Cop26, Francesco: oggi scegliamo se lasceremo ai giovani un pianeta sano

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Della Conferenza di Glasgow, all’inizio del suo messaggio indirizzato alla presidente della Cop26, Alok Sharma, e affidato al cardinale segretario di Stato Pietro Pietro Parolin, Papa Francesco scrive:

Siamo tutti consapevoli che essa ha l’importante compito di mostrare all’intera comunità internazionale se realmente sussiste la volontà politica di destinare con onestà, responsabilità e coraggio maggiori risorse umane, finanziarie e tecnologiche per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico così come per aiutare le popolazioni più povere e vulnerabili, che sono quelle che ne soffrono maggiormente.

Indispensabili la collaborazione e la solidarietà tra i popoli

Quella che sta di fronte ai leader mondiali è una sfida di grande portata, aggravata anche dalla pandemia che ha colpito l’umanità. E se il Covid-19, sostiene Francesco, ci ha reso consapevoli che riusciremo a uscirne solo se ci sarà una “profonda e solidale collaborazione tra tutti i popoli del mondo”, anche il contrasto al cambiamento climatico non vede alternative: richiede azioni coordinate e responsabili. Decidere queste azioni – scrive il Papa rivolgendosi ai partecipanti alla Cop26 – spetta oggi a voi perché davvero si possano assicurare “condizioni di una vita degna dell’umanità di oggi e di domani in un pianeta ‘sano’”.

Si tratta di un cambiamento d’epoca, di una sfida di civiltà per la quale vi è bisogno dell’impegno di tutti ed in particolare dei Paesi con maggiori capacità, che devono assumere un ruolo guida nel campo della finanza climatica, della decarbonizzazione del sistema economico e della vita delle persone, della promozione di un’economia circolare, del sostegno ai Paesi più vulnerabili per le attività di adattamento agli impatti del cambiamento climatico e di risposta alle perdite e ai danni derivanti da tale fenomeno.

Il doppio impegno della Santa Sede

Papa Francesco descrive, poi, il contributo al cambiamento offerto dalla Santa Sede con l’adozione dal un lato di “una strategia di riduzione a zero delle emissioni nette”, per quanto riguarda lo Stato della Città del Vaticano entro il 2050, e dall’altro si concretizza nella promozione di “un’educazione all’ecologia integrale” che favorisca nuovi comportamenti e un nuovo “modello culturale di sviluppo incentrato sulla fraternità” e sull’alleanza uomo natura. Un impegno educativo, scrive il Papa, che vede un’ampia convergenza da parte dei rappresentanti di tante fedi e tradizioni religiose, firmatari di un Appello congiunto lo scorso 4 ottobre.

Voci differenti e con diverse sensibilità. Ma ciò che si è potuto avvertire chiaramente era una forte convergenza di tutti nell’impegnarsi di fronte all’urgente necessità di avviare un cambiamento di rotta capace di passare con decisione e convinzione dalla “cultura dello scarto” prevalente nella nostra società a una “cultura della cura” della nostra casa comune e di coloro che vi abitano o vi abiteranno.

Sanare il “debito ecologico” con il Sud del mondo

Di fronte alle ferite prodotte dai cambiamenti climatici e dalla pandemia, paragonabili a quelle “derivanti da un conflitto globale, “abbiamo bisogno – afferma il Papa – di speranza e di coraggio” ma, sostiene, “l’umanità ha i mezzi per affrontare questa trasformazione” che richiede una “decisa volontà”. E il suo pensiero va alle popolazioni più vulnerabili, alla questione del “debito ecologico” maturato dai Paesi più ricchi e che, come il debito estero, blocca lo sviluppo di quelli più poveri. Una questione da sanare “limitando – suggerisce – il consumo di energia non rinnovabile, e apportando risorse ai Paesi più bisognosi per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile”.