Cura della casa comune: nuovi stili di vita e certezze per il futuro

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Giada Aquilino – Città del Vaticano

“Opportunità”, “decisioni e scelte quotidiane”, modi diversi di “abitare la terra”: sono i termini dell’ecologia integrale e dei nuovi stili di vita che ricorrono e fanno da filo conduttore al convegno annuale dell’Istituto Universitario Salesiano di Venezia e Verona (Iusve) sul tema “Land’s End: per la cura della casa comune”. Prendendo le mosse dalla Laudato si’ di Papa Francesco, si tiene in modalità telematica fino a domani, in occasione della Giornata internazionale della Terra (Earth Day).

“La Land’s End del titolo evoca l’ultimo lembo di terra dell’Inghilterra sud-occidentale che si protende sull’Atlantico, una Finis Terrae fra le molte che costellano l’Europa”, ha spiegato nella presentazione Michele Marchetto, vice direttore Iusve che ha curato la direzione scientifica dell’evento assieme a Lorenzo Biagi. “È un limite non solo geografico, ma anche geologico e antropologico: potrebbe essere la fine della vita del pianeta e dell’uomo. Eppure – ha aggiunto – da quella Land’s End si contempla l’infinito, si immaginano mondi, si progettano viaggi, si costruisce un futuro. Ma non c’è contemplazione senza ‘cura’; non ci potrà essere futuro senza la ‘cura’ per ciò che gli esseri umani hanno in comune, la ‘casa’ come dono di cui godere insieme”.

Grido della terra e dei poveri: una piattaforma Laudato si’

“Da quello che sentiamo dalla comunità scientifica, la preoccupazione è per i cosiddetti punti di non ritorno, che riguardano l’Artico, la Groenlandia, la Barriera Corallina, l’Amazzonia e non solo. Vediamo anche nella vita quotidiana che il clima è cambiato: abbiamo uragani, siccità che incombe in primis sulla sicurezza alimentare, inondazioni, perdita della biodiversità, dunque la terra sta soffrendo”, ha evidenziato in apertura di lavori don Joshtrom Isaac Kureethadam, coordinatore del settore Ecologia e Creato del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.

Il grido della terra è anche quello dei poveri, ha ricordato don Kureethadam citando la Laudato si’ e menzionando in particolare il dramma di disagiati e bambini di strada. In tale contesto di degrado per il pianeta e i suoi abitanti, di fronte all’innalzamento della temperatura globale, “la cosa positiva è che possiamo ricominciare: spetta proprio a noi, come persone di buona volontà, ripartire e ricreare” attraverso nuovi stili di vita nel “rapporto con Dio, con gli altri e con la terra”, ha aggiunto. Il salesiano ha annunciato inoltre che, per l’ormai prossima conclusione dell’Anno speciale di anniversario dell’enciclica del 2015, il 24 maggio, sarà proposta “una piattaforma Laudato si’, un cammino di azione di 7 anni che con altrettanti obiettivi coinvolgerà famiglie, parrocchie e diocesi, scuole e università, ospedali, mondo dell’economia, organizzazioni e gruppi, ordini religiosi. L’ecologia integrale – ha anticipato – diventerà azione, diventerà progetti concreti” in un cammino “dal basso”.

Evitiamo di celebrare la “fine della terra”

Lo stato del pianeta e l’emergenza in corso per la pandemia d’altra parte ci spingono a cercare opportunità per evitare di celebrare proprio la “fine della terra”, gli ha fatto eco Michele Candotti, chief staff Undp, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, in collegamento da New York. Nell’esaminare le conseguenze e le minacce sul “lungo periodo” della crisi innescata in tutto il mondo dal Covid-19, dai pericoli per la salute alla recessione economica, dalla disillusione giovanile alla frammentazione geopolitica, Candotti ha osservato come tali situazioni di criticità si possano accumulare con l’emergenza ambientale e ha messo 

in guardia anche contro il rischio che “la perdurante inazione sulle disuguaglianze economiche e le divisioni sociali” possano ulteriormente “arrestare” l’azione contro l’inquinamento, i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, “che costituiscono minacce esistenziali per l’umanità”.

