Ceneri benedette all’ombra della morte

Vatican News

Sui media vaticani, uno dei racconti di Dale Recinella, ex avvocato della finanza di Wall Street che oggi, insieme alla moglie Susan, assiste i detenuti in Florida

di Dale S. Recinella

Non è ancora primavera, ma la temperatura arriva già a 27° Celsius prima di pranzo. “Sto già sudando ed è solo il Mercoledì delle Ceneri”, sospiro tra me mentre mi avvio verso la postazione delle guardie carcerarie e varco i cancelli della Prigione Statale della Florida.

Ci sono pochissimi cattolici nelle aree rurali e nei paesini situati intorno al braccio della morte e al carcere di isolamento della Florida. Ma per tutto l’anno lo Stato invia verso nord migliaia di detenuti provenienti dalle grandi città del centro e del sud della Florida, dall’est della penisola e dalla costa atlantica a ovest. Il risultato è che centinaia di detenuti cattolici della zona di Miami, Palm Beach, Orlando, Tampa, Pensacola e Jacksonville vivono all’interno delle mura di questi edifici di massima sicurezza.

Quelli confinati nelle celle di isolamento, inclusi i condannati a morte, non hanno il permesso di venire alla cappella del carcere per seguire i riti religiosi. Quindi, per poter praticare quanto previsto dalla loro fede, devono ricevere le ceneri nella loro cella.  I ministri carcerari cattolici di questa prigione dovranno recarsi davanti a ogni cella di ogni ala e offrire di porre a ogni detenuto cattolico le Ceneri benedette sulla fronte per l’osservanza della loro Quaresima.

La direzione centrale del sistema carcerario statale a Tallahassee ha emesso un promemoria che autorizza la distribuzione delle ceneri nelle carceri da parte di clero cattolico e di laici autorizzati. Il primo compito è riuscire a portare le ceneri dentro al carcere superando i minuziosi controlli di sicurezza al cancello d’ingresso.

Le ceneri benedette sono contenute in bicchieri di polistirolo col coperchio di plastica, in modo da poter essere controllate ai raggi x. Abbiamo inoltre versato Acqua Benedetta sulla cenere in ogni bicchiere in modo che aprendo e chiudendo il coperchio le Ceneri non si disperdano volando addosso al personale e ai detenuti.

Nonostante tutto questo, ci sarà sempre una guardia addetta alla sicurezza proveniente dalla zona intorno al carcere, che non ha la minima idea dell’uso a cui servono le Ceneri e del motivo per cui i Cristiani Cattolici osservino questa pratica. Di fatto, la maggior parte delle guardie e del personale frequenta le chiese rurali cristiane che non osservano la Quaresima. Basti dire che superare i controlli di sicurezza il Mercoledì delle Ceneri in un carcere di massima sicurezza nella “Cintura della Bibbia” statunitense è un evento raro.

Entro nella zona in cui devo lasciare giù tutto ciò che non è permesso. Vuoto le tasche, sfilo le scarpe e la cintura, e sistemo i bicchieri di polistirolo sul nastro trasportatore perché vengano scannerizzati ai raggi x. Appoggio anche sopra l’apparecchio una copia del pro-memoria di autorizzazione della direzione centrale e una copia del pass del cancello che mi è stato rilasciato dal direttore del carcere.

Quando i bicchieri entrano nella macchina, il nastro trasportatore si ferma di colpo.

“Cosa contengono i bicchieri di polistirolo?”, abbaia il sergente passando dalla mia parte del nastro trasportatore, dove aspetto scalzo e reggendo i pantaloni con una mano.

“Ceneri”, rispondo con nonchalance, come se mi trovassi di nuovo a Detroit nel quartiere italiano cattolico della mia gioventù. “Ceneri per il Mercoledì delle Ceneri, signore”.

“Cioè?”

“Ceneri”, ripeto indicando il segno sulla mia stessa fronte. “E’ un’usanza Cattolica, signore. Le ceneri sono autorizzate sul pass che mi è stato rilasciato al cancello”.

Presto vengo autorizzato a recarmi alla cappella dove il cappellano del carcere mi porge la lista dei nomi e i numeri di cella dei detenuti cattolici di questa prigione. “Ce n’è oltre un centinaio. Buona fortuna.”

Vent’anni fa molti degli uomini di questa prigione erano nella parte comune. Questo significava che i Cattolici potevano recarsi alla cappella per la Messa del Mercoledì delle Ceneri e ricevere la cenere sulla fronte proprio come in chiesa. Quei tempi sono finiti da tanto. Questo carcere ora è di isolamento. Tutte le quasi 1200 celle sono sempre chiuse. Non ci saranno ceneri per il Mercoledì delle Ceneri a meno che non siano le ceneri a raggiungere i detenuti nella loro cella.

L’isolamento ha le sue regole che si aggiungono a quelle generiche del carcere. Le ceneri devono essere somministrare attraverso la “feritoia del cibo”, la stretta fessura collocata nella porta di ogni cella, attraverso la quale cibo, carta igienica, vestiario, bucato, stracci, spazzoloni per il gabinetto e qualsiasi altra cosa passano tra il mondo dentro la cella e il mondo al di fuori.

Solo una guardia dell’ala può aprire la feritoia. E deve restare lì finché non viene richiusa a chiave. Con dodici ali carcerarie, ciascuna di 100 celle, oggi mi occorrerà l’aiuto di almeno una dozzina di guardie diverse.

