Francesco, costruttore di ponti in nome della fratellanza

Vatican News

Alessandro Gisotti  

Pontefice. Costruttore di ponti. Se c’è una cifra che sempre più distintamente si è delineata nel corso di questi quasi 9 anni di Pontificato di Francesco è proprio l’instancabile impegno del Successore di Pietro nel costruire ponti per unire laddove c’è divisione, per trapassare quelle barriere di separazione visibili e a volte invisibili che impediscono l’incontro. Ponti tra popoli e culture, ponti tra leader religiosi e politici che il Papa si è impegnato a edificare con una intensità e un senso di urgenza che aumentava tanto più vedeva ergersi muri che, dopo la fine della Guerra Fredda e del mondo diviso in due blocchi, si pensava – forse un po’ troppo ottimisticamente – essere relegati nei libri di storia. Questo impegno appassionato e disinteressato è oggi riconosciuto pressoché unanimemente dalla comunità internazionale, come dimostra la richiesta di mediazione e di intervento del Papa e della Santa Sede in tante crisi del nostro tempo.

Anche nel discorso di oggi al Corpo Diplomatico, una sorta di Urbi et Orbi sullo stato di salute del pianeta, Francesco ha ribadito che il dialogo e la collaborazione tra i popoli sono tappe di un percorso ineludibile se veramente vogliamo preparare un futuro di speranza per le nuove generazioni. “Non dobbiamo temere – ha affermato in un passaggio chiave del suo intervento – di fare spazio alla pace nella nostra vita, coltivando il dialogo e la fraternità tra di noi”. Uno spazio che – come drammaticamente sta mostrando la pandemia, altro tema centrale nell’udienza agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede – necessita di una visione integrale e non frammentata. Nello sguardo della Chiesa, “esperta di umanità”, come sottolinea Paolo VI nella Populorum Progressio, la pace e lo sviluppo, l’ambiente e i diritti sono collegati tra loro. Tutto si tiene. La Chiesa ha a cuore l’uomo e non altro perché, per dirla con Giovanni Paolo II, “l’uomo è la via della Chiesa”. Un amore per l’umanità – specialmente per quella ferita, scartata, umiliata – che Papa Francesco sta testimoniando con gesti e parole, camminando sulle orme dei suoi predecessori e sviluppandone il Magistero con quella “creatività dell’amore” che è un compito consegnato idealmente a tutti e a ciascuno di noi.

Anche nel 2021, nonostante le immense difficoltà generate dalla pandemia, Francesco ha continuato a gettare arcate e piantare pilastri, a posare mattoni per consolidare la strada. Non avvia solo processi, dunque, per riprendere una formula a lui cara, ma anche ponti. Certo, non tutti potranno essere completati ma non per questo – ci incoraggia Francesco – bisogna fermarsi perché “beati sono i costruttori di pace” anche se i frutti della loro opera verranno raccolti da altri e in tempi che adesso non possiamo prevedere. Il “viaggio impossibile” in Iraq è forse l’esempio più straordinario di questo sforzo del Papa e non solo nell’anno appena concluso. Un viaggio che in molti sconsigliavano e che invece si è rivelato un messaggio potente, profetico in favore della pace e della fratellanza. Quest’ultima, d’altro canto, è quasi il secondo nome sulla “carta d’identità” del Pontificato di Francesco. Il Papa della Fratelli tutti – che a Mosul ha potuto affermare: “La fraternità è più forte del fratricidio” – ci ricorda che su quel ponte, chiamato umanità, dobbiamo tutti muovere dei passi perché ci si possa incontrare. E lo dobbiamo fare soprattutto per incontrare quelli che sono più lontani perché per quanto siano distanti da noi, sono sempre nostri fratelli.