Chiesa Cattolica – Italiana

Francesco: essere giovani a ogni età vuol dire domandarsi: “Che cosa cerco?”

Antonella Palermo – Città del Vaticano

““Che cosa cerco?”. Se uno si fa questa domanda, è giovane, anche se ha ottant’anni. E se non se la fa, è vecchio, anche se ne ha venti. Siete d’accordo?”

È la domanda essenziale che Gesù ha insegnato a porsi, dice Francesco rivolgendosi nell’Aula Paolo VI a circa trecento giovani che in questi giorni hanno partecipato al “Campo Alpha” in Molise, nella località di Macchia d’Isernia, e che hanno voluto suggellare alla presenza del Papa questa esperienza di condivisione, fraternità e spiritualità. Creazione, corpo, amore, gioia: le parole chiave attorno alle quali si sono confrontati in questa prima settimana d’agosto, in una delle diocesi più piccole d’Italia, ragazzi e ragazze di varie nazionalità. Il clima – come ha riferito nell’indirizzo di saluto monsignor Camillo Cibotti – è stato di festa, animazioni laboratoriali, primo annuncio, ascoltando testimonianze di educatori, sacerdoti, coppie impegnate nella guida di percorsi di crescita umana e cristiana, psicologi, blogger.

Giovani percepiti oggi come un vero “regalo” dal Santo Padre che ha sottolineato quanto sia importante l’accompagnamento. “Accompagnare è una parola-chiave per la Chiesa!”, ha ripetuto, citando nel suo discorso l’Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, ricordato l’incontro con i giovani che ha concluso il suo pellegrinaggio in Canada, riportato l’esempio della vita del beato Carlo Acutis.

Prima di dare risposte, Gesù insegna a porsi una domanda essenziale

Il Papa ricorda che, pur essendo questi giovani nati in un contesto secolarizzato, tuttavia possono respirare la dimensione del sacro poiché “nel cuore umano non viene mai meno la sete di infinito”. 

Anche dentro di voi, cresciuti con l’informatica, emergono le grandi domande di ogni tempo: da dove veniamo? Che cosa c’è all’origine di tutto? Che senso ha la mia esistenza? E poi, perché c’è tanta sofferenza? Perché colpisce anche i piccoli e gli indifesi?… Dio ama molto le domande; in un certo senso, le ama più delle risposte. E’ chiaro, perché le risposte sono chiuse, le domande sono aperte. Chi vive solo di risposte è una persona che è abituata a chiudere, chiudere, chiudere. Infatti Gesù, ai primi due che lo seguirono un giorno, sulle rive del fiume Giordano, si rivolse con queste parole: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Prima di dare risposte, Gesù insegna a farsi una domanda essenziale: “Che cosa cerco?”.

Gesù è la pienezza di vita, l’alfa e l’omega

A Francesco vengono alla mente le immagini del Viaggio appena compiuto in Canada dove, in un contesto “molto moderno”, vivono popolazioni indigene custodi di valori e tradizioni ancestrali. 

Adesso, guardando voi, pensavo ai giovani di quei popoli indigeni. Così diversi da voi, eppure così simili, anzi direi di più: così uguali. Uguali nel senso dell’umanità, di ciò che qualifica il nostro essere umani, cioè la relazione con Dio, con gli altri, con il creato e con sé stessi nella libertà, nella gratuità, nel dono di sé. Questa relazione esprime una “incompiutezza”, un desiderio di pienezza, pienezza di vita, di gioia, di significato. Ecco, Gesù Cristo è questa pienezza. Noi siamo tutti incompiuti, noi siamo tutti per strada, in cammino. Bisogna avere questa coscienza.

Il Pontefice cita un passaggio iniziale della Christus vivit, in particolare laddove si sottolinea la forza del Risorto capace di rialzare da ogni caduta: “Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza” […]. Parole valide per i primi discepoli, per il Successore di Pietro, per giovani di qualunque epoca. Basta essere uniti a Gesù, principio e fine, che salva dalla “voragine della morte e del negativo” e rende possibile “l’attrazione di Dio, della vita, dell’amore”.

La vera umiltà è riconoscersi per ciò che si è

Dire no all’egoismo, all’egocentrismo, all’apparire più di quello che siamo.

Questa è la raccomandazione del Papa che insiste sulla necessità di non portare maschere.

Essere sé stessi, non gonfiarsi, nemmeno abbattersi, riconoscersi per quello che si è, questa è la vera umiltà. E di fronte al male che c’è in noi e intorno a noi, non scappare, non evadere dalla realtà, non chiudersi in sé stessi, ma prendere ciascuno la propria parte di responsabilità – Gesù dice “la propria croce” – e portarla, con amore, con gioia. Non da soli, no, non è possibile: sempre con Gesù, Lui davanti e noi dietro.

Dio non vuole fotocopie, ma solo originali

Nell’augurare ai giovani di farsi Gesù come Amico, Compagno di strada, Francesco usa le parole del beato Carlo Acutis, un ragazzo “appassionato di computer, soprattutto innamorato di Gesù, dell’Eucaristia, che chiamava ‘l’autostrada per il Cielo’.” Per ben due volte, lo cita in una sua celebre frase: non siate fotocopie, originali!.

La vita terrena di Carlo è stata breve, molto breve, ma è stata piena. È stata come una corsa, una rincorsa verso il Cielo. Ha preso la rincorsa dal giorno della sua prima Comunione, quando ha incontrato Gesù nel suo Corpo e Sangue. Sì, perché Gesù non è un’idea, Gesù non è un’idea, o una regola morale, no, Gesù è una persona, un amico, un compagno di strada.

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