Francesco: la formazione universitaria sia davvero “universale”, non ideologizzata

Vatican News

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Senso critico, sano confronto, dialogo. Tre pilastri per una reale formazione umana integrale, che non possono davvero svilupparsi senza il quarto, senza la “libertà”. Viceversa, il rischio è di riproporre schemi superati, “l’eredità universitaria dell’illuminismo”, che in pratica fa “riempire di idee la testa” dei giovani ma senza educare anche il loro cuore e le loro mani, ovvero senza  renderli completi nel loro contributo alla società, liberi dall’imbuto delle “ideologie” che tolgono la “visione univeesale” delle cose. Il Papa incontra in udienza i rettori dei tredici atenei pubblici, statali e non statali, di Roma e del Lazio e affronta uno dei temi chiave del suo magistero, la crescita e l’istruzione dei giovani che affrontano l’ultima fase della degli studi, quella accademica.

La buona crisi

Per Francesco, dunque, è un compito di grande responsabilità quello delle università, in questo particolare momento storico – tra pandemia, “guerra mondiale a pezzi”, questione ambientale globale, crescita delle diseguaglianze – che richiede un grande investimento educativo.

Dobbiamo dirci la verità: siamo in crisi. E la crisi non è una cosa brutta, non è una cosa cattiva: la crisi è buona, perché la crisi ci fa crescere, ci fa fare opzioni per crescere. Il pericolo è quando la crisi si trasforma in conflitto: il conflitto è chiuso e distrugge. Ma dobbiamo imparare a vivere in crisi, come adesso, e a portare avanti i giovani (…) Questa è una delle cose più belle che si possano fare: come vivere la crisi e superare la crisi, perché non si trasformi in conflitto.

Francesco cita il Global Compact on Education, il “progetto di lavoro comune su scala globale, che coinvolge tanti interlocutori, dalle grandi religioni alle istituzioni internazionali, alle singole istituzioni educative” e prosegue:

Firmando in questo spirito il documento sulla fratellanza umana ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, abbiamo convenuto che «ci sta a cuore una formazione integrale che si riassume nel conoscere sé stessi, il proprio fratello, il creato e il Trascendente». È questo, in concreto, l’orizzonte della pace, che oggi giustamente reclamiamo e per cui preghiamo intensamente, e dunque dello sviluppo vero e integrale, che non si può costruire se non con il senso critico, la libertà, il sano confronto e il dialogo.

Basta con le non vecchie idee

Questo tipo di formazione aiuta ragazze e ragazzi ad aprirsi all’orizzonte della pace, con “una formazione universitaria umana e universale”, che non sempre il Papa ha conosciuto e riscontra.

Tante volte, alcune università – io penso ad alcune che ho conosciuto – continuano avanti con l’eredità universitaria dell’illuminismo, che è cioè riempire di idee la testa, fare dei macrocefali, e questo non aiuta. Si deve educare nel linguaggio della testa, del cuore e delle mani e così si cresce nella società.

I modelli economici, culturali e sociali rimettano al centro la persona umana

Il Papa considera che “c’è molto da fare, per assicurare lo sviluppo tecnologico e scientifico e per garantirne la sostenibilità umana, quindi aggiunge:

I grandi cambiamenti chiedono di ripensare i nostri modelli economici, culturali e sociali, per recuperare il valore centrale della persona umana. E “il termine stesso ‘università’ designa una comunità, ma anche un’idea di convergenza di saperi, in una ricerca che fornisca verità e senso al dialogo tra tutti gli uomini e le donne del mondo”.

Il contributo che le università possono dare

Gli atenei possono contribuire “facendo convergere le migliori energie intellettuali e morali”, continua Francesco, osservando che oggi “gli studenti non si accontentano della mediocrità, la sfruttano ma non si accontentano”, né di una “mera riproposizione di dati” o “di una formazione professionale senza orizzonte”. Tanto che una “grande mobilitazione di tanti giovani dottorandi e ricercatori sull’economia” nelle Università, sta cercando “risposte nuove ed efficaci, superando vecchie incrostazioni legate a una sterile cultura della competizione di potere”. Il Papa invita i rettori degli atenei ad ascoltare gli studenti “in un’atmosfera di dialogo”, i docenti e “la realtà sociale e istituzionale”, esortando all’investimento, “per uno sviluppo umano della ricerca, per formare giovani capaci di portare qualcosa di nuovo nel mondo del lavoro e nella società”, e vigilando “perché tutti coloro che lo meritano e non ne hanno i mezzi possano esercitare in pieno il loro diritto allo studio e alla formazione”.

Stimolare “forme di ‘apprendimento-servizio’ alla comunità

Il Pontefice chiede inoltre “di accogliere studenti, ricercatori e docenti vittime di persecuzioni, guerre” e “discriminazioni in diversi Paesi del mondo” e di stimolare “forme di ‘apprendimento-servizio’ alla comunità”, perché gli universitari “misurandosi con le povertà e le periferie esistenziali e sociali, diano ulteriore senso e valore alla loro formazione”, “mai disgiunta dalla vita e delle persone e della società”.

Auspico che le vostre siano comunità vive, comunità trasparenti, attive, accoglienti, responsabili, in un clima fruttuoso di cooperazione, di scambio e di dialogo, valorizzando tutti e ciascuno. Che possiate leggere e affrontare questo cambiamento di epoca con riflessione e discernimento, senza pregiudizi ideologici, senza paure o fughe, o, peggio, conformismi. E su questo mi raccomando di stare attenti alle ideologie. Le ideologie distruggono perché soltanto ci fanno vedere una sola strada e ti chiudono il panorama universale. Le ideologie distruggono l’umanità di una persona, le tolgono il cuore, le tolgono la capacità poetica, la creatività (…) Nella Chiesa ne abbiamo anche, tante ideologie, alle volte, che non fanno bene.

Verso il Giubileo del 2025

Infine Francesco ricorda lo stretto legame tra Chiesa e Università – fu infatti Bonifacio VIII a fondare nel 1303 lo Studium Urbis, l’Università di Roma -, un “antico e consolidato rapporto, nella distinzione e nella cooperazione” che va incrementato “nella costruzione responsabile e sostenibile dei percorsi di sviluppo”. Quindi conclude osservando che il motto del prossimo Giubileo del 2025, “Pellegrini di speranza”, può “esprimere questo impegno convergente” e “la tensione verso traguardi condivisi di vita, di bene e di fraternità”.