Chiesa Cattolica – Italiana

I figli di padre de Bus, catechisti che guardano alle famiglie e ai mass media

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

I Padri Dottrinari, figli del fondatore Cesare de Bus (1544-1607), beatificato nel 1975 da san Paolo VI, sono lievito per i catechisti di tutto il mondo, anche se oggi sono poco più di un centinaio. Domenica 15 maggio vedranno proclamato santo il loro padre Cesare, francese nato settimo di tredici figli a Cavaillon nei pressi di Avignone, e morto quasi cieco, e abbandonato dai primi compagni, il giorno di Pasqua del 1607, nella casa di St. Jean le Vieux, ad Avignone. Ma oggi il cuore pulsante della Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana è in Italia, a Roma, dove riposa il corpo del beato, nella chiesa di Santa Maria in Monticelli, inglobata nella casa generalizia.

Dalla Francia a Roma, dove riposa il corpo del beato de Bus

A Roma è anche padre Ottorino Vanzaghi, un dottrinario torinese che è stato anche in missione in India, nella diocesi di Ranchi, nello Jharkhand. Lo raggiungiamo nella parrocchia che guida, sulla Cassia, dedicata a Sant’Andrea Apostolo. Ci racconta che oggi lui e i suoi confratelli, in Italia come in Francia, Burundi, Brasile e appunto India, sono chiamati ad essere da esempio e stimolo, nelle loro parrocchie, per la catechesi diocesana, attenti alla “dottrina piccola, media e grande”, come chiedeva padre Cesare. Papa Montini, beatificandolo, ha ricordato che padre de Bus ha promosso “una catechesi accessibile, comprensibile, aderente alla vita”, accompagnando “il ragazzo e l’adulto nella sua lenta ricerca di Dio”.

Un’immagine del beato Cesare de Bus, che viene canonizzato il 15 maggio

Vanzaghi: catechesi familiare e con i mass media

Oggi per far vivere questo suo carisma, ci spiega padre Vanzaghi, è importante agire con un metodo catechetico accessibile e vicino alla gente. Lavorando su due fronti: la catechesi familiare, “coinvolgendo i genitori nell’educazione dei figli alla fede, perché solo sono i primi catechisti” e i mass media, perché oggi “sono imprescindibili nell’evangelizzazione”. 

Ascolta l’intervista a padre Ottorino Vanzaghi (Dottrinari)

Cosa significa per la vostra congregazione la canonizzazione del vostro fondatore questa domenica?

Per noi è davvero un dono grande del Signore, perché l’attendevamo da più di 400 anni. Padre Cesare ha fondato i Dottrinari nel 1592, e generazioni di padri dottrinari hanno desiderato questo grande dono. Anche perché padre Cesare è stato considerato santo da subito, già in vita. Tutti lo hanno considerato un antesignano nel suo proporre la Parola di Dio e la catechesi. E quindi adesso finalmente, dopo tante sofferenze, attese e preghiere, dopo la beatificazione del 1975, si celebrerà la canonizzazione, che è stata annunciata due anni fa.

Padre Ottorino Vanzaghi, consigliere generale dei Padri Dottrinari

Quale è stato il miracolo che ha portato alla canonizzazione?

E’ stata la guarigione dalla meningite di una ragazza della nostra parrocchia di Salerno-Fratte, che non frequentava molto la parrocchia, però la famiglia e gli amici erano molto vicini alla nostra comunità parrocchiale. Così hanno organizzato delle veglie di preghiera e incontri per chiedere al Signore questo miracolo, perché questa ragazza così giovane ha avuto questa malattia improvvisa e fulminante; i medici dissero alla famiglia che non c’era più nulla da fare. Quindi è stato veramente un dono grande che ha riavvicinato tanta gente al Signore, e anche la sua famiglia. Per noi è stato un dono che non prova la bontà di Dio, su cui non abbiamo dubbi, ma prova il fatto che è bello avere l’intercessione di qualcuno che ha incontrato seriamente il Signore e ha provato a mettere in pratica la sua Parola, come padre Cesare.

Come realizzare oggi “una catechesi incarnata, accessibile, comprensibile e aderente alla vita”, come quella del beato de Bus, come l’ha descritta nell’omelia della beatificazione san Paolo VI nel 1975?

Credo che oggi sia ancora più difficile che allora. A quel tempo eravamo in un periodo di lotta tra le diverse confessioni cristiane. Eravamo subito dopo il Concilio di Trento, e quindi nel rinnovamento della catechesi, delle metodologie catechistiche, di una nuova formazione dei sacerdoti e dei laici, che erano abbastanza ignoranti in tema di dottrina della fede. Oggi siamo tornati in un tempo nel quale, per motivazioni completamente diverse, come la secolarizzazione, la multietnicità, la pluralità delle proposte, la gente si allontana dalla Chiesa. Dobbiamo ritrovare una metodologia che sia veramente accessibile e vicina alla gente. Bisogna allora lavorare su due fronti: il primo è la catechesi familiare. L’opera principale di padre Cesare si intitola proprio “Istruzioni familiari” e noi nelle nostre parrocchie stiamo cercando di sperimentare forme di catechesi familiare coinvolgendo i genitori nell’educazione dei figli alla fede, perché sono i primi catechisti. Poi il secondo fronte, sul quale bisognerebbe lavorare un po’ di più, è il versante massmediale: oggi non si può prescindere dai mass media anche per evangelizzare.

