Da Bergoglio a Francesco: innovazione e tradizione di un papato nella storia

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Un volume, curato dal professor Massimo Borghesi, e pubblicato dalle edizioni Studium raccoglie gli interventi di quattordici specialisti su altrettanti temi riguardanti il Pontefice. Dal rapporto con i predecessori, a quello con le periferie e la cultura sudamericana, al suo ruolo nella politica internazionale

Michele Raviart – Città del Vaticano

Raccontare i dieci anni intensi, talvolta drammatici del Pontificato di Papa Francesco a partire dalla sua esperienza a Buenos Aires fino ad immaginare il futuro della Chiesa. È quanto si propongono quattordici specialisti e studiosi nei loro saggi raccolti nel volume “Da Bergoglio a Francesco. Un pontificato nella storia”, curato dal professor Massimo Borghesi, ordinario di filosofia morale presso l’Università di Perugia, pubblicato dalle edizioni Studium e presentato ieri all’università Lumsa di Roma. Dal rapporto con i predecessori, a quello con le periferie e la cultura sudamericana, al contributo della Fratelli Tutti e il ruolo in politica internazionale, l’obiettivo è quello di capire quanto Papa Francesco sia innovativo e quanto in continuità con la tradizione.

La Chiesa aperta e missionaria di Francesco

“Il contributo originale sicuramente sta nel ridestare una Chiesa che si era ripiegata su stessa e che, come dice il Papa stesso rischiava di essere “clericale”, spiega il curatore Massimo Borghesi, “e di rilanciarla in una prospettiva aperta e di carattere missionario”. “È la famosa categoria della ‘Chiesa in uscita’, della ‘Chiesa ospedale da campo’, che qualifica una dimensione missionaria della fede che la Chiesa tutta è invitata a riscoprire”, sottolinea, “questo con una particolare attenzione alla dimensione dei poveri, certamente, e seguendo la via maestra della misericordia come strada con cui la fede può essere comunicata all’uomo contemporaneo”.

Ascolta l’intervista integrale a Massimo Borghesi

Tornielli: la via della misericordia e dell’incontro

La via della misericordia, sottolinea infatti Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione, è una delle chiavi per interpretare il Pontificato di Papa Francesco. Un concetto già espresso nel primo Angelus del 7 marzo 2013 e consolidato con un intero giubileo straordinario dedicato proprio dedicato a questo. Una misericordia che non è “buonismo” e di cui non ce n’è mai abbastanza, perché, come disse un’anziana signora che voleva essere confessata dall’allora vescovo ausiliare di Buenos Aires Bergoglio, “se Dio non perdonasse, tutto il mondo non esisterebbe”. La stessa Chiesa, ha ricordato lo stesso Francesco, non è al mondo per condannare ma per permettere l’incontro viscerale con la misericordia di Dio. Bisogna quindi tornare al primo annunzio, perché l’amore viene prima dell’incontro e la misericordia di Dio è la prima evangelizzazione.

Buttiglione: la continuità con Giovanni Paolo II

L’incontro con Cristo è una questione di innamoramento, ha sottolineato Rocco Buttiglione, già ministro italiano per i Beni e le Attività culturali. Si diventa infatti cristiani ponendo il centro affettivo nella persona di Cristo, un concetto che non è astratto, ma si realizza con l’incontro di persone concrete cristiane, quello che poi è la Chiesa. Nel suo saggio Buttiglione ha sottolineato alcune delle continuità tra Francesco e Giovanni Paolo II, cercando di superare alcuni luoghi comuni. Durante il primo viaggio internazionale di Papa Wojtyla in Messico nel 1979, il contributo del gruppo di teologi vicino a Bergoglio fu importante nei discorsi che condannavano la teologia della liberazione di derivazione marxista, pur riconoscendo la necessità di una teologia specifica per l’America Latina. Per quanto riguarda la questione dei divorziati, le aperture dell’Amoris Laetitia non sono nient’altro che la conseguenza del percorso avviato da Giovanni Paolo II con la revoca della scomunica.

Pierangeli: gli scrittori preferiti da Papa Francesco

Borges, Camus, Hölderling, spiega invece il professor Fabio Pierangeli, docente di letteratura all’ Università di Roma Tor Vergata e autore di un saggio dedicato a questo tema, sono alcuni degli scrittori e poi preferiti da Papa Francesco. “Se dovessi scegliere una parola che li accumuna”, sottolinea, “sarebbe ‘inquietudine’, parola che poi Francesco sviluppa nell’intenzione di andare verso la Fede. “Poi per l’Italia”, aggiunge, “c’è Manzoni e penso alla grande pagina dell’Innominato che è una della pagine che più Papa Francesco ha studiato e tiene accanto a sé come monito della percezione di un incontro che anche per lui ha cambiato la vita”. “Nei suoi discorsi ci sono due elementi”, conclude, “delle citazioni dirette di questi autori e poi una letterarietà che ci fa accorgere, anche se non li cita le presenze di questi autori nei suoi discorsi. Quindi ci sono queste due piste: citazioni esplicite di poeti europei e argentini e quelle un po’ più criptiche che fanno parte del suo bagaglio culturale”.

Ascolta l’intervista integrale a Fabio Pierangeli