Francesco: perdono per le azioni del passato, ci unisca lo Spirito di comunione

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Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Nel giorno dell’arrivo ad Atene, dopo una mattina dedicata agli incontri con i vertici istituzionali, politici e diplomatici della Repubblica ellenica, nel pomeriggio,la scena si sposta nella Sala del Trono dell’arcivescovado ortodosso per un incontro fraterno e storico. Le prime inquadrature indugiano sul libro del Vangelo, al centro tra il Papa e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia. Dopo l’indirizzo di saluto Ieronymos II, Francesco apre il proprio discorso con le parole da San Paolo: “grazie e pace da Dio”, le stesse pronunciate dall’apostolo delle genti mentre si trovava in terra greca. “Oggi – afferma il Papa – il nostro incontro rinnova quella grazia e quella pace”.

Radici apostoliche e veleni mondani

Francesco sottolinea che le radici comuni apostoliche, “cresciute dal seme del Vangelo”, hanno cominciato a portare grande frutto “proprio nella cultura ellenica”. Il Pontefice pensa, in particolare, “a tanti Padri antichi e ai primi grandi Concili ecumenici”. E ricorda anche che “in seguito, purtroppo” i cammini si sono allontanati: “Veleni mondani ci hanno contaminato, la zizzania del sospetto ha aumentato la distanza e abbiamo smesso di coltivare la comunione”.  In particolare Francesco rinnova al cospetto del Patriarca ortodosso e della delegazione che lo attornia, assieme a quella vaticana, la richiesta di perdono “a Dio e ai fratelli per gli errori commessi da tanti cattolici”.

Con vergogna – lo riconosco per la Chiesa Cattolica – azioni e scelte che poco o niente hanno a che vedere con Gesù e con il Vangelo, improntate piuttosto a sete di guadagno e di potere, hanno fatto appassire la comunione. Così abbiamo lasciato che la fecondità fosse compromessa dalle divisioni. La storia ha il suo peso e oggi qui sento il bisogno di rinnovare la richiesta di perdono a Dio e ai fratelli per gli errori commessi da tanti cattolici. È però di gran conforto la certezza che le nostre radici sono apostoliche e che, nonostante le storture del tempo, la pianta di Dio cresce e porta frutti nello stesso Spirito. Ed è una grazia riconoscere gli uni i frutti degli altri e ringraziare il Signore insieme per questo.

Guardare al Mediterraneo come mare che unisce

Nel suo discorso, Papa Francesco ricorda inoltre l’incontro con l’arcivescovo Ieronymos II, cinque anni fa a Lesvos, “nell’emergenza di uno dei più grandi drammi del nostro tempo”: quello di “tanti fratelli e sorelle migranti, che non possono essere lasciati nell’indifferenza e visti solo come un peso da gestire o, peggio ancora, da delegare a qualcun altro”. Questo nuovo incontro, spiega il Papa, è un momento “per condividere la gioia della fraternità e guardare al Mediterraneo”, non solo come luogo “che ci preoccupa e divide, ma anche come mare che unisce”. Il Papa indica poi tre direttrici, lungo il cammino, che si intrecciano con il prezioso frutto finale dell’ulivo: l’olio di comunione, l’olio di sapienza, l’olio di consolazione.

Olio di comunione

Lo Spirito Santo, afferma Papa Francesco, è soprattutto olio di comunione: “Quanto ci occorre oggi riconoscere il valore unico che risplende in ogni uomo, in ogni fratello! Riconoscere questa comunanza umana è il punto di partenza per edificare la comunione”.

Lo Spirito che si riversa nelle menti ci sospinge infatti a una fraternità più intensa, a strutturarci nella comunione. Non temiamoci dunque, ma aiutiamoci ad adorare Dio e a servire il prossimo, senza fare proselitismo e rispettando pienamente la libertà altrui, perché – come scrisse san Paolo – ‘dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà’. Prego affinché lo Spirito di carità vinca le nostre resistenze e ci renda costruttori di comunione, perché «se davvero l’amore riesce a eliminare la paura e questa si trasforma in amore, allora si scoprirà che ciò che salva è l’unità» (S. Gregorio di Nissa, Omelia 15 sul Cantico dei Cantici). D’altronde, come possiamo testimoniare al mondo la concordia del Vangelo se noi cristiani siamo ancora separati? Come possiamo annunciare l’amore di Cristo che raduna le genti, se non siamo uniti tra di noi? Tanti passi sono stati compiuti per venirci incontro. Invochiamo lo Spirito di comunione, perché ci sospinga nelle sue vie e ci aiuti a fondare la comunione non su calcoli, strategie e convenienze, ma sull’unico modello a cui guardare: la Santissima Trinità.

Olio di sapienza

Lo Spirito Santo in secondo luogo, ricorda il Papa, è olio di sapienza: “Egli unse Cristo e desidera ispirare i cristiani”.

Vorrei in questo senso esprimere apprezzamento per l’importanza che questa Chiesa Ortodossa, erede della prima grande inculturazione della fede, quella con la cultura ellenica, dedica alla formazione e alla preparazione teologica. Vorrei anche ricordare la proficua collaborazione in ambito culturale tra l’Apostolikí Diakonía della Chiesa di Grecia – i cui rappresentanti ho avuto la gioia di incontrare nel 2019 – e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, nonché l’importanza dei simposi intercristiani, promossi dalla Facoltà di Teologia ortodossa dell’Università di Salonicco insieme alla Pontificia Università Antonianum di Roma. Sono occasioni che hanno permesso di instaurare cordiali rapporti e di avviare utili scambi tra accademici delle nostre confessioni. Ringrazio anche per l’attiva partecipazione della Chiesa Ortodossa di Grecia alla Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico. Lo Spirito ci aiuti a proseguire sapientemente in queste vie!

