Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Andare da Gesù per guarire”, “portare insieme le ferite”, “annunciare il Vangelo con gioia”: c’è questo c’è apprendere, per Papa Francesco, dall’odierna pagina evangelica che racconta di due ciechi sanati da Gesù. Nell’omelia pronunciata al Pancyprian Gymnastic Association Stadium di Nicosia, nel suo secondo giorno a Cipro, Francesco si sofferma sulla loro esperienza rapportandola alla realtà di oggi. Fa il suo ingresso con un pastorale in legno, semplice mentre splende il sole sul campo di calcio, dove l’altare ornato di fiori gialli è posto al centro e rivolto alla tribuna gremita da circa 10 mila persone. Da lì i fedeli possono vedere un grande Crocifisso e ai due lati i simboli del viaggio apostolico: l’apostolo Barnaba e l’isola di Cipro. Il Pontefice fa notare anzitutto che i due protagonisti del Vangelo “sono ciechi, eppure vedono ciò che più conta: riconoscono Gesù come Messia venuto nel mondo”, si fidano di lui “e lo seguono in cerca di luce per i loro occhi”. Poi, prosegue il Papa, “non pensano ciascuno alla propria cecità, ma chiedono aiuto insieme”. Per Francesco questo è “il segno eloquente della vita cristiana”, “il tratto distintivo dello spirito ecclesiale: pensare, parlare, agire come un ‘noi’, uscendo dall’individualismo e dalla pretesa di autosufficienza che fanno ammalare il cuore”. “Non si può affrontare il buio da soli – afferma il Papa -. Se portiamo da soli le nostre cecità interiori, veniamo sopraffatti”. C’è bisogno, invece, di mettersi “l’uno accanto all’altro, di condividere le ferite, di affrontare insieme la strada”, sostiene il Papa che esorta:
Cari fratelli e sorelle, dinanzi a ogni oscurità personale e alle sfide che abbiamo davanti nella Chiesa e nella società, siamo chiamati a rinnovare la fraternità. Se restiamo divisi tra di noi, se ciascuno pensa solo a sé o al suo gruppo, se non ci stringiamo insieme, non dialoghiamo, non camminiamo uniti, non possiamo guarire pienamente dalle cecità.
E invece la guarigione arriva quando si portano insieme le ferite, spiega Francesco, quando si affrontano insieme i problemi, quando ci si ascolta e ci si parla. “È la grazia di vivere in comunità, di capire il valore di essere comunità”. Da qui l’invito del Pontefice ai fedeli ad “essere sempre uniti”, ad “andare avanti così e con gioia”.
La cecità del cuore e il ristoro offerto da Gesù
Francesco considera che anche noi oggi “portiamo nel cuore delle cecità” e “come i due ciechi, siamo viandanti spesso immersi nelle oscurità della vita”, e allora “la prima cosa da fare è andare da Gesù”, accogliere il suo invito ad accostarsi a Lui, stanchi e oppressi, per avere ristoro. Eppure tante volte si preferisce rimanere chiusi in sé stessi, stare soli con le proprie oscurità, piangersi addosso, rimarca il Papa, accettando la cattiva compagnia della tristezza, mentre invece “Gesù è il medico”, “la luce vera che illumina ogni uomo”, che dona calore, amore e libera il cuore dal male.
Il peccato rende ciechi distorcendo la realtà
I due protagonisti del Vangelo, poi, hanno tanto da insegnare, “con la condivisione delle loro sofferenze e con la loro fraterna amicizia, riflette il Papa aggiungendo che:
Ciascuno di noi è in qualche modo cieco a causa del peccato, che ci impedisce di “vedere” Dio come Padre e gli altri come fratelli. E questo fa il peccato, distorce la realtà: ci fa vedere Dio come padrone e gli altri come problemi. È l’opera del tentatore, che falsifica le cose e tende a mostrarcele sotto una luce negativa per gettarci nello sconforto e nell’amarezza.
La gioia segno distintivo del cristiano
Infine Francesco evidenzia l’entusiasmo dei due ciechi “per essere stati risanati” e “la gioia per quanto hanno vissuto nell’incontro” con Gesù che li spinge ad eludere la raccomandazione di non dire niente a nessuno e a diffondere la notizia della loro guarigione. Per il Papa, più che una disobbedienza, qui c’è da scorgere “un altro segno distintivo del cristiano: la gioia del Vangelo, che è incontenibile, ‘riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù’, libera dal rischio di una fede intimista, seriosa e lamentosa, e immette nel dinamismo della testimonianza”. Una gioia che il Francesco ritrova anche tra i fedeli presenti allo stadio:
Carissimi, è bello vedervi e vedere che vivete con gioia l’annuncio liberante del Vangelo. Vi ringrazio per questo. Non si tratta di proselitismo, per favore, non fare mai proselitismo, non si tratta di proselitismo, ma di testimonianza; non di moralismo che giudica, no, non farlo, ma di misericordia che abbraccia; non di culto esteriore, ma di amore vissuto. Vi incoraggio ad andare avanti su questa strada: come i due ciechi del Vangelo, rinnoviamo anche noi l’incontro con Gesù e usciamo da noi stessi senza paura per testimoniarlo a quanti incontriamo!
Seminare il Vangelo nella quotidianità
Per il Papa “c’è bisogno di cristiani illuminati ma soprattutto luminosi, che tocchino con tenerezza le cecità dei fratelli; che con gesti e parole di consolazione accendano luci di speranza nel buio. Cristiani che seminino germogli di Vangelo nei campi aridi della quotidianità, che portino carezze nelle solitudini della sofferenza e della povertà”. Terminando l’omelia Francesco rassicura che anche per le strade di Cipro Gesù passa guarendo ferite e infermità e rinnovando la fraternità e invita i fedeli ad invocare insieme a lui, per tre volte, “Vieni, Signore Gesù”.
Il saluto affettuoso ai ciprioti
Al termine della Messa il Papa indirizza un saluto di congedo alla Chiesa di Cipro, ringraziando di cuore per l’accoglienza e l’affetto dimostratogli:
Qui a Cipro sto respirando un po’ di quell’atmosfera tipica della Terra Santa, dove l’antichità e la varietà delle tradizioni cristiane arricchiscono il pellegrino. Questo mi fa bene, e fa bene incontrare comunità di credenti che vivono il presente con speranza, aperti al futuro, e condividono questo orizzonte con i più bisognosi.
Poi il pensiero del Pontefice va ai migranti che incontrerà nel pomeriggio insieme ai fedeli di varie confessioni cristiane. E prima di lasciare l’altare l’omaggio alla Vergine accompagnato da un canto mariano.