Chiesa Cattolica – Italiana

Dodici Paesi Ue chiedono fondi per costruire muri contro le persone migranti

Andrea De Angelis – Città del Vaticano 

Nuovi strumenti per proteggere le frontiere esterne dell’Ue di fronte ai flussi migratori, anche col finanziamento europeo di recinzioni e muri: è quanto viene chiesto dai ministri dell’Interno di dodici Paesi europei (Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Repubblica Slovacca) in una lettera indirizzata alla Commissione europea e alla presidenza di turno del Consiglio Ue. Il tema del rafforzamento dei confini esterni dell’Unione sarà affrontato oggi dalla riunione dei ministri dell’Interno dei 27 a Lussemburgo.

La lettera 

Nella lettera si chiedono “salvaguardie nel diritto dell’Ue che consentano agli Stati membri di agire rapidamente e proporzionalmente alla minaccia, in difesa della loro sicurezza nazionale e dell’intera Ue”, sostenendo che “la sorveglianza delle frontiere non impedisce alle persone di tentare illegalmente valichi di frontiera e sarebbe quindi utile integrarla con ulteriori misure preventive”. “La barriera fisica sembra essere un’efficace misura di protezione delle frontiere che serve l’interesse dell’intera Ue”, si legge ancora nella lettera. “Questa misura legittima dovrebbe essere ulteriormente e adeguatamente finanziata dal bilancio dell’Ue in via prioritaria”, chiedono i dodici capi di governo. “Per garantire una risposta efficace e immediata alla strumentalizzazione dei flussi migratori, abbiamo bisogno di soluzioni europee senza indugio. Siamo convinti che sia più pertinente e sostenibile concentrarsi in modo proattivo su una maggiore protezione delle frontiere, standard comuni per la sorveglianza delle frontiere esterne e la prevenzione degli attraversamenti illegali”, si legge. “Abbiamo bisogno di nuovi strumenti che ci permettano di evitare, piuttosto che affrontare in seguito, le gravi conseguenze di sistemi migratori e di asilo sovraccarichi e capacità di accoglienza esaurite, che alla fine – concludono i dodici – influiscono negativamente sulla fiducia della popolazione nella nostra capacità di agire con decisione quando necessario”.

Le reazioni 

Tra le prime reazioni alla lettera c’è quella dell’ex presidente del Consiglio italiano, oggi alla guida di uno dei partiti di maggioranza del governo Draghi, Giuseppe Conte. “Il problema dell’immigrazione e della gestione dei flussi migratori non si risolve con muri e filo spinato. Peraltro nelle zone di mare non si potrebbe neppure fare, non è questa la soluzione”, ha detto rispondendo alle domande dei cronisti. “Bisogna lavorare – aggiunge – con i Paesi di origine e con la comunità internazionale. Fili spinati e barriere varie non servono. Cosa dobbiamo fare? Militarizzare l’Unione europea?”, scandisce. “Non ci sono norme che impediscano agli Stati Ue di aumentare la propria protezione fisica o di costruire muri o recinzioni alle frontiere. Se i governi lo vogliono fare, sta a loro decidere”: così, dal canto suo, il ministro svedese alla Giustizia e Immigrazione, Morgan Johansson, riguardo alla lettera.

Le soluzioni 

“I flussi migratori non sono un’emergenza, non si tratta di un’invasione, ma di un fenomeno che va gestito in collaborazione con tutti gli Stati. Ad affermarlo nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News è Donatella Parisi, responsabile comunicazione del Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), da quarant’anni impegnato in attività di accompagnamento e difesa dei diritti di chi arriva in Italia fuggendo da guerre e violenze, non di rado anche dalla tortura.

Ascolta l’intervista a Donatella Parisi

Come accogliete la notizia di questa lettera?

La accogliamo con grande disappunto e indignazione. Non ci sorprende perché è l’atteggiamento ormai consolidato da anni di buona parte dell’Unione Europea, soprattutto degli Stati orientali che chiedono un’Unione ancora più chiusa, ancora più securitaria e respingente. Si tratta di una rappresentazione mendace della realtà, che non tiene conto del fatto che in pericolo non è chi accoglie, ma chi chiede rifugio. Questo atteggiamento va condannato, perché contrario alle convenzioni internazionali sullo status del rifugiato e sui diritti dei migranti. Abbiamo inoltre visto che non sono i muri a fermare la disperazione di queste persone che chiedono, con diritto di farlo, libertà e democrazia. Non dimentichiamo che nel 2021 sono arrivati 66mila migranti, la popolazione europea è superiore ai 400 milioni di indidivui. Dunque è impossibile che l’Unione non possa gestire ciò, semmai non vuole farlo. I flussi migratori non sono un’emergenza, non si tratta di un’invasione, ma di un fenomeno che va gestito in collaborazione con tutti gli Stati. 

Un altro muro, quello di Berlino, ha fatto la storia del continente lo scorso secolo. Anche simbolicamente è un passo indietro la costruzione di muri?

Assolutamente, e ciò dà l’immagine di un’Europa che non sa guardare né al futuro né al presente, un continente che non comprende come queste persone sono una risorsa, un’opportunità di crescita per tutti i cittadini europei. Aspetto, questo, che Papa Francesco ha detto e non smette di ripetere, anche nell’ultima Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Francesco ci invita a costruire un nuovo ‘noi’, dove ognuno fa parte di una comunità aperta e solidale, dunque più sicura. Una prospettiva che il Centro Astalli accoglie e che risulta essere esattamente all’opposto rispetto a quella dei muri. Va detto poi che non c’è bisogno di tornare a Berlino per parlare di muri: dal 2018 si costruiscono in Europa, basti pensare ai 235 chilometri di barriera tra Bulgaria e Turchia o ai 40 tra la stessa Turchia e la Grecia. L’Europa si illude di essere sicura chiudendosi in se stessa, ma non è questa la soluzione, anzi è assolutamente impensabile. Così si muore di asfissia. Accogliere è una sfida complessa, ma la politica europea ha questo compito e questa responsabilità. 

Un’inchiesta giornalistica proprio ieri ha mostrato immagini dure al confine con la Croazia, dove le persone migranti subiscono violenze. Quanto è importante mostrare le reali condizioni di queste donne ed uomini, far vedere ai cittadini cosa significa essere respinti?

L’opinione pubblica va informata in modo serio e responsabile. Quanto accade nei Balcani, denunciato ieri anche dal giornalista Nello Scavo su Avvenire, è una situazione gravissima che viola tutte le norme di diritto e di civiltà. Non è l’unica frontiera che ci preoccupa, penso ad esempio ai centri di detenzione in Libia. Le persone che arrivano al Centro Astalli sono tra le poche fortunate che ce la fanno e ci dicono che la Libia è un centro di detenzione a cielo aperto, con violenze e torture indiscriminate. Credo sia fondamentale ascoltare le loro testimonianze, anche per trasformare l’onda emotiva in responsabilità concreta di medio e lungo periodo. Da tempo noi chiediamo l’apertura di vie legali d’ingresso, oggi non c’è un modo legale per entrare in Europa. Se ci fossero queste vie, programmi d’inserimento, piani di evacuazione dalle situazioni di crisi allora avremmo una migrazione controllata, nel rispetto di queste persone e di tutti i cittadini.  

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