Gallagher: coltivare la fratellanza contro l’ideologia del terrore

Vatican News

di Paul Richard Gallagher

Gli eventi accaduti l’11 settembre 2001 sono ancora vivi nella memoria di tutti. Quel giorno, molti hanno assistito – con il fiato sospeso – alle dirette televisive dove si vedeva come l’odio cieco e distruttore uccideva e feriva persone innocenti di molte nazioni e colpiva al cuore gli Stati Uniti d’America. Gli attacchi terroristici di quell’infausto giorno a New York City, a Washington D.C. e a Shanksville, Pennsylvania, diffusero sconcerto e paura e provocarono, e ancora provocano, le lacrime di molti. Tutto il mondo fu scosso, non ultimo S. Giovanni Paolo II, che rimase profondamente turbato e, in quelle tristi ore, interruppe la sua normale attività per raccogliersi in silenziosa preghiera a Dio perché desse riposo eterno alle numerose vittime e coraggio e conforto alle loro famiglie.
 

Dopo venti anni, guardiamo a quell’atto “disumano” – come lo definì lo stesso Pontefice nell’Udienza concessa a S.E. James Nicholson, che presentava le Lettere Credenziali come Ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede il 13 settembre 2001 – con dolore e rispetto per gli Stati Uniti d’America e per tutti coloro che hanno perso i loro cari. Un’immagine che porteremo sempre con noi è la preghiera incessante di S. Giovanni Paolo II in quei tragici giorni, ma anche quella di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco che, nelle loro rispettive visite a New York City, non tralasciarono di sostare in preghiera a Ground Zero. Nella Sua visita, il Santo Padre Francesco scelse di pregare il Signore con le stesse parole che aveva usato Benedetto XVI: “sopraffatti dalla dimensione immane di questa tragedia, cerchiamo la Tua luce e la Tua guida mentre siamo davanti ad eventi così tremendi” e chiese “la saggezza e il coraggio di lavorare instancabilmente per un mondo in cui pace e amore autentici regnino tra le Nazioni e nei cuori di tutti”.

Con riferimento al terribile attentato, la Conferenza Episcopale statunitense ha più volte denunciato il carattere disumano e inaccettabile del terrorismo che uccide persone innocenti nel nome di Dio. Dieci anni fa, in occasione del decimo anniversario del tragico evento, i Vescovi hanno ribadito la loro determinazione a rigettare tutte le ideologie estreme che abusano perversamente della religione per giustificare attacchi indifendibili contro civili innocenti. Allo stesso tempo, però, hanno espresso la loro ferma volontà di abbracciare persone di tutte le religioni, compresi i vicini musulmani, e di accogliere i rifugiati in cerca di sicurezza. Consapevoli dei continui sacrifici degli uomini e delle donne delle forze armate statunitensi e delle loro famiglie, i Presuli hanno manifestato, già nel 2011, la necessità di porre fine responsabilmente e saggiamente ai conflitti in Afghanistan e in Iraq.

Indubbiamente l’evento dell’11 settembre 2001 ha cambiato il corso della storia delle Nazioni, e ha costretto la comunità internazionale a riflettere su questioni di grande urgenza, come quella del terrorismo causato da motivi religiosi, o presunti tali. S. Giovanni Paolo II e i suoi successori stigmatizzarono questo concetto condannandolo nella maniera più chiara possibile: “è profanazione della religione proclamarsi terroristi in nome di Dio, uccidere e violentare l’uomo in nome di Dio. La violenza terrorista, infatti, è contraria alla fede in un Dio Creatore dell’uomo, un Dio che si prende cura dell’uomo e lo ama” (S. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2002, n. 7). Vi furono molte iniziative per combattere il terrorismo, come un incremento della sicurezza globale, ma anche il ricorso alle armi, nella urgente ricerca dei responsabili e ideatori degli attacchi.

Da quel momento l’attività diplomatica, anche della Santa Sede, dovette includere la ricerca di risposte efficaci alle minacce che il terrorismo di alcuni gruppi fondamentalisti presenta, ma – ancor più – si è dovuta confrontare sul ruolo e l’uso della religione nella vita degli uomini e delle società. È forse questo un punto che andrebbe sempre più sviluppato, senza aver paura di guardare alle cause che generano tali atteggiamenti fratricidi, come ha denunciato il Santo Padre Francesco, insieme al Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb, nel documento sulla Fratellanza Umana. Il terrorismo è dovuto alle “accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale”. Tale azione politica, che dovrebbe essere chiaramente perseguita da tutti i Paesi, deve però essere accompagnata da un’altra dimensione, che è propria di ogni persona di buona volontà e di coloro che sono impegnati nell’ambito educativo: educare alla pace, alla convivenza e alla fraternità. Sua Santità Francesco si chiede nell’Enciclica Fratelli tutti: “Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe” (n. 103).

È proprio su questa restrizione della libertà che si basa l’ideologia del terrore, che potrebbe essere sconfitta da un’educazione delle giovani generazioni veramente tesa a gioire nello stare insieme, a comprendere che la diversità, anche nell’appartenenza religiosa, non è fonte di differenza e ostilità ma di arricchimento reciproco, senza dover venire meno al proprio credo e nemmeno annacquarlo.

Continuiamo a chiedere a Dio, come fece il Santo Padre a Ground Zero, la saggezza e il coraggio di lavorare insieme per un mondo in pace, non solo perché non vi sia più un 11 settembre, ma perché possiamo scoprire la bellezza di Dio riflessa in tutti i popoli della terra, scoprendo che tutti sono importanti, tutti sono necessari, e che “sono volti differenti della stessa umanità amata da Dio” (Fratelli Tutti, n. 287).