandoci così non solo il perdono ma se stesso: in ogni confessione sacramentale, Gesù Cristo ci dona se stesso e ci domanda di essere nuovamente accolto nel nostro cuore e nella nostra vita; e la conversione è l’imprescindibile condizione di tale accoglienza”. Lo ha detto il penitenziere maggiore, cardinale Mauro Piacenza, nell’omelia della Messa che conclude la mattinata in San Pietro dell’iniziativa “Monastero wi-fi”. “Grande mistero è l’abisso infinito dell’amore divino che gratuitamente crea, gratuitamente salva e gratuitamente santifica. Per questa ragione noi crediamo, con san Giovanni, che Dio stesso è Amore: non solo Egli ama, ma è Amore, e solo la conoscenza autentica di Dio può rivelare all’uomo che cosa davvero sia l’amore. Al di fuori del rapporto vivificante con il Dio trinitario, ci possono essere solo “imitazioni dell’amore” che nulla o poco hanno a che vedere con il profondo desiderio del cuore umano di amare ed essere amato, e che ci lasciano in un’aridità priva di luce e di speranza”.

Già Paolo VI sottolineava come la crisi di fede nel mondo contemporaneo fosse essenzialmente una mancanza di speranza, che per noi cristiani non è nemmeno semplicemente una delle tre virtù teologali ma è Cristo stesso, come dice la Scrittura.

“Il Signore, ed è il tema di questo quarto capitolo del Monastero wi-fi, si ‘consegna’ a noi nel sacramento della riconciliazione, come divina misericordia, capace di ri-creare l’uomo, dandogli nuova vita, ri-immergendolo nella grazia battesimale. Non dimentichiamo che in tutta la sacra Scrittura ci sono solo due verbi che hanno come soggetto esclusivamente Dio; essi sono ‘creare’ e ‘perdonare’. Solo Dio crea dal nulla, solo Dio ri-crea, perdona, dando nuova vita alla sua creatura”. Piacenza ha sottolineato che la consegna che Dio fa di sè stesso, da parte del credente, “presuppone necessariamente un’altra consegna: quella della confessione del nostro peccato al confessore. L’umile e integra accusa di tutti i peccati commessi dall’ultima confessione — di quelli mortali certamente e possibilmente di quelli veniali — è la condizione perché il cuore possa essere riconciliato, risanato dalla ferita del male e così reso di nuovo capax Dei, ossia capace di accogliere la ‘consegna’ della Misericordia in persona, la consegna che Gesù fa di sé al peccatore riconciliato, ri-associandolo, così, alla propria stessa vita”.

Il penitenziere maggiore ha continuato domandando: “Cosa ci spinge a una piena consegna di sé nella confessione? Come vincere tutte le resistenze a una confessione integra e davvero umile, senza reticenze o auto-giustificazioni, ammettendo il proprio peccato?”. E ha offerto una risposta, mettendo in luce due “forze attrattive permanenti”: “L’avvenimento straordinario e la consapevolezza di un Dio che si consegna agli uomini per salvarli”, e “l’esperienza della gioia, che accompagna quella che è la certezza morale e di fede d’essere stati perdonati. Essa non è di natura psicologica, ma teologica: non pretendiamo che la confessione faccia sparire i ‘sensi di colpa’; essa deve, piuttosto, risolvere il senso del peccato, che è appunto realtà teologica, non psicologica”.

Il cardinale Piacenza ha anche messo in evidenza “il dovere della riparazione”. Infatti, “il peccato viene assolto dalla misericordia di Dio, dalla Chiesa attraverso il suo ministro, segnatamente il sacerdote, ma il dovere di riparare al male commesso rimane come obbligo morale grave del penitente”. In questo cammino “la Chiesa ci sostiene” attraverso “il dono prezioso e straordinario delle indulgenze”. Il porporato ha concluso la sua omelia con commozione, pensando al fatto che “siamo sempre consegnati a una tenerissima Madre, che instancabilmente ci accompagna, sostiene e avvolge con il suo candido manto”.