Funerali a Ravanusa, l’arcivescovo: sentiamo il Papa vicino

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Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Vengono celebrati oggi, alle 16.30, a Ravanusa, nel piazzale antistante la chiesa madre di San Giacomo, i funerali delle vittime dell’esplosione, causata da una fuga di gas, che sabato scorso ha provocato il crollo di 4 palazzine e danni ingenti ad altre 4. Presiede le esequie l’arcivescovo di Agrigento, monsignor Alessandro Damiano. Papa Francesco ha voluto manifestare il suo cordoglio e la sua vicinanza alla comunità ravanusana inviando martedì scorso un telegramma al presule. Il Pontefice ha inoltre espresso il proprio apprezzamento per la colletta straordinaria che l’arcidiocesi ha voluto organizzare domenica prossima per sostenere le famiglie in difficoltà in seguito al grave disastro. Monsignor Damiano spiega che cosa hanno significato per l’arcidiocesi e la cittadina di Ravanusa le parole del Papa:

Ascolta l’intervista a monsignor Alessandro Damiano

L’arcidiocesi di Agrigento, come ha accolto il telegramma del Papa?

Con un sentimento di gratitudine e di vicinanza concreta a questa tragedia che ha colpito la comunità di Ravanusa. Il Santo Padre, d’altro canto, è sempre stato molto attento alle cose particolari, scendendo e cercando il contatto diretto. Lo ha fatto anche stavolta con questo telegramma. Qui si è sentito vicino. Noi l’abbiamo sentito vicino.

Quanto fa bene questa vicinanza del Papa?

Fa molto bene, perché ci ricorda che non siamo soli. Si manifesta, direi, quasi in modo, così bello, concreto, quel passaggio del salmo dove si dice: “Anche se dovessi attraversare una valle oscura il Signore è con me”. Ravanusa e l’arcidiocesi di Agrigento, ma in particolare quella comunità, sta attraversando da qualche giorno, una valle oscura e tenebrosa; sapere di non essere soli in questo attraversamento – perché è un attraversamento – conforta, conforta molto, sorregge gli animi. Io ho fatto pervenire il testo del telegramma al parroco di Ravanusa che è stato lì sul posto. D’altro canto il quartiere interessato dalla deflagrazione è proprio dietro la chiesa madre, nel centro di Ravanusa. Il parroco è stato lì da subito, perché, mentre celebrava, l’onda d’urto ha fatto aprire anche le porte e qualche finestra della chiesa e ha sospeso la celebrazione – erano al Vangelo – e si sono recati lì dove sono potuti arrivare, considerate le fiamme e anche la fuga di gas. Quindi si sono fermati lì, insieme a una famiglia che, se non si fosse trovata alla celebrazione, sarebbe stata a casa, magari radunando anche più familiari, e adesso non sarebbero tra di noi. E il parroco è stato lì la notte, poi ha provato a riposare, ma dopo poche ore è ritornato sul posto. Quindi c’è stato questo coinvolgimento pieno del parroco, della Chiesa, della comunità dei credenti tutta, insomma. Proprio lì, sul posto, a guardare silenti, con le lacrime sospese, quello che stava accadendo. La macchina dei soccorsi è partita immediatamente per la prontezza degli operatori. Ma consideravo, anche parlando con qualcuno di loro – soccorritori, pompieri, carabinieri, Protezione Civile – che quando si parla di macchina dei soccorsi forse, a volte, si dimentica che sono uomini e donne che in modo febbrile, ma professionale, cercano di salvare vite coinvolgendosi pure emotivamente.

Papa Francesco le chiede di farsi interprete della sua accorata vicinanza ai familiari delle vittime e a tutta la popolazione di Ravanusa che sta vivendo questo doloroso momento. In che modo cercherà di manifestare questo desiderio di Papa Francesco?

Certamente un momento importante per la comunità, sarà quello in cui celebreremo l’Eucaristia nel giorno di Natale, nella chiesa madre di Ravanusa, nel pomeriggio del 25, alle 18.30. Sarà un momento spiritualmente importante: facciamo memoria della nascita dell’Unigenito, facciamo memoria, quindi, della Vita, in un contesto che in questo momento è un contesto di morte, anche se un contesto molto, molto dignitoso. Ecco, quello sarà un momento importante. Il 25 pomeriggio tornerò a celebrare, perché ho già celebrato lì a Ravanusa. Ho già celebrato una messa, erano presenti alcuni familiari di chi lì ha trovato la nascita al Cielo. C’è una suora che ha perso il papà, la mamma e il fratello, anche lì si è creata una solidarietà di preghiera. Quindi c’è questo supporto per i credenti. Per i credenti è importante questo supporto della preghiera. Nella preghiera la comunione, poi, non conosce distanze. Questa celebrazione del 25 pomeriggio sarà, quindi, un momento per rendere presente il pensiero, la preghiera, l’attenzione del Santo Padre. 

La Chiesa agrigentina per aiutare la comunità ravanusana ha deciso di organizzare una colletta diocesana straordinaria. In che modo la Caritas utilizzerà i fondi?

Vedremo le necessità delle famiglie; possono essere di diverso tipo. Con la presenza degli operatori della Caritas potremo individuare degli interventi mirati, appena si comincerà a comprendere la mappatura delle emergenze e delle esigenze dei singoli nuclei familiari. La Chiesa siciliana già fatto un suo comunicato di solidarietà, di vicinanza, di disponibilità, così come da altre parti sono giunti messaggi di solidarietà e di disponibilità. Vediamo cosa c’è da fare, e lì andremo a intervenire.

Oltre a questa colletta, in questo particolare momento, la Chiesa come sta manifestando la sua prossimità alla cittadina di Ravanusa?

Si è stati vicini alle persone, tra le persone, lì, lungo il perimetro della cosiddetta zona rossa, si è stati lì: una parola, la condivisione di un momento di silenzio. Questi sono i momenti, non c’è da fare grandi scalpori in queste cose. Si sta vicino, anche senza parlare stare vicino è un balsamo. Il parroco è stato praticamente sempre lì, sempre presente. Anche io, personalmente, sono andato l’indomani pomeriggio; ho fatto un giro, ho incontrato persone, ho parlato con qualcuno dei soccorritori. A volte le parole, magari cariche di buone intenzioni, veramente svelano tutta la loro inutilità in certe circostanze. Dare di più, mettersi accanto, e attendere è più che dire parole. A una moglie che ha perso il marito e rimane con due bambini, che parole vuoi dire se non metterti accanto e fare percepire che, comunque, non è da sola, che c’è l’altro, che c’è una comunità. Cosa vuoi dire? La preghiera non ha bisogno di moltiplicare le parole; ce lo dice anche il nostro Signore Gesù Cristo: “Non fate come i pagani che moltiplicano le parole, quando pregate dite ‘Padre nostro…'”. Questi momenti sono preziosi, poi ricomincia la vita, allora, poi si parla si progetta, si dice. Ma vorrei anche sottolineare una cosa a proposito delle vittime di cui parlano tutti i notiziari: 9. Non sono 9, sono 10. C’è il piccolo Samuele pure.