Andrea De Angelis e Luca Collodi – Santa Giustina (Belluno)
Nel cuore dell’estate 2022 Santa Giustina diventa il centro della discussione sullo stato dei territori montuosi italiani. Una questione divenuta ancora più cruciale dopo la tragedia della Marmolada di inizio luglio. Le Dolomiti abbracciano questo piccolo paese, poco distante da Canale d’Agordo, dove nacque Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I. Proprio nel centro a lui dedicato è in corso il Forum “Riabitare le Montagne”, organizzato da Greenaccord. Venerdì l’inizio dei lavori, incentrati sul rapporto di Papa Luciani con le montagne. Poi le relazioni hanno spaziato su divere questione, dalla crisi della montagna al ruolo chiave che essa riveste per la transizione ecologica, fino all’importanza dei cammini per vivere le montagne.
I ghiacciai e la conoscenza
Radio Vaticana – Vatican News ha seguito il Forum di Santa Giustina accogliendo nel suo studio mobile numerosi ospiti, tra cui molti dei relatori. Tra loro c’è Jacopo Gabrieli, ricercatore dell’Istituto Scienze Polari del Cnr. Gabrieli conosce molto bene la Marmolada, luogo della tragedia di inizio mese in cui hanno perso la vita undici persone. Il colloquio dunque si concentra sui cambiamenti climatici, sulla posizione della comunità scientifica e su ciò che l’uomo può fare. “Il 99% della comunità scientifica è concorde nell’affermare che i cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo sono opera dell’uomo”, spiega il ricercatore, sottolineando come “i cambiamenti del clima esistono da sempre, ma mai si era assistito ad un impatto così devastante causato dalla presenza degli esseri umani”. Il clima dunque è sempre cambiato sulla Terra, ma “non per fattori legati all’attività antropogenica”. Ma come si fa a comunicare in modo corretto la posizione degli scienziati? Da un lato non amplificando la posizione dell’1% degli scienziati; dall’altro favorendo una maggiore e migliore divulgazione scientifica, “parlando in maniera chiara, uscendo dai laboratori, adattandosi ad un sistema di comunicazione che sia davvero efficace per la popolazione”. Sui possibili divieti volti a tutelare la popolazione, Gabrieli è chiaro: si possono anche prevedere divieti, ma ciò che conta davvero è “la consapevolezza dell’individuo, è una questione di tempi, non si può avere tutto subito. Il divieto ci può stare in situazioni particolari, ma attenzione – conclude – a non utilizzarlo come una sorta di ‘pulisci coscienza’, perché chi si reca in un ambiente deve essere consapevole del luogo in cui si trova”.
I lupi e gli stereotipi
Enrico Vettorazzo, del Parco Nazionale delle Dolomiti bellunesi, ha invece parlato dei lupi presenti nelle montagne italiane. Un animale spesso vittima di stereotipi, identificato come “cattivo”, mentre i numeri dicono tutt’altro. “Il lupo è un elemento fondamentale dell’ecosistema ed il suo ritorno nell’arco alpino è un’ottima notizia, la sua presenza è centrale per mantenere un equilibrio”, spiega l’esperto. Un ritorno “naturale, partito mezzo secolo fa grazie ad un progetto volto a proteggere queste creature”. Il primo branco veneto si è ricostituito in realtà appena una decina di anni fa, dopo praticamente un secolo. “Questo ha creato un problema di convivenza con gli allevatori, per questo – spiega Vettorazzo – si cerca di favorirla, fornendo sistemi di prevenzione, come ad esempio le recinzioni”. Non ha senso, dunque, dividere gli animali in buoni e cattivi: “Le statistiche – afferma – ci dicono che sono più pericolosi i cani per l’uomo, ma ripeto non ha alcun senso parlare di animali buoni e cattivi”. Come si fa allora a spiegare tutto questo? “Con l’educazione ambientale nei confronti delle giovani generazioni, per far comprendere – conclude Vettorazzo – che in natura tutto è connesso, utile ed è la corretta relazione tra le varie componenti che permette la buona funzione dell’ecosistema”.
Le foreste alpine e la tutela
Il comandante del gruppo carabinieri Forestale di Belluno, il tenente colonnello Riccardo Corbini, inizia la sua riflessione sottolineando come l’ingresso della Guardia Forestale nell’arma dei Carabinieri ha portato i suoi uomini ad avere “maggiori supporti a livello organizzativo, logistico ed operativo”. I Carabinieri forestali oggi “percorrono il territorio, lo vivono, interagiscono con una popolazione locale ridotta”, prosegue, e tra queste persone ci sono coloro che lavorano nel turismo, in aziende locali, ma anche cacciatori. “In questo contesto abbiamo modo di osservare il cambiamento delle foreste, il loro sfruttamento che certamente risente di quello che è lo spopolamento delle zone più marginali del Paese”, sottolinea Corbini. “Il bosco – prosegue – non risponde ai bisogni della popolazione del posto solo per quanto riguarda il legname, che può essere materiale da opera o combustibile, ma anche come luogo ricreativo, per le sue funzioni di stabilizzazione idrogeologica dei versanti e più tipicamente ecosistemiche”. Per avere cura delle foreste, allora, è importante comprendere il senso del limite. “Sono tante le leggi che regolamentano la gestione del bosco e, allo stesso tempo, lavoriamo anche alla sensibilizzazione della popolazione”, conclude il tenente colonnello, sottolineando come sia importante comprendere “la scala dei tempi, ovvero tornare a ragionare con i tempi di cui ha bisogno il bosco, non come le tempistiche sempre più rapide degli uomini”.