I martiri di Granada sono beati. Semeraro: il sangue dei cristiani è seme di nuova vita

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Adriana Masotti – Città del Vaticano

Se i santi sono sempre un dono che Dio fa alla sua Chiesa, lo sono in modo speciale i santi martiri per i quali la liturgia romana loda oggi il Padre recitando “tu riveli nei deboli la tua potenza e doni agli inermi la forza del martirio”. Così questa mattina, nella cattedrale di Granada,  il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, nell’omelia della Messa di beatificazione di Cayetano Giménez Martín e di altri 15 compagni, il cui martirio è stato riconosciuto da Papa Francesco con il decreto del 29 novembre 2019.

Uccisi “in odio alla fede”

“Non è una conquista umana, la santità, ma un dono che riceviamo dal Signore”, afferma il prefetto che prosegue: “I martiri che noi oggi onoriamo e veneriamo, come tanti altri e altre di questa meravigliosa terra, hanno dato a Cristo la loro testimonianza sopportando grandi sofferenze e subendo la morte stessa nel contesto di vicende tragiche e dolorose dal carattere anticristiano”. Erano 14 sacerdoti, un seminarista e un laico. La loro uccisione “in odio alla fede” avvenne nella diocesi di Granada nel 1936, durante la guerra civile e la persecuzione spagnola contro la Chiesa. Le testimonianze dicono che, rifiutando di rinnegare la fede, tutti andarono incontro alla morte fidandosi di Dio e vivendo gli ultimi momenti nella certezza della Risurrezione di Cristo. Furono torturati e uccisi in diversi modi, di alcuni di loro non fu mai ritrovato il corpo.

La misericordia di Dio vale più della vita

Il prefetto ne ricorda alcuni a cominciare da “Cayetano Giménez Martín, parroco, ricordato come uomo contemplativo e semplice che in ogni uomo riconosceva l’immagine di Dio e la rispettava come tale”; Antonio Caba Pozo che era invece un seminarista di appena ventidue anni “e al persecutore che lo minacciava disse: ‘Uccidimi quando vuoi: io muoio per Cristo’”, mentre il laico José Muñoz Calvo, presidente del ramo giovanile dell’Azione Cattolica di Alhama di Granada, incoraggiava i suoi compagni a non temere la morte. “Tutti, nel subire la morte violenta, nell’intimo del loro cuore gridarono a Dio: la tua misericordia vale più della vita”, dice ancora il cardinale, ricordando che con misericordia il salmista intende “i beni che il Signore promette e che sono di gran lunga preferibili alla vita presente”. I martiri ne sono convinti: scelgono la morte per la vita. “Se nell’umana considerazione la nostra vita terrena è, come diceva il filosofo M. Heidegger, un ‘essere per la morte’, noi, – continua Semeraro – alla luce della fede in Cristo crocifisso e risorto, riconosciamo che proprio dalla morte nasce la vita”.

La santità dei martiri è una grazia per la Chiesa 

Gesù paragona se stesso al chicco di grano che muore per portare frutto e questo frutto è la Chiesa. La logica di Gesù vale anche per i suoi: “per produrre frutto occorre morire”. Il martirio di questi nuovi beati apre, dunque, alla speranza di frutti abbondanti. Dal loro esempio di fedeltà a Cristo, afferma il prefetto del dicastero per le Cause dei Santi, “spunti il grano sufficiente per avviare una grande moltiplicazione di pane al fine di sfamare la moltitudine degli uomini. La santità dei martiri, infatti, non è mai un evento del passato; è sempre, al contrario, una grazia per la Chiesa”.

Cristo è la nostra forza

I martiri, afferma ancora il porporato, “sono stati purificati dal loro stesso sangue e adesso possono intercedere per i nostri peccati”. Ci dicono che come loro, anche noi, seppur fragili e deboli, possiamo conseguire la vittoria. E conclude: “E’ Cristo la nostra forza sicché, come scrive san Paolo, ciascuno di noi può dire con fiducia: ‘tutto posso in colui che mi dà la forza’”.