Chiuso “The Last 20” in Molise, con un grido d’aiuto per l’Afghanistan

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Castelpetroso (Campobasso)

Con la salita al luogo delle apparizioni della Beata Vergine Addolorata a Castelpetroso, lungo la “Via Matris” che ripercorre i sette dolori di Maria, i giovani studenti molisani e i rappresentanti dei Paesi “Last 20” hanno concluso la tappa in Molise e Abruzzo del summit promosso da associazioni, ong e movimenti sociali, con il sostegno di diocesi e istituzioni locali. Il testimone passa ora a Milano, quarta tappa, dal 22 al 26 settembre, mentre il momento finale a Santa Maria di Leuca è stato spostato al 24 e 25 ottobre.

Proposte su climate change e ruolo politico dei “Last 20”

Dal 17 settembre giovani, esperti e rappresentanti dei Paesi si sono confrontati sui temi del cambiamento climatico e i suoi effetti sull’Africa sub-sahariana, l’assistenza sanitaria nei Paesi più poveri del mondo, la fame e l’impoverimento, l’immigrazione e l’integrazione e sul ruolo politico dei “Last 20” e il modo di far sentire la loro voce. Il frutto sarà un documento con proposte concrete da consegnare ai grandi della Terra riuniti nel G20 di Roma il 30 e 31 ottobre.

“Applicare davvero la Carta Universale dei Diritti Umani”

I giovani molisani alla Marcia della Pace nel Santuario della Madonna Addolorata – dove Papa Francesco li incontrò insieme ai loro coetanei abruzzesi il 5 luglio 2014, al termine della sua visita nella diocesi di Campobasso-Bojano – hanno intanto lanciato un messaggio con alcune idee. “Ci siamo, adesso agiamo insieme per applicare la Carta Universale dei Diritti Umani – scrivono – e per fare avere ai nostri coetanei che vivono nei Paesi “impoveriti” l’acqua potabile e risolvere il problema della siccità anche in Italia. Siamo solo lontani geograficamente ma siamo insieme”.

Jamali: i talebani toglieranno la scuola alle ragazze 

Tra i rappresentanti dei Paesi “Last 20”, ultimi per reddito pro capite, qualità della vita e assistenza sanitaria secondo i dati delle Nazioni Unite, che si sono incontrati faccia a faccia con i giovani in Molise e Abruzzo, anche Idrees Jamali, vicepresidente dell’Associazione nazionale comunità afghane. In Italia dal 2008 per sfuggire alla minaccia talebana, lavora come mediatore interculturale e operatore sociale per il Comune di Roma. Abbiamo raccolto il suo grido di dolore e la richiesta d’aiuto per il suo Paese d’origine:

Mohammed Idrees Jamali, lei ha ancora parenti e amici in Afghanistan. Come stanno ora?

Sì, la mia famiglia è ancora lì, ho fatto anche appelli sui media italiani subito dopo il 15 agosto (giorno della presa del potere dei talebani, ndr). Tutte le persone che sono rimaste lì hanno difficoltà e grandi problemi: per trovare del cibo, delle medicine. Sono costretti a rimanere lì, non sono riusciti a fuggire dall’Afghanistan, dove da un giorno all’altro la vita è cambiata totalmente. Alcuni miei conoscenti e amici, più fortunati, sono arrivati anche in Italia e in altri Paesi. Chi è rimasto lì ed è ancora vivo è fortunato. Sono riuscito a far inserire la mia famiglia nella lista di evacuazione, ma non sono potuti partire entro il 31 agosto, perché non hanno raggiunto l’aeroporto o non gli è arrivata la comunicazione via telefono o email.

Ma c’è la speranza che prima o poi possano venire in Italia?

Speriamo di sì, io sto facendo il possibile, come anche per gli altri afghani nella lista, come vicepresidente dell’Associazione nazionale comunità afghane. Chi ha lavorato con le organizzazioni internazionali, o il vecchio governo, non lavora più ed è senza soldi. In questo momento la difficoltà maggiore dei cittadini afghani è proprio la mancanza di cibo, medicine e la scuola per le ragazze. Proprio ieri il portavoce dei talebani ha annunciato che le ragazze dalla terza media in su non possono più andare a scuola. E’ una distruzione mentale delle ragazze e della società, che è fatta insieme di uomini e donne, solo così è completa.

Quindi l’aiuto che può venire dai Paesi occidentali, in questo momento, è di doppio livello: un aiuto immediato contro la fame e uno politico per fare pressione sul governo, perché non cancelli tutto quello che è stato fatto in questi 20 anni…

Sì, se mettono pressione sul governo attuale dei talebani, l’emirato islamico… ci aspettiamo dai vari Paesi, anche da quelli del G20 che chiedano ai talebani di mantenere l’istruzione per tutti, e adeguarsi alla società, che è stata costruita in vent’anni, periodo durante il quale sono state fatte tantissime cose. Ora manca tutto, tutti i confini sono bloccati, l’import-export è fermo, così aumentano i prezzi del cibo e di tutti i beni di uso quotidiano.

Incontrando qui i giovani studenti molisani e abruzzesi, come ha parlato loro del suo Paese?

Ai ragazzi di “The Last 20” ho raccontato del passato dell’Afghanistan, la sua bellezza, dagli anni ’40 agli anni ’70 del secolo scorso tanti turisti occidentali hanno visitato il nostro Paese. Ora non entra più nessuno e chi sta lì ha paura, un giorno o l’altro, di perdere la vita. Ma non potrà durare per sempre questa situazione. Aspettiamo che i giovani combattano per il loro futuro, e speriamo…

Da qui, dai giovani del Last 20, quali proposte concrete possono essere mandate ai grandi del G20 per aiutare l’Afghanistan?  

La prima cosa, la più importante ora, è far arrivare cibo e medicine, tramite le agenzie umanitarie internazionali. Ma bisogna anche riuscire a far uscire dall’Afghanistan chi ha lavorato per il vecchio governo, che i talebani vogliono eliminare. Alcuni di loro hanno già perso la vita.

Oggi l’Italia è il suo primo Paese, da 13 anni. E’ stata complicata la sua integrazione e cosa suggerisce anche per l’integrazione degli afghani che sono arrivati adesso?

Nel 2008, quando sono arrivato, non parlavo di Italiano. L’integrazione non è né difficile né facile: la prima cosa da fare è imparare la lingua italiana. La lingua è il ponte della integrazione, ti aiuta a risolvere i tuoi problemi. Questo è il mio consiglio anche agli afghani arrivati ora, per far comunicare la società e la cultura occidentale con quella orientale, l’Italia e l’Afghanistan.

Per imparare l’italiano, però, appena arrivati, devono trovare qualcuno che li aiuti a compiere i primi passi in Italia…

Sì, io appena arrivato ho fatto un po’ fatica, per questo ora abbiamo creato l’Associazione nazionale comunità afghane. Noi diamo loro tutte le indicazioni su come muoversi e dove andare, e facciamo da ponte tra le due culture, suggerendo anche dove chiedere aiuto.