Francesco: il Vangelo è “lieta notizia”, non si annuncia con musi lunghi e volto scuro

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Nella catechesi all’udienza generale, il Papa parla dei frutti dello Spirito e si sofferma sull’importanza di vivere con gioia la fede. Cita San Filippo Neri, esempio luminoso di una evangelizzazione praticata con letizia e con l’apertura al perdono.: “Tutti indistintamente possono e debbono essere caritatevoli, pazienti, umili, operatori di pace e non di guerre”

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Sono i frutti dello Spirito Santo sui quali riflette Papa Francesco nella catechesi di oggi, 27 novembre, nell’ultima udienza generale prima del tempo di Avvento. Dopo aver riflettutto, la scorsa settimana, sui doni dello Spirito, oggi in particolare il Papa si sofferma sulla gioia che, se è davvero evangelica, è contagiosa. E di gioia ce n’è tanta in una luminosissima piazza San Pietro, gremita di oltre diecimila fedeli, dove, come di consueto, la jeep bianca con a bordo il Vescovo di Roma e alcuni bambini, arriva fino al sagrato accompagnata da un nutrito gruppo di ragazzi, circa un centinaio. Questi siedono ai piedi dell’altare e danno un dinamismo tutto speciale all’evento. Poi il Papa saluta i lettori e dà inizio alla catechesi con le parole a braccio: “Un po’ di chiasso fa bene!”.

Grazia e libertà

C’è sempre una cooperazione tra l’azione di Dio e quella dell’uomo da tener presente quando si parla dei frutti dello Spirito. E il Papa lo chiarisce:

A differenza dei carismi, che lo Spirito dà a chi vuole e quando vuole per il bene della Chiesa, i frutti dello Spirito sono il risultato di una collaborazione tra la grazia e la libertà. Questi frutti esprimono sempre la creatività della persona, nella quale «la fede opera per mezzo della carità» (Gal 5,6), talvolta in modo sorprendente e gioioso. Non tutti nella Chiesa possono essere apostoli, profeti, evangelisti; ma tutti indistintamente possono e debbono essere caritatevoli, pazienti, umili, operatori di pace, e non di guerre, e così via.

La gioia evangelica è contagiosa

Cita la Evangelii gaudium il Papa, quando fa riferimento alla gioia, dimensione che approfondisce nella sua catechesi e che gli sta particolarmente a cuore. Dice che essa rimanda a un sentimento di appagamento non assimilabile però a quello che presto oggi viene consumato da una noia sempre più pervasiva e da stili di vita sempre più accelerati. La gioia evangelica, ricorda il Pontefice, non solo non va soggetta all’inevitabile usura del tempo, ma si moltiplica condividendola con altri. E, “a differenza di ogni altra gioia, può rinnovarsi ogni giorno e diventare contagiosa”. Insiste, Francesco, su questo aspetto, aggiungendo:

Delle volte ci saranno momenti tristi ma con Gesù c’è la gioia e la pace. […] giovinezza, salute, forze, benessere, amicizie, amori… durano cent’anni ma poi non di più, passano presto.

Il Vangelo si comunica senza musi lunghi 

Il Papa, a braccio, sottolinea che è “l’inquietudine del cuore” quella che porta a cercare la pace, l’amore, la gioia. Prosegue citando San Filippo Neri, passato alla storia come il santo della gioia, appunto: “Aveva un tale amore per Dio che a volte sembrava che il cuore gli scoppiasse nel petto. La sua gioia era, nel senso più pieno, un frutto dello Spirito”. Raccomandava ai giovani di non avere scrupoli o malinconie. Ancora a braccio, Francesco aggiunge un tratto distintivo del santo che lo conformava pienamente a Gesù: perdonava tutto. Da qui, nuovamente ricorda un leitmotiv del magistero rivolto a tutti, soprattutto ai confessori: Dio perdona tutto, perdona sempre e questo è la gioia.

Il santo partecipò al Giubileo del 1575, che egli arricchì con la pratica, mantenuta in seguito, della visita alle Sette Chiese. Fu, a suo tempo, un vero evangelizzatore mediante la gioia. La parola “Vangelo” significa lieta notizia. Perciò non si può comunicare con musi lunghi e volto scuro, ma con la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto e la perla preziosa.