COP26: i leader del mondo alla prova per “salvare” l’umanità

Vatican News

Marine Henriot, inviata a Glasgow

Il trambusto nei corridoi della 26esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici si è spento quando Antonio Guterres ha preso la parola, e gli occhi speranzosi, preoccupati o entusiasti erano puntati sugli schermi.

Il mondo deve agire ora per “salvare l’umanità” dalle conseguenze catastrofiche del riscaldamento globale, ha dichiarato in apertura il Segretario generale dell’ONU, davanti a un pubblico di leader e di migliaia di delegati e osservatori. “Basta distruggere la biodiversità. Basta ucciderci con il carbonio. Basta trattare la natura come una discarica. Basta bruciare, trivellare e scavare sempre più in profondità. Stiamo scavando le nostre tombe”, ha rimarcato con forza, denunciando la nostra “dipendenza dai combustibili fossili”.

Una opportunità che non può fallire

Stessa preoccupazione nell’intervento al vertice del primo ministro del Regno Unito, il Paese ospitante. Boris Johnson ha messo in guardia dalla rabbia “incontrollabile” che deriverebbe da un fallimento della COP26. Da parte sua, il presidente USA Joe Biden che al momento della sua elezione ha reintrodotto gli Stati Uniti nell’accordo di Parigi dal quale il suo predecessore si era tirato fuori, ha sottolineato che gli intensi sforzi necessari per combattere il cambiamento climatico rappresentano una “incredibile opportunità” per l’economia globale.

Le voci dal Sud

Uno dei temi scottanti di questa COP 26 è la promessa dei Paesi occidentali di fornire 100 miliardi di dollari in aiuti annuali ai paesi più poveri, quelli meno responsabili del riscaldamento globale ma tuttavia quelli che ne soffrono di più. Questa promessa ifatta nell’accordo di Parigi nel 2015 non è stata mantenuta, rafforzando la crisi di fiducia tra i paesi del Nord e del Sud. Tra i primi a parlare in tal senso, la premier delle Barbados Mia Mottley che ha invitato i paesi occidentali a mantenere le loro promesse. “Per coloro che hanno occhi per vedere, orecchie per ascoltare, e cuori per sentire: per sopravvivere- ha detto – abbiamo bisogno di limitare il riscaldamento a +1,5°C, 2°C sarebbe una condanna a morte per i popoli di Antigua e Barbuda, Maldive, Fiji, Kenya o Mozambico, Samoa e Barbados”. 

Questioni cruciali

Sei anni dopo la COP21, l’appello a combattere il riscaldamento globale è sempre più forte, e le ultime cifre delle Nazioni Unite sulle emissioni di gas serra non sono incoraggianti. Dopo un calo dovuto alla temporanea flessione economica della pandemia, le emissioni hanno raggiunto livelli record nel 2020. La temperatura della Terra è aumentata di 1,1°C dall’era preindustriale, raggiungendo quasi l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di un aumento di 1,5°C, massimo 2°C.

Da registrare in questa apertura di vertice a Glasgow la scarsa rappresentanza dai Paesi più vulnerabili, in particolare a causa della vaccinazione obbligatoria e del costo particolarmente elevato del viaggio e dell’alloggio.