Dal Papa Il Premio Nobel per la Pace Mukwege: “La visita in Congo un segnale forte”

Vatican News

Alessandro Di Bussolo e Oliver Bonnell – Città del Vaticano

“La visita del Papa nella Repubblica Democratica del Congo è un segnale forte”, lui viene “a soffrire con il popolo congolese che sta soffrendo” e “ci aspettiamo che la sua presenza contribuisca a sensibilizzare l’ opinione pubblica mondiale sul dramma che il stiamo vivendo oggi” e che “con le sue preghiere e la sua voce possa contribuire a porre fine a questa tragedia, di cui qui in Europa si parla poco”. Il Premio Nobel per la Pace 2018 Denis Mukwege, 67.ne ginecologo e attivista per i diritti umani congolese, incontra i giornalisti pochi minuti dopo l’udienza con Papa Francesco, nella biblioteca del Palazzo apostolico. In un tweet, poco più tardi, spiega che con il Papa, nella mezz’ora di colloquio privato, hanno discusso “della crisi umanitaria nella RdC e dell’imperativo della giustizia, il consolidamento della democrazia e l’instaurazione della pace”.

Da dieci anni vive sotto scorta nel suo ospedale a Bukavu

Nell’ incontro, il medico ha raccontato a Francesco quello che cerca di fare nel Panzi Hospital che ha fondato quasi 25 anni, nella sua Bukawu, e dove da 10 anni vive recluso per evitare attentati. Salvare la vita e il futuro alle donne, le ragazze e anche le bambine vittime di stupri e violenze sessuali, usati come arma di guerra dalle milizie dei gruppi in lotta con il governo di Kinshasa.

“Purtroppo stiamo curando la terza generazione di donne”

Dal Nord Kivu dove l’ultima strage di civili è di fine novembre, migliaia di profughi fuggono verso il centro del Paese, ma le donne rischiano lo stupro anche nei campi dei rifugiati, se vanno a lavarsi al fiume. Per questo nei tre giorni di incontri e riconoscimenti a Napoli e provincia, Mukwege ha chiesto aiuto per acquistare kit igienici per donne e ragazze, in modo da evitare loro pericoli se lasciano il campo. Ecco l’intervista rilasciata dal Premio Nobel a Olivier Bonnel, della redazione francese:

Ascolta l’intervista in lingua originale a Denis Mukwege

Questa visita è stata per me una grazia particolare, un onore aver incontrato un uomo di fede, un uomo di pace, una persona che lavora per la pace, la giustizia e l’inclusione in tutto il mondo e nel particolare contesto odierno con molteplici crisi. La sua visita nella Repubblica Democratica del Congo è un segnale forte, non fa altro che mostrare ai congolesi la speranza e la solidarietà che il Papa sta dimostrando per il nostro popolo, per un popolo ferito da più di 25 anni. Penso che noi congolesi ci aspettiamo che la sua presenza contribuisca semplicemente a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sul dramma che il popolo congolese sta vivendo oggi. Speriamo anche che con le sue preghiere e la sua voce possa contribuire a porre fine a questa tragedia, di cui qui in Europa si parla poco.

La Santa Sede e la diplomazia pontificia, ma anche più ampiamente le religioni, possono fare qualcosa per contribuire al ritorno della pace nella regione?

La Chiesa ha un ruolo molto importante e credo che la parola profetica della Chiesa possa fare una grande differenza. Una Chiesa che tace quando le persone soffrono è una Chiesa fuori posto. E penso che il ruolo più importante della Chiesa sia quello di soffrire con le persone che soffrono. Penso che la visita del Papa rientri in questa logica di venire a soffrire con il popolo congolese che sta soffrendo. È quindi la voce profetica della Chiesa che può fare una grande differenza.

Una parola sulle donne, dottor Mukwege, lei lavora molto per loro, attraverso il suo ospedale. Qual è oggi la situazione delle donne congolesi in questo terribile conflitto? Credo poi che intendiate sviluppare le vostre attività oltre Panzi….

In effetti, oggi stiamo curando la terza generazione di donne e questo è ciò che ci fa più male. Per questo chiediamo alla stampa internazionale di poter parlare di questo problema, perché non conta più il numero di donne violentate, ma il modo in cui lo si fa.  Distruggere i bambini, distruggere i neonati, distruggere le donne di fronte alla loro famiglia, alla loro comunità, significa semplicemente distruggere un’intera comunità. Credo che oggi Panzi stia cercando di lavorare affinché le nostre attività vadano oltre l’assistenza, cercando di avvicinare i nostri servizi di assistenza ai pazienti. Stiamo quindi moltiplicando il numero di centri di assistenza che chiamiamo “One stop center”, dove forniamo assistenza olistica, cioè medica, chirurgica, psicosociale, socio-economica e legale.