Francesco: il silenzio è la lingua di Dio e il linguaggio dell’amore

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Fabio Colagrande – Città del Vaticano

“Si parte dal silenzio e si arriva alla carità verso gli altri”. Lo ricorda Papa Francesco, citando Madre Teresa, nella sua prefazione alla nuova edizione arricchita del volume: “Non sparlare degli altri!” di fra Emiliano Antenucci, pubblicata da Effatà Editrice. L’autore è frate minore cappuccino, missionario della Misericordia e, dal maggio scorso, Rettore di un Santuario dedicato alla Vergine del Silenzio, situato ad Avezzano, in Abruzzo, fortemente voluto dal Papa. La prefazione di Francesco arricchisce questo vademecum di spiritualità e conferma la centralità nel suo magistero dei temi della lotta al pettegolezzo e dell’uso giusto delle parole. Ma l’opera vuole essere anche un invito a riscoprire la preghiera silenziosa, come ha spiegato fra Emiliano ai microfoni di Radio Vaticana Italia.  Di seguito la trascrizione dell’intervista.

L’intervista a fra Emiliano Antenucci

R.- Questa prefazione del Papa è stata un bellissimo regalo, un grande dono. “Sparlare”, come spiega Francesco, è infatti, dal punto di vista teologico e anche secondo i Comandamenti, un gesto che va a ledere l’immagine di bellezza che è in ognuno di noi. Quando noi sparliamo compiamo un’azione non dissimile a quella di un omicidio, perché – come ricorda il Papa – non si uccide solo con le armi, ma si può uccidere anche con la lingua.

Nella sua prefazione il Papa afferma che “il silenzio è anche la lingua di Dio”. Cosa significa?

R. – Significa, secondo me, che tutti dobbiamo riscoprire la preghiera silenziosa, perché il silenzio è come una sonda che mettiamo nel nostro cuore per ascoltare il Signore. D’altronde – come ricorda il profeta Elia – noi ascoltiamo il Signore “nella brezza leggera del vento”, quindi il silenzio è uno strumento, un mezzo, per ascoltare la voce di Dio che parla dentro di noi.

Francesco ribadisce un concetto che gli è caro: usando le parole come bombe si diventa terroristi e le parole, scrive, “possono essere baci, carezze, farmaci oppure coltelli, spade e proiettili”…

R.- Dobbiamo prendere atto che oggi “sparlare” è uno sport mondiale, praticato in tutti gli ambienti, anche in quelli della Chiesa. Le bombe di cui parla il Papa sono il pettegolezzo e la calunnia e per questo è importante – come scrive il Santo Padre – che la Vergine del Silenzio ci “insegni l’uso giusto della lingua”. Penso in particolare a coloro che lavorano nella comunicazione perché, appunto, la parola può dare vita o morte, le parole possono essere dei muri o dei ponti.

Ricordiamo che il Santuario della “Madonna del Silenzio” di Avezzano, di cui lei è Rettore, è nato nel maggio dello scorso anno proprio per iniziativa di Papa Francesco…

R.- Sì, il Papa ha scritto al mio Superiore e ha voluto espressamente questo Santuario che è stato aperto con il decreto del vescovo diocesano il 13 maggio dell’anno scorso. È un centro di spiritualità, di silenzio, preghiera e discernimento. Quando ne avremo la possibilità, con la fine della pandemia e i nuovi decreti governativi, speriamo di riprendere anche i corsi dedicati al silenzio e al discernimento. Nel frattempo il Santuario è aperto e, pur nel rispetto del distanziamento sociale, ci sono le celebrazioni eucaristiche, l’adorazione, le confessioni e anche delle giornate di ritiro.

Perché secondo lei nel magistero di Papa Francesco è diventato così importante il tema del silenzio?

R.- Non dobbiamo dimenticarci che appena fu eletto, il 13 marzo di otto anni fa, davanti a quella grandissima folla che tutti ricordiamo a Piazza San Pietro, Francesco si presentò come vescovo di Roma e invitò tutti a pregare in silenzio per lui mettendo a tacere tutta quella folla. Ma non è stata la prima e l’unica volta perché in varie occasioni, udienze e incontri, anche durante le assemblee sinodali, Francesco ha voluto inserire dei momenti di silenzio. Non sono però momenti “passivi”, sono istanti in cui ognuno torna in sé stesso e intercede e prega, perché la preghiera silenziosa è anche una preghiera di intercessione per il popolo di Dio.

Chi si augura che legga questo libro? A chi è diretto?

R.- Innanzitutto questo vuole essere un libretto “motivazionale”, perché come diceva San Giovanni Paolo II “dobbiamo darci da fare” e avrebbe potuto avere come sottotitolo quel famoso damose da fa’, pronunciato da Papa Wojtyla. Quindi è un invito a non perdere tempo a sparlare, ma a vivere la nostra vita e a impegnarci tutti i giorni nel lavoro, nella preghiera e in tutto quello che il Signore ci chiede di fare.  Non ho voluto fare perciò un libretto “diagnostico”. Nella prima parte si analizzano le cause che ci portano a sparlare, ma poi ci sono soprattutto dei rimedi, perché è importante per ogni problema della nostra vita trovare delle soluzioni efficaci. Seguendo gli insegnamenti del Santo Padre io invito ad aprire lo sguardo, pregare, aiutare i poveri e indico altre soluzioni efficaci per superare questo vizio che è diffuso in tutti gli ambienti.

Quasi un piccolo manualetto spirituale?

R.- Diciamo di sì, ma anche un libro che vuole far riscoprire la preghiera silenziosa perché è qualcosa di fondamentale. La vera preghiera per me infatti non è “dire preghiere”, quello si fa al teatro. Pregare è stare alla presenza del Signore in silenzio, perché il silenzio – come ricorda il Santo Padre – è la lingua di Dio ma anche “il linguaggio dell’amore”.