Un servizio che per voi padri dottrinari, nel corso dei secoli, è diventato anche missione “ad gentes”, soprattutto nel ventesimo e ventunesimo secolo, prima in Brasile, poi in India e infine in Burundi…

Sì, grazie al cielo il Signore, attraverso alcuni dei nostri padri, ci ha dato questa ispirazione e chiamata di andare a portare il carisma dottrinario in giro per il mondo. Nel secolo scorso, siamo stati in Brasile, con tutte le fatiche del tempo, perché i nostri padri partivano dall’Italia in nave e facevano viaggi di giorni e giorni, a volte anche mesi, per arrivare in Brasile. Quando arrivavano restavano anni e anni. E hanno veramente seminato un seme di carisma dottrinario soprattutto nel sud del Brasile, nella zona di San Paolo e anche più giù c’è stata una bellissima presenza, che adesso è un po’ in difficoltà. Però si spera che riparta più forte. Poi siamo andati nell’anno 2000 ad aprire in India: anche lì è stata una sfida veramente interessante. E poi dieci anni dopo, nel 2010, abbiamo aperto in Burundi, arrivando in quell’Africa che oggi è un territorio importantissimo per la nuova evangelizzazione.

La grande scuola dei Dottrinari a Ranchi (India), in un giorno di festa

Lei è stato personalmente in India. Ci parli di questa sua esperienza di missione, difficile ma affascinante, nell’India del nordest…

Io ho avuto veramente il grande dono, dai miei superiori, di essere incaricato, insieme al padre generale del tempo, padre Luciano Mascarin, di andare ad iniziare l’esperienza indiana. In una terra completamente lontana dalla nostra, nel nordest dell’Indi,  in una zona tra il Nepal e il Bangladesh. Una zona molto povera, dove vivono le popolazioni cosiddette Adivasi, che potremmo chiamare gli indio dell’India, le prime popolazioni dell’India originaria. Quelle popolazioni che scendevano a Calcutta. Ne parla molto Dominique Lapierre ne “La città della gioia”. Madre Teresa ha lavorato molto con queste popolazioni. E poi il gesuita padre Stam, che recentemente ha subito il martirio perché lavorava con le popolazioni Adivasi. Noi abbiamo scelto di lavorare in quella zona perché l’arcivescovo di Ranchi di quel tempo ci chiamò. Fu abbastanza difficile all’inizio, perché dovremmo conoscere un po’ la situazione e piano piano cercare di entrare nella Chiesa locale e anche avere contatti con le autorità locali. Anzi spesso e volentieri, soprattutto il governo in carica oggi, che è fondamentalista indù fa molta difficoltà con i cattolici. Quindi abbiamo avviato una Social development society, una piccola attività che poteva dare una mano, dal punto di vista scolastico e sanitario. E da lì prima abbiamo acquistato un pezzo di terra, poi abbiamo cominciato finalmente a costruire. Adesso abbiamo una grossa scuola dove cerchiamo di fare dall’alfabetizzazione più semplice, una pre-school, ad una scuola primaria e secondaria per tutti, a prescindere dal ceto sociale. Aiutando le popolazioni più povere, soprattutto quelle che vengono dalla giungla, e a prescindere dalla religione. Un’opera molto bella dove cerchiamo anche di mettere in atto il nostro carisma.

Lei poi è tornato in Italia. Come si esprime oggi la presenza dei dottrinari nel nostro Paese e in Francia?

In Francia, dove siamo nati, e in Italia, dove oggi c’è la realtà più centrale, legata alla Casa Generalizia di Roma e alla chiesa dove sono le spoglie del nostro fondatore. Nel momento di maggior fioritura della congregazione, soprattutto in Italia, avevamo molte scuole e collegi, Adesso abbiamo praticamente solo parrocchie e attività legate alla pastorale della diocesi. La nostra attività in Italia adesso si cala soprattutto nell’aiutare il percorso catechistico delle diocesi, che ci chiedono sempre più spesso di essere delle persone un po’ più qualificate anche nella formazione dei catechisti, nel mettere in piedi delle esperienze di catechesi. Senza voler insegnare niente a nessuno perché non abbiamo né i numeri, né le possibilità di fare grandi esperienze, però nel nostro piccolo cerchiamo di essere particolarmente attenti a questa dottrina piccola, media e grande, come ci chiedeva padre Cesare. Una dottrina che fosse davvero vicina alla gente e che riuscisse a comunicare i tesori della fede nella maniera più bella e più evocativa per il mondo di oggi.

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