Chiesa Cattolica – Italiana

Francesco: Dio doni la pace che l’uomo non riesce a costruire

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

O Signore, Tu che vedi nel segreto e ci ricompensi al di là di ogni nostra attesa, ascolta la preghiera di quanti confidano in Te, soprattutto dei più umili, dei più provati, di coloro che soffrono e fuggono sotto il frastuono delle armi. Rimetti nei cuori la pace, ridona ai nostri giorni la tua pace. Amen

Pace in Ucraina. L’invocazione del Papa, nella giornata di preghiera e digiuno da lui promossa, risuona attraverso la voce del cardinale Pietro Parolin all’interno della Basilica romana di Santa Sabina e da qui giunge al mondo intero. Il segretario di Stato, che ha presieduto la celebrazione in luogo del Pontefice, costretto a riposo a causa di un acuto dolore al ginocchio, ha introdotto il rito nella Basilica di Sant’Anselmo guidando poi la processione verso la Basilica di Santa Sabina, mentre la schola intonava le litanie dei Santi. 

Preghiera, carità e digiuno per cambiare la storia

Commentando la pagina del Vangelo offerta dalla liturgia odierna, Francesco invita alla preghiera, alla carità e al digiuno, “medicine per tutti, in grado di cambiare la storia”:

Sono le vie principali che permettono a Dio di intervenire nella vita nostra e del mondo. Sono le armi dello spirito, ed è con esse che, in questa giornata di preghiera e di digiuno per l’Ucraina, imploriamo da Dio quella pace che gli uomini da soli non riescono a costruire.

La ricompensa presso il Padre

L’impegno quaresimale della preghiera, della carità e del digiuno – avverte il Papa – va finalizzato alla “ricompensa presso il Padre”. Questa è eterna, definitiva, è lo scopo del vivere e deve essere anteposta alla “ricompensa presso gli uomini” che “come un miraggio, lascia a mani vuote” e a cui tendiamo quando l’ammirazione e il successo mondano sono per noi la maggiore gratificazione:

Chi guarda alla ricompensa del mondo non trova mai pace e nemmeno sa promuovere la pace. Perché perde di vista il Padre e i fratelli. È un rischio che corriamo tutti.

La malattia e la medicina

Il rito delle ceneri che riceviamo sul capo, sottolinea il Vescovo di Roma, è un monito a non “vivere all’insegna della vanagloria, per cui quel che conta non è la pulizia del cuore, ma l’ammirazione della gente; non lo sguardo di Dio su di noi, ma come ci guardano gli altri”:

Questo segno austero, che ci porta a riflettere sulla caducità della nostra condizione umana, è come una medicina dal sapore amaro ma efficace per curare la malattia dell’apparenza. Si tratta di una malattia spirituale, che schiavizza la persona, portandola a diventare dipendente dall’ammirazione altrui.

La mondanità è polvere

Da qui l’invito a “smascherare” le apparenze che ricerchiamo. Gli ambiti sacri – afferma Francesco – non sono immuni da questa malattia: preghiera, carità e digiuno infatti “possono diventare autoreferenziali”. Anche nel gesto più bello “può nascondersi il tarlo dell’autocompiacimento”. Non è libero il cuore che cerca l’approvazione umana e non l’amore del Padre. “Le ceneri mettono in luce il nulla che si nasconde dietro l’affannosa ricerca delle ricompense mondane”:

Ci ricordano che la mondanità è come polvere, che viene portata via da un po’ di vento. Sorelle, fratelli, non siamo al mondo per inseguire il vento; il nostro cuore ha sete di eternità. La Quaresima è un tempo donatoci dal Signore per tornare a vivere, per essere curati interiormente e per camminare verso la Pasqua, verso ciò che non passa, verso la ricompensa presso il Padre. È un cammino di guarigione.

Il digiuno non è una dieta

Nella preghiera fatta nel segreto con lo sguardo al Crocifisso, prosegue Papa Francesco, “mettiamo nelle sue ferite quelle nostre e del mondo”, lasciandoci invadere dalla tenerezza di Dio. La carità e l’elemosina, lontano dai riflettori, svelano “la bellezza del dare che diventa un ricevere”. Il digiuno infine: “non è una dieta, anzi ci libera dalla ricerca ossessiva del benessere fisico, per aiutare a tenere in forma lo spirito, ci riporta a dare il giusto valore alle cose”.

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