Olio di consolazione

Lo Spirito è anche olio di consolazione: “Paraclito – sottolinea il Papa – che ci sta vicino, balsamo dell’anima, guarigione delle ferite”.

Egli ha consacrato Cristo con l’unzione perché proclamasse ai poveri il lieto annuncio, ai prigionieri la liberazione, la libertà agli oppressi (cfr Lc 4,18). Ed Egli ancora ci spinge a prenderci cura dei più deboli e dei più poveri, e a porre la loro causa, primaria agli occhi di Dio, all’attenzione del mondo. Qui, come altrove, è stato indispensabile il sostegno offerto ai più bisognosi durante i periodi più duri della crisi economica. Sviluppiamo insieme forme di cooperazione nella carità, apriamoci e collaboriamo su questioni di carattere etico e sociale per servire gli uomini del nostro tempo e portare loro la consolazione del Vangelo. Lo Spirito ci chiama, infatti, oggi più che in passato, a risanare le ferite dell’umanità con l’olio della carità.

Scenda nei cuori la consolazione dello Spirito

La parte finale del discorso del Papa ha il sapore di una preghiera: “Venga su di noi – afferma Francesco – lo Spirito del Crocifisso Risorto”. “Ci aiuti a non restare paralizzati dalle negatività e dai pregiudizi di un tempo, ma a guardare la realtà con occhi nuovi”. Con questi occhi nuovi, aggiunge il Papa, “le tribolazioni del passato lasceranno spazio alle consolazioni del presente e saremo confortati dai tesori di grazia che riscopriremo nei fratelli”. Il Pontefice ricorda inoltre che è stato appena avviato dalla Chiesa cattolica “un itinerario per approfondire la sinodalità”: “Sentiamo di avere tanto da apprendere da voi. Lo desideriamo con sincerità, certi che, quando i fratelli nella fede si avvicinano scende nei cuori la consolazione dello Spirito”. “Ci accompagnino in questo cammino i tanti illustri santi di queste terre, e i martiri, oggi nel mondo più numerosi, purtroppo, che in passato”.

Il saluto del Patriarca Ieronymos

In precedenza, il Patriarca ortodosso Ieronymos aveva rivolto un lungo saluto al Papa, un “caldo benvenuto” aperto con “sentimenti di fratellanza e omaggio” e sviluppato con attenzione ai temi al centro del viaggio apostolico e più in generale alla situazione internazionale, a cominciare dalla crisi sanitaria. Di fronte alla pandemia “è necessario che noi tutti leader cristiani insieme rendiamo testimonianza” di ciò che è essenziale “per aiutare le persone a non avere più paura”, ha osservato il primate ortodosso, che ha detto poi di volersi unire a Francesco “nell’enorme sfida” riguardante la sorte dei migranti, sollecitando a una voce “i leader degli Stati potenti e le organizzazioni internazionali” ad assumere “decisioni davvero forti”. “Insieme – ha soggiunto l’arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia – dovremo smuovere le montagne, i muri e l’intransigenza dei potenti della terra. Non sono più sufficienti le belle parole. I nostri fratelli in Afghanistan non possono continuare a subire tanta sofferenza”.

Un’azione comune per l’ambiente

E “non c’è più spazio per i compromessi” anche per ciò che concerne la questione ambientale giacché, ha proseguito il Patriarca Ieronymos, “il recente accordo di Glasgow sulla riduzione delle emissioni di gas serra ha scontentato la maggior parte delle persone” e senza un’inversione di rotta dell’attuale “politica miope” degli Stati più forti nella produzione di energia “il futuro appare davvero molto cupo”. “Questo è il motivo – ha soggiunto – per cui vorrei chiederLe formalmente di intraprendere un’azione comune in questa direzione. La Chiesa di Atene e tutte le sue istituzioni saranno a Sua disposizione”. Il Primate ortodosso ha poi fatto cenno ai 200 anni dell’indipendenza della Grecia sollecitando il Papa a un confronto con il linguaggio “della sincerità” su quelle che ha definito “omissioni” nei pontificati del passato, “che – ha detto – si sono tenuti a distanza dalla lotta per la libertà del nostro popolo”. “Personalmente – ha sottolineato il patriarca Ieronymos – nutro grande stima e affetto per la persona di Vostra Santità” e “sono certo”, ha aggiunto, che sarà possibile “scrollare i pesi del passato, in particolare quelli collegati con gli avvenimenti della Guerra d’Indipendenza greca” e di nutrire fiducia “che siano riabilitati nel processo storico” gli “eroi e martiri della rivoluzione greca”.

Di diverse confessioni in terra, abitano insieme lo stesso Cielo. Intercedano perché lo Spirito, santo olio di Dio, in una rinnovata Pentecoste, si effonda su di noi come sugli Apostoli da cui discendiamo: accenda nei cuori il desiderio della comunione, ci illumini con la sua sapienza e ci unga della sua consolazione.

Sua Beatitudine Ieronymos ha donato a Francesco una immagine rappresentante il celebre discorso di San Paolo all’areopago ad Atene. Il Papa ha donato al Primate della Chiesa ortodossa di Grecia un “Codex Pauli” edito in occasione del bimillenario della nascita di San Paolo.