Chiesa Cattolica – Italiana

Dio è vicino: l’Omelia del Papa nella seconda Domenica della Parola

Fausta Speranza – Città del Vaticano

“Dalla nostra umanità Dio mai si staccherà e mai di essa si stancherà”: è questo il senso della vicinanza di cui ci ha parlato Gesù. Lo spiega il Papa in questa domenica, la terza domenica del tempo ordinario, in cui Gesù annuncia il Regno di Dio. Francesco ha voluto che diventasse la Domenica della Parola, istituendola con la Lettera in forma di Motu proprio del 30 settembre 2019. L’omelia è pronunciata da monsignor Fisichella che innanzitutto dice: “mi fa particolarmente piacere, ed è un onore, dare lettura dell’omelia che il Santo Padre avrebbe tenuto in questa occasione”. 

Emerge il messaggio che Gesù “ripeteva di continuo”:

Dio non sta, come siamo spesso tentati di pensare, lassù nei cieli lontano, separato dalla condizione umana, ma è con noi”.

Il suo regno è sceso in terra:

Da allora Dio è vicinissimo. Prima di ogni altra cosa va creduto e annunciato che Dio si è avvicinato a noi, che siamo stati graziati, “misericordiati”. Prima di ogni nostra parola su Dio c’è la sua Parola per noi, che continua a dirci: “Non temere, sono con te. Ti sono vicino e ti starò vicino”.

Dunque, non può che essere questa la “costante della vita e dell’annuncio cristiano”: la Parola di Dio che “ci permette di toccare con mano questa vicinanza, perché – dice il Deuteronomio – non è lontana da noi, ma è vicina al nostro cuore. E la definizione che emerge dall’omelia di Francesco letta da monsignor Fisichella è molto significativa:

La Parola di Dio “è l’antidoto alla paura di restare soli di fronte alla vita”….“ci ricorda che siamo nel suo cuore, preziosi ai suoi occhi, custoditi nelle palme delle sue mani”.

C’è poi una sollecitazione importante:

La Parola di Dio infonde questa pace, ma non lascia in pace. È Parola di consolazione, ma anche di conversione. «Convertitevi», dice infatti Gesù subito dopo aver proclamato la vicinanza di Dio”.

Il Papa parla di “salutari ribaltamenti esistenziali” ai quali siamo chiamati e precisa:

… con la sua vicinanza è finito il tempo in cui si prendono le distanze da Dio e dagli altri, è finito il tempo in cui ciascuno pensa a sé e va avanti per conto proprio. Questo non è cristiano, perché chi fa esperienza della vicinanza di Dio non può distanziare il prossimo, non può allontanarlo nell’indifferenza”.

Si scopre che “la vita non è il tempo per guardarsi dagli altri e proteggere sé stessi, ma l’occasione per andare incontro agli altri nel nome del Dio vicino”. Così “la Parola, seminata nel terreno del nostro cuore, ci porta a “seminare speranza attraverso la vicinanza”. Proprio come fa Dio con noi.

La riflessione si sofferma sulla scelta di Gesù di parlare ai pescatori della Galilea:

“Erano persone semplici, che vivevano del frutto delle loro mani lavorando duramente notte e giorno. Non erano esperti nelle Scritture e non spiccavano certo per scienza e cultura.”

E si ricorda che “abitavano una regione composita, con vari popoli, etnie e culti” in una “periferia”:

“…era il luogo più lontano dalla purezza religiosa di Gerusalemme, il più distante dal cuore del Paese. Ma Gesù comincia da lì, non dal centro ma dalla periferia, e lo fa per dire anche a noi che nessuno è ai margini del cuore di Dio.”

L’omelia ricorda che “Giovanni accoglieva la gente nel deserto, dove si recavano solo quelli che potevano lasciare i luoghi in cui vivevano”:

“Gesù, invece, parla di Dio nel cuore della società, a tutti, lì dove sono. E non parla in orari e tempi stabiliti: parla «passando lungo il mare» a dei pescatori «mentre gettavano le reti». Si rivolge alle persone nei luoghi e nei momenti più ordinari.”

Ed ecco la “forza universale della Parola di Dio, che raggiunge tutti ed ogni ambito di vita”.

Ma la Parola ha anche una forza particolare, “incide cioè su ciascuno in modo diretto, personale. I discepoli non dimenticheranno mai le parole ascoltate quel giorno sulle rive del lago, vicini alla barca, ai familiari e ai colleghi, parole che segneranno per sempre la loro vita”.

“Gesù dice loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». Non li attira con discorsi alti e inarrivabili, ma parla alle loro vite: a dei pescatori di pesci dice che saranno pescatori di uomini. Se avesse detto loro: “Venite dietro a me, vi farò Apostoli: sarete inviati nel mondo e annuncerete il Vangelo con la forza dello Spirito, verrete uccisi ma diventerete santi”, possiamo immaginare che Pietro e Andrea gli avrebbero risposto: ‘Grazie, ma preferiamo le nostre reti e le nostre barche’. Gesù invece li chiama a partire dalla loro vita: «Siete pescatori, diventerete pescatori di uomini». Trafitti da questa frase, scopriranno passo dopo passo che vivere pescando pesci era poca cosa, ma che prendere il largo sulla Parola di Gesù è il segreto della gioia.”

L’invito è a non rinunciare alla Parola di Dio che – viene sottolineato – ci ricorda che “così il Signore fa con noi: ci cerca dove siamo, ci ama come siamo e con pazienza accompagna i nostri passi”. Proprio come quei pescatori, “attende anche noi sulle rive della vita”:

“Con la sua Parola vuole farci cambiare rotta, perché smettiamo di vivacchiare e prendiamo il largo dietro a Lui”.

E dunque la definizione della Parola di Dio:

“La lettera d’amore scritta per noi da Colui che ci conosce come nessun altro”.

E una certezza: “leggendola, sentiamo nuovamente la sua voce, scorgiamo il suo volto, riceviamo il suo Spirito”. E se  la Parola ci fa vicini a Dio siamo chiamati a non tenerla lontana:

“Portiamola sempre con noi, in tasca, nel telefono; diamole un posto degno nelle nostre case. Mettiamo il Vangelo in un luogo dove ci ricordiamo di aprirlo quotidianamente, magari all’inizio e alla fine della giornata, così che tra tante parole che arrivano alle nostre orecchie giunga al cuore qualche versetto della Parola di Dio”.

La proposta di “spegnere la televisione e di aprire la Bibbia; di chiudere il cellulare e di aprire il Vangelo” contiene una promessa:

“Ci farà sentire il Signore vicino e ci infonderà coraggio nel cammino della vita.”

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