Chiesa Cattolica – Italiana

Giornata anziani: dalla periferia di Roma, l’eccellenza dell’Istituto San Michele

Emanuela Campanile – Città del Vaticano

Roma, piazzale Antonio Tosti. Qui, su un’area di circa 120mila metri quadrati, si estende il complesso edilizio dell’ Istituto Romano di San Michele, ossatura e anima del quartiere di Tor Marancia. Siamo in una zona periferica che, insegna la storia, ha sempre scelto di “mettere al centro” i più fragili. Una vocazione antica capace di risponde all’invito di Papa Francesco che ha voluto dedicare la quarta domenica di luglio ai nonni

e agli anziani. Celebrare il dono della vecchiaia, aveva sottolineato il Pontefice all’

22/06/2021

Roma, e che raccoglie la sfida dell’assistenza agli anziani in un periodo di profondi mutamenti a livello non solo nazionale. In un contesto globale pandemico, la sfida si è fatta  estremamente più dura: lungo i mesi del lockdown, il San Michele ha investito le proprie energie e competenze per proteggere gli ospiti dal Covid e dal dolore dell’isolamento. Un cammino affrontato implementando comunicazione e vicinanza affettiva grazie anche alla professionalità e allo spessore umano degli operatori. Lo spiega nell’intervista il presidente dell’Istituto, Luca Petrucci.

Come l’Istituto Romano San Michele ha fatto fronte alla pandemia e cosa eventualmente è cambiato a seguito di questo evento?

L’Istituto Romano San Michele rappresenta da oltre cinquecento anni un presidio importante all’interno del sistema della solidarietà, fornendo assistenza materiale e spirituale ai poveri e operando per il contrasto delle disuguaglianze sociali. Durante il lockdown l’Istituto si è impegnato nell’implementare una rete di comunicazione, di attività e spazi in chiave sicura e controllata, in grado di tenere unite le famiglie e garantire ai nostri anziani fragili una quotidianità all’insegna della serenità e della protezione, nonostante il distanziamento imposto dalla pandemia. Come sappiamo, la pandemia ha stravolto le modalità di relazione tra anziani e parenti rendendo impossibile, in un primissimo momento, il contatto diretto e le visite. L’Istituto ha fronteggiato questo periodo doloroso rafforzando la relazione d’aiuto, incrementando la vicinanza affettiva degli operatori con gli ospiti e garantendo ai nostri anziani, soprattutto quelli in isolamento per Covid, il costante sostegno psicologico ad opera della nostra psicologa.

Come è gestito il rapporto con i parenti degli ospiti della struttura?

Il rapporto tra gli ospiti e i parenti è sempre stato una nostra priorità. L’Istituto ha intuito la necessità di costruire un ponte relazionale e umano necessario al benessere psichico della persona. In questa ottica, abbiamo permesso ai nostri ospiti, fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, il contatto con i rispettivi cari, attivando una rete di comunicazione digitale a distanza e attrezzando in una seconda fase la “stanza degli abbracci” per favorire l’incontro anche fisico tra gli ospiti e i propri cari.

L’Istituto non si limita all’offerta dei servizi di assistenza dato che la vostra missione è anche quella di affrontare i cambiamenti sociali, economici e antropologici del nostro Paese. In che modo rispondete a questa sfida dei tempi?

L’Istituto Romano San Michele ha come obiettivo concreto l’integrazione interistituzionale tra municipi ed aziende sanitarie e la collaborazione tra tutti gli attori del terzo settore non solo nell’area della senescenza, per dare risposte tangibili alle tante situazioni di povertà ed emarginazione che spesso si trovano a fronteggiare situazioni di indifferenza e abbandono. L’Istituto è pronto a rispondere a queste esigenze, ponendosi come centro di eccellenza specializzato in grado di offrire non solo servizi di assistenza sanitaria ma fornendo risposte complete alle domande di salute, di socializzazione, di serenità, di benessere fisico e psicologico della popolazione. La presenza di attività ludico-ricreativo espressive favorisce non solo un invecchiamento attivo e sano, ma anche le esigenze di socializzazione tra gli ospiti e la necessità di mettere la “persona” al centro del percorso di assistenza.

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