“I governi – ha osservato l’agronomo friulano – stanno ancora valutando come passare dall’emergenza Covid alla ripresa e le aziende stanno scommettendo su un mutato panorama imprenditoriale, con opportunità di investire in una crescita intelligente, pulita e inclusiva che migliori la produttività e consenta la realizzazione di produzioni sostenibili”. Eppure, ha aggiunto, una recente analisi del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) sulla spesa delle principali economie rileva che “solo il 18% della spesa pubblica per la ripresa post Covid può essere considerata ‘sostenibile’”. Ha quindi suggerito di affrontare la crisi climatica “con decisione e senza ulteriori ritardi”; di ripristinare la “centralità della cooperazione internazionale” per affrontare i rischi globali; di reindirizzare la spesa di “ripartenza” post coronavirus “per ricostruire in modo più sostenibile”, riducendo “drasticamente le emissioni di gas serra” e allineando la spesa pubblica agli obiettivi dell’Agenda 2030; di affrontare definitivamente questioni come la deforestazione, il commercio illegale e scarsamente regolamentato della fauna selvatica, l’agricoltura intensiva e le catene di approvvigionamento insostenibili delle materie prime.

Dalla sostenibilità uno sguardo sul domani

Il tema della sostenibilità al tempo del Covid è stato al centro del contributo di Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia. Dagli studi effettuati, ha riferito il sondaggista, si è notata una crescita dell’attenzione al riguardo, con politica e istituzioni che si stanno impegnando maggiormente rispetto al passato ma “è ancora poco” rispetto alle sfide sulle energie rinnovabili. Le tre forze che spingono verso la sostenibilità, ha aggiunto, sono “l’etica”, perché la propensione a rispettare l’ambiente e le altre persone induce il consumatore a “migliorare il proprio modo di relazionarsi con il mondo”; “la paura”, in quanto i cambiamenti 

climatici spaventano il consumatore e lo inducono a “cercare di limitare il proprio impatto negativo sul pianeta”; “la qualità”: cioè la percezione di innovazione ed alta qualità dei beni prodotti in modo sostenibile “spinge il consumatore verso acquisti più responsabili”. L’auspicio è stato ad un impegno alla sostenibilità che faccia sì che essa “non sia l’ennesima ‘parola magica’” dei nostri tempi ma consenta di “guardare al futuro con più ottimismo”.

Un carrello della spesa responsabile

A monitorare l’impatto della pandemia sullo spreco alimentare in Italia e nel mondo è stato Andrea Segrè, docente di Politica agraria internazionale e comparata all’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. Ricordando che “una delle ragioni per cui si spreca di più il cibo è l’imperfezione”, in relazione a prodotti che magari “non raggiungono certi standard” di misura o peso, ha evidenziato come a incidere a livello planetario sia in particolare lo spreco domestico: in Italia “vale 6 miliardi e 403 milioni di euro”. L’anno pandemico vissuto ha comunque inciso: “si spreca ancora, ma decisamente meno, visto che nel 2020 gli italiani hanno sprecato ‘solo’ 27 kg di cibo a testa, l’11,78% in meno rispetto al 2019”, ha evidenziato l’ideatore della campagna Spreco Zero riprendendo un’analisi firmata da Waste Watcher International Observatory. Segrè ha quindi invocato l’esigenza di una maggiore attenzione ad una educazione alimentare, che ci porti a “guidare responsabilmente il carrello della spesa”.

I lavori

Nel programma dei lavori, anche i temi dell’antropocentrismo e potere, con gli interventi di Michelangelo Bovero, Martin Lintner, Luigina Mortari e la lettura degli scritti della professoressa Elena Pulcini, da poco scomparsa. La giornata di domani sarà riservata ai temi della tecnologia e tecnocrazia, con gli approfondimenti tra gli altri di Mauro Mantovani, magnifico rettore dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, e padre Filippo Ivardi, missionario comboniano e direttore di Nigrizia.