Chiesa Cattolica – Italiana

Clima e salute: bisogna ripensare i sistemi sociali

Fausta Speranza – Città del Vaticano

“Cambiamenti climatici 2021 – Le basi fisico-scientifiche”: è questo il titolo del Rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) dell’Onu, pubblicato il 9 agosto, in vista della prossima conferenza mondiale sul clima che si terrà a novembre a Glasgow, in Scozia.  Non e’ rimasto piu’ tempo da perdere per limitare il riscaldamento globale ed evitare cambiamenti disastrosi alla vita sul nostro pianeta: è quanto ha sottolineato lo studio che rappresenta solo la prima di tre parti del Sesto Rapporto di Valutazione pronto per il prossimo anno.  

Mentre l’Ue rilancia il suo progetto di neutralità climatica entro il 2050, bisogna ripensare il legame tra sistemi naturali e sistemi sociali, in sostanza mettere seriamente in discussione i meccanismi di sviluppo, come sottolinea Giorgio Banchieri, esperto di Scienze Sociali ed Economiche, docente alle Università Sapienza e Luiss e  Segretario nazionale dell’Associazione Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria e Sociale:

Ascolta l’intervista con Giorgio Banchieri

Banchieri mette innanzitutto in luce una realtà: in questa fase epocale l’essere umano sta dilapidando le risorse del pianeta come mai prima. Ricorda che tutti i principali indicatori delle componenti del sistema climatico stanno cambiando ad una velocità mai osservata per secoli. I cambiamenti climatici riguardano ogni area della Terra e tutto il sistema climatico, ma tutto può cambiare in positivo se con un’azione globale complessiva limiteremo costantemente e in modo deciso le emissioni di Co2.  A fare la differenza – spiega l’esperto – sarà la capacità del mondo di limitare il riscaldamento globale a +1,5 C rispetto all’era preindustriale, obiettivo ideale dell’Accordo di Parigi, di dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e portarle a uno zero netto entro il 2050. La qualità dell’aria migliorerebbe – sottolinea – in pochi anni, anche se l’impatto sulla temperatura del pianeta, sarebbe visibile solo dopo molti decenni. Negli ultimi anni l’aumento delle emissioni di origine antropica associate ai principali gas serra ha portato la temperatura globale media nel decennio 2011-2020 a 1.09 gradi centigradi superiore a quella del periodo 1850-1900.  In relazione alla salute dei mari ciò significa che il livello continuera’ a salire inevitabilmente, tra 28 e 55 centimetri entro la fine del secolo. A lunghissimo termine, si alzera’ tra i due e i tre metri nei prossimi 2000 anni se il riscaldamento globale restera’ a 1,5 gradi come proposto dall’accordo di Parigi, ma potrebbe superare i 20 metri con un innalzamento di 5 gradi.

Eventi estremi senza precedenti

Banchieri ricorda che si parla di ondate di calore, siccità, nubifragi o inondazioni di portata e frequenza, anche in contemporanea, eccezionali. L’esperto richiama l’attenzione innanzitutto sull’acqua, sottolineando che tutti gli esperti concordano su alcune evidenze scientifiche:  i cambiamenti climatici hanno un diretto impatto sul ciclo dell’acqua che significa variazioni nei valori dell’umidità, nei venti, nella neve e nel ghiaccio, nelle aree costiere e negli oceani. Inoltre le variazioni del clima stanno influenzando gli andamenti delle precipitazioni: alle alte latitudini è probabile che le precipitazioni aumentino, mentre ci si attende che diminuiscano in gran parte delle regioni subtropicali. Sono attesi – aggiunge – anche cambiamenti nelle precipitazioni monsoniche, con variazioni nelle diverse aree.

Si possono fare degli esempi in particolare,  rileva Banchieri citando il fenomeno della Corrente del Golfo che collochiamo in una precisa posizione geografica ma che interessa per le sue implicazioni acque e coste fino alle sponde occidentali dell’Europa. Basta solo immaginare dunque le conseguenze di un’alterazione delle temperature, delle dinamiche ittiche, dell’inquinamento etc etc.  

Le zoonosi

Da Ebola al West Nile Virus alla Mers, l’elenco delle zoonosi, le infezioni che “saltano” dagli animali all’uomo, era già lungo prima che arrivasse il Sars-Cov2, e se non si inizierà a proteggere l’ambiente si allungherà ulteriormente negli anni a venire. Banchieri evidenzia tutto ciò ricordando che circa il 60 per cento delle infezioni umane ha un’origine animale e che di tutte le malattie infettive emergenti il 75 per cento ha fatto un salto di specie da un altro animale all’uomo. Non si può trascurare il fatto che ci sono zone – spiega Banchieri – che in qualche modo sono “intatte” ora rispetto alla presenza dell’uomo ma che potrebbero entrare in contatto in modo anche molto pericoloso. Un solo esempio: zone dell’Artide e dell’Antartide ripcoperte di ghiacci e non toccate dall’uomo che con il surriscaldamento potrebbero, sciogliendosi i ghiacci, “restituire” all’atmosfera batteri o virus congelati da milioni di anni e dunque per i quali l’uomo non ha difese immunitarie. 

E’ necessaria una nuova visione di sviluppo

Secondo Banchieri, sono evidenti alcune tendenze  che stanno spingendo verso un aumento delle zoonosi: la maggiore richiesta di proteine animali; l’aumento dell’agricoltura intensiva e non sostenibile; lo sfruttamento sempre maggiore della fauna selvatica; l’utilizzo massiccio delle risorse naturali attraverso l’urbanizzazione e l’industria estrattiva; l’aumento dei viaggi e dei trasporti; la crisi climatica. Il punto – ribadisce – è sempre quello di un approccio   che miri a conciliare la salute per le persone, gli animali e l’ambiente, quando si pianifica lo sviluppo. Banchieri concorda sulle vie di azione indicate dagli esperti dell’Onu: per contrastare il riscaldamento del clima sono necessarie riduzioni della concentrazione di CO2 e di altri gas serra di grossa entità, che vanno sostenute nel tempo fino a una totale decarbonizzazione. Sottolinea però che tutto questo deve avvenire nell’ambito di un  più generale e più profondo ripensamento dei meccanismi di sviluppo. Si deve fare una serissima riflessione – raccomanda – per certi versi in Occidente e  nei Paesi più industrializzati e, per altri versi, nei Paesi meno sviluppati.

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