Giornata della pesca, Turkson: agire insieme per fermare le violazioni dei diritti umani

Vatican News

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

Ancora troppe violazioni dei diritti umani in mare. Ancora un appello alle organizzazioni internazionali, ai governi, alle società per fermarle: se non interveniamo potrebbe diventare più difficile sradicare gli abusi che avvengono e il costo umano ed economico sarebbe molto alto per l’industria. Questo al cuore del Messaggio che il Prefetto del Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano integrale scrive in occasione della Giornata mondiale della Pesca di domenica prossima 21 novembre. La sua attenzione, in particolare quest’anno, va all’ambito commerciale e industriale e sullo sfondo citate sono le parole di Papa Francesco  rivolte nel luglio 2019 ai partecipanti all’Incontro Europeo di Stella Maris: “…senza pescatori, molte parti del mondo morirebbero di fame”.

Il cardinale Peter Turkson – in linea con la finalità della Giornata sin dalla sua istituzione nel 1998 – richiama fortemente l’attenzione sul modo di vivere del settore che impiega il numero maggiore di lavoratori e genera uno dei prodotti alimentari più trattati al mondo: il pesce.

Addentrarsi nel mondo di questi lavoratori – osserva il cardinale – è come avventurarsi “in un mare vasto e profondo”, fatto di etnie e nazionalità diverse, di persone che navigano senza sosta pur di rispondere ai “bisogni insaziabili del nostro mondo”. Oggi la pesca commerciale e industriale è “impigliata in una rete di difficoltà e sfide” legate sia alla violazione dei diritti che alla pandemia.

Una vita di solitudine e di sfruttamento lavorativo

Ma è sui diritti che il prefetto di sofferma, perchè – spiega- nonostante Convenzioni e sforzi internazionali, quando i pescatori escono dalle acque del porto, a miglia e miglia dalla terraferma, senza poter sbarcare a volte per anni, “diventano ostaggi di circostanze estremamente difficili da monitorare”.  Si tratta di: “turni infiniti di giorno e di notte per pescare il più possibile, con qualsiasi condizione atmosferica”, di sovraffaticamento e di infortuni, basti pensare che si contano più di 24.000 morti in un anno, una “industria della pesca mortale”, per la quale le famiglie non ricevono alcuna compensazione, per non parlare del fatto che spesso i corpi sono sepolti in mare senza affetto nè cura. 

La sicurezza assente a bordo e fuori

Il capitolo della sicurezza in mare, dovuta anche al fatto che gli equipaggi delle flotte superano i 20 anni, dovrebbe essere in cima alle preoccupazioni dei proprietari e dei governi, ma non è così spiega il cardinale citando “condizioni a bordo disumane”, “cucine e dispense sporche”, “serbatoi d’acqua arrugginiti”, “acqua potabile limitata e cibo di scarsa qualità e inadeguato”. A ciò si aggiunge il rischio di ” scontri armati con i militari che pattugliano i confini nazionali” quando, per assenza di stock ittici i pescherecci devono sconfinare. In quei casi si va incontro al carcere e ai sequestri, al salario arretrato e alle difficoltà di rimpatrio.

Silenzio imposto e stipendi trattenuti

Altro grave problema del settore pesca che il cardinale Turkson pone all’attenzione del mondo in questo Messaggio è la retribuzione: stipendi non proporzionati al numero di ore lavorative svolte; straordinari non pagati, parte dei salari trattenuti dal mediatore fino alla scadenza del contratto triennale. “In questo modo – scrive il prefetto del Dicastero – i pescatori sono costretti a tacere e a non lamentarsi con l’autorità, se non vogliono perdere i risparmi che l’agenzia trattiene”.

La pesca illegale e tratta per rispondere al fabbisogno del mondo

Più cresce la domanda del mondo più cresono soprusi e ingiustizie perchè – osserva ancora il cardinale – “per compensare il guadagno della pesca, ridotto a causa dell’intensa concorrenza di troppe flotte che inseguono sempre meno pesce, proprietari di pescherecci senza scrupoli praticano la pesca illegale “e altre “attività criminali transnazionali, come la tratta di persone, la schiavitù, nonché il contrabbando di droga e armi”.

Occorre agire insieme e subito 

Da qui l’appello accorato della Chiesa cattolica: pur riconoscendo “alcuni miglioramenti nelle condizioni umane e lavorative dei pescatori” ancora troppe sono le violazioni dei diritti umani in mare, serve fermarle ora attraverso una rete di collaborazione internazionale. Si tratta di problemi tutti interconnessi ma se non si interviene insieme “per creare un’industria della pesca in cui i diritti umani e lavorativi dei pescatori siano garantiti e sostenuti, potrebbe diventare più difficile sradicarli e il costo umano ed economico sarebbe molto alto per l’industria”.

A questo proposito il cardinale non solo ricorda dal Vangelo e dal Magistero della Chiesa cattolica che “il rispetto di tali diritti è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese, ma anche che, come sta scritto nell’enciclica Fratelli tutti, “Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile”. Dall’indignazione dunque  – è l’auspicio finale del Messaggio – passiamo all’azione perchè al “centro dell’industria della pesca ci sia il rispetto dei diritti umani e lavorativi” e nel cammino della vita di queste persone ci sia sempre l’accompagnamento spirituale e materiale dei cappellani e dei volontari della Stella Maris che nei loro volti trovano il volto di Gesù Cristo sofferente.