Il sergente all’ingresso apre il chiavistello della spessa porta di metallo che dà sulla prima ala, poi sbatte le chiavi contro la grossa maniglia d’ottone. Il rumore echeggia su e giù per la tromba delle scale di quell’ala, annunciando alle guardie all’interno che c’è qualcuno “alla porta”. Quella porta non si aprirà fino a quando una guardia all’interno dell’ala non inserirà la sua chiave nella serratura dal lato opposto della porta. Quando la guardia sblocca la serratura dalla sua parte, la porta si spalanca rivelando il sergente dell’ala e due guardie che mi aspettano per salutarmi.

Quando entro nell’ala, mi trovo in una piccola area tra la scrivania di controllo e la porta d’ingresso. Per adesso non fa ancora così caldo come farà nella profondità dell’ala. Ma tra calore e umidità, il sudore mi cola, trasformando la croce disegnata dalle ceneri sulla mia fronte in un ovale umido.

“Buongiorno signore”, offro un sorriso luminoso mentre i tre militari focalizzano l’attenzione sulla macchia nerastra sulla mia fronte. So senza bisogno di chiedere che erano molto impegnati a terminare i loro incarichi del mattino quando il mio arrivo li ha interrotti. La scrivania del sergente è ricoperta da pile di appunti e di documenti che devono essere esaminati e firmati. Entro, mi identifico e annuncio il mio scopo mostrando al sergente una copia del pro-memoria di autorizzazione rilasciato da Tallahassee.

Le espressioni vuote intorno a me non sono ostili o non collaborative. Sono solo vuote. Con poche parole, riassumo lo scopo delle ceneri e il metodo di applicazione. Le guardie annuiscono. Una di esse mi viene assegnata dal sergente per scortarmi lungo i tre piani di quell’ala. Mentre saliamo verso il terzo piano, il mio accompagnatore si ferma sui gradini per chiedermi: “Senza offesa, cappellano, ma quelle sono le ceneri di che cosa?”

Mi rendo conto che sta cercando di essere rispettoso, anche se la sua voce è molto preoccupata. Posso solo immaginare cosa gli sia stato detto in questa parte del paese sui Cattolici e sulle loro pratiche.

Appare visibilmente sollevato quando gli racconto dei rami di palma usati per fare le ceneri.

Cella dopo cella, piano dopo piano, ala dopo ala, guardia dopo guardia, la feritoia del cibo viene aperta. Mi inginocchio sul suolo di cemento davanti a ogni cella mentre il detenuto all’interno si inginocchia a sua volta e preme la fronte contro l’apertura. “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo…”

Fratello dopo fratello china il capo e riceve sulla fronte il segno della croce composto da cenere benedetta. “Ricorda uomo che sei polvere e che polvere ritornerai”.

In ogni ala anche diversi detenuti non cattolici chiedono di ricevere le ceneri. Il sergente di ala annuisce. Dopo aver amministrato le ceneri, scrivo il loro nome e numero di cella e prendo nota di tutti coloro che chiedono di vedere il sacerdote per i sacramenti. Il mio blocco per appunti di follow-up sta perdendo la battaglia contro il caldo, il sudore e le macchie di cenere.

L’interruzione provocata dal mio giro alla routine quotidiana è inevitabile. L’infermiera della prigione deve distribuire le medicine. Arrivano i carrelli alimentari con il pranzo che viene distribuito dalle guardie in ogni cella. La biancheria deve essere ritirata. Le guardie dell’ala si destreggiano pazientemente tra le priorità mentre cercano di assecondare la mia missione.

Infine, è l’ultima ala. Sono passate quasi cinque ore. Mancano altre tredici celle. La mia guardia di scorta ascolta in silenzio mentre mi inginocchio e prego davanti alla cella accanto.

“Signore, non metterci di fronte alla morte improvvisa, ma dacci il tempo di pentirci”.

“Sembra una buona preghiera per tutti noi”, sospira, chiudendo la feritoia.

“Per tutti noi che siamo polvere”, sorrido. “Hai incontrato qualcuno che non lo è?”

Questa domanda può sembrare retorica fino a quando qualcosa di inaspettato come la pandemia di COVID non ci costringe a riconoscere che siamo tutti all’ombra della morte.

Il sistema carcerario statale in Florida ha circa 24.000 dipendenti e 87.000 detenuti. La prima morte nota di un agente penitenziario della Florida per COVID è avvenuta qui nella penisola della Florida, a pochi chilometri dalla nostra città. Meno noto è che anche la moglie di quel sergente è morta di COVID. Si ritiene generalmente che il virus sia tornato a casa con lui dalla prigione e li abbia uccisi entrambi.

Nell’estate del 2020, la stampa ha riferito che così tanti operatori penitenziari erano risultati positivi al COVID che molti dormivano in macchina per cercare di impedire la trasmissione del virus alla propria famiglia. E anche i detenuti che vivono all’interno delle carceri sono a rischio. Come riportato dal National Institute of Health del governo degli Stati Uniti:

Il tasso di mortalità standardizzato nella popolazione del Dipartimento penitenziario dello Stato della Florida è aumentato del 45% tra il 2019 e il 2020, causando un calo complessivo di 4 anni dell’aspettativa di vita. … All’interno della popolazione del Dipartimento penitenziario dello Stato della Florida, il calo dell’aspettativa di vita potrebbe essere attribuito esclusivamente alla mortalità per COVID-19.

La popolazione carceraria dello stato della Florida ha visto un sostanziale aumento della mortalità provocato esclusivamente dalla mortalità COVID-19, portando a un calo complessivo di 4 anni dell’aspettativa di vita.[1]

I numeri parlano chiaro. Per le persone di fede, il COVID è stato un toccante promemoria del fatto che nessuno di noi conosce il giorno o l’ora in cui Dio ci chiamerà a casa per rendere conto. Il tempo per pentirsi e tornare al Vangelo è adesso.

[1] [1] Am Journal of Preventive Medicine. 2022 Jun 62; (6); 949-952.