Cattolici e sciiti, coltivare l’amicizia per una convivenza pacifica

Vatican News

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Il bisogno di riaffermare l’urgenza del dialogo come pilastro e frutto al contempo di una crescita di sana convivenza tra i popoli è stato il cuore del confronto – organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio il 13 e 14 luglio – “Cattolici e sciiti davanti al futuro” che ha visto riunirsi a Roma diplomatici, rappresentanti di istituzioni civili e religiose internazionali, cardinali, ulema musulmani sciiti, teologi e studiosi di dialogo interreligioso. 

Riccardi: c’è acuta necessità di dialogo

Nel suo intervento, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio ha posto al centro la “acuta necessità di dialogo” nel particolare momento storico che viviamo. E ha messo in rilievo tuttavia che “non è facile trovare la strada dell’incontro per la soluzione dei conflitti, come in Ucraina, o sui problemi ambientali che ci affannano e che richiedono un consenso degli Stati che non c’è”. Reduce da un viaggio in Africa meridionale – dove le popolazioni scontano già le conseguenze assai gravi, che si aggiungono a quelle endemiche, legate alla guerra in corso in Ucraina, con l’aumento del prezzo del carburante e il peggioramento delle condizioni alimentari – Riccardi ha nuovamente sottolineato che siamo interconnessi e che però evidentemente questo dato di fatto non è stato recepito. E’ tornato inoltre a precisare che il dialogo non è cedimento della propria identità, che invece si indebolisce proprio laddove si alzano i muri e le contrapposizioni.

Il dialogo è prima di tutto amicizia

“Il dialogo, prima che una negoziazione di carattere teologico o ideologico, prima che la ricerca di un accordo, prima che una pratica accademica, è amicizia”, ha ancora affermato Andrea Riccardi in questi giorni. E ha pure detto che “il dialogo non è un’arte da ricchi, bella ma un po’ inutile”. Ciò che ci allontana è l’ignoranza, ha sostenuto, attribuendo ai media molto spesso la diffusione di false rappresentazioni di mondi, persone, comunità religiose. Ha concluso auspicando ancora una volta il bisogno di “lavorare all’unificazione spirituale” che “non è omologazione, ma fraternità nel dialogo tra diversità”. Concetti, questi, rimarcati anche da Marco Impagliazzo, presidente della Comunità, il cui contributo si è interamente ispirato alla Fratelli tutti di Francesco.” In un’epoca segnata dalla disgregazione delle reti sociali, dall’indebolimento dei soggetti statuali – ha sottolineato – da una comunicazione soggetta all’istinto e aliena dalla riflessione, sarebbe automatico chiudersi. Il magistero del Papa, invece, vive della convinzione opposta. Della consapevolezza che in un tempo di globalizzazione serve un dialogo positivo e paziente. 

Sull’importanza di costruire in primis un’amicizia parla Andrea Trentini, arabista che si occupa di dialogo interreligioso in seno alla Comunità di Sant’Egidio. “Ben vengano le proposte strutturali, ma bisogna trasferire tutto questo in un rapporto amicale”, afferma. Ciò che è davvero interessante è che novità importanti arrivino proprio dal mondo sciita, da contesti cioè tradizionalmente molto chiusi – osserva – e che invece si stanno aprendo e mostrano di voler fare passi avanti in questo senso.

Ascolta l’intervista con Andrea Trentini

Sako: bisogno di una riforma efficace nel campo educativo

“Come leader religiosi siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità sul piano religioso e umanitario, per portare un messaggio vivo in mezzo a un mondo pieno di odio”: in questi termini si è espresso il cardinale Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei. Il suo è stato un invito a “contrastare l’ideologia settaria attraverso i nostri discorsi e la formazione ed educare le nuove generazioni”, perché – ha ricordato – il Dio nel quale crediamo non ci chiede: sei musulmano sciita o sunnita? Sei un cristiano cattolico o ortodosso? La sola domanda che ci pone è: cosa hai fatto per tuo fratello? Ha inoltre riaffermato che la cittadinanza e “la convivialità sono un diritto naturale e non sono un qualche elemento secondario da tollerare” e ha in concreto incoraggiato una “riforma intellettuale efficace nel campo educativo, nelle chiese, nelle moschee e nelle scuole, per adattarsi alla vita, alle circostanze e alla cultura delle persone. In caso contrario – ha lamentato – le nostre società finiranno per dirigersi rapidamente verso un terribile destino”.

L’Imam Al-Khoei: a Najaf servizi sociali senza discriminazioni

Pragmatismo e incoraggiamento sono emersi nell’intervento dell’imam Jawad Al-Khoei, dall’Iraq. Ci ha tenuto a ribadire che “l’obiettivo del dialogo che vogliamo e cerchiamo di diffondere e radicare non è fondere le religioni in un unico contenitore né unirle in un unico credo. Al contrario – ha precisato – lo scopo del dialogo è una migliore conoscenza dell’altro tesa alla creazione di un clima propizio alla convivenza”. Ha ricordato l’incontro del pontefice con la Suprema Autorità musulmana sciita a Najaf, al Ashraf (in occasione del viaggio apostolico in Iraq, ndr), una visita – ha detto – che “ha rafforzato il dialogo e rettificato lo stereotipo errato circa la religione e l’Islam in particolare, che alcuni cercano di deturpare di proposito o per ignoranza”. Ha poi accennato a uno studio scientifico sotto forma di opuscolo di presentazione delle religioni e confessioni presenti in Iraq, come esempio concreto – è la prima volta che avviene nel mondo arabo – realizzato proprio per combattere il fanatismo, “perché l’uomo è nemico di quello che ignora”. Ciò che sta giocando un ruolo importante in questa direzione è l’impegno di istituzioni e autorità religiose di al Najaf nello “sviluppo e nell’offerta di servizi sociali a favore di tutti i ceti della popolazione irachena senza distinzione alcuna”. Cita ospedali e cliniche specializzate “con standard mondiali che nulla hanno da invidiare a simili istituzioni nei paesi sviluppati”, e che prestano servizio ben oltre le province sciite nella maggior parte dell’Iraq.

La proposta di una Commissione sciita-cattolica permanente

L’imam poi ha parlato di scuole e università e l’istituto al Ain per l’assistenza sociale, ritenuto tra i maggiori progetti umanitari patrocinati dall’autorità di al Najaf, che assiste decine di migliaia di orfani e vedove, di feriti e di malati in Iraq e all’estero. Altri progetti riguardano lo sviluppo economico e agricolo. Infine, Al-Khoei ha lanciato la proposta di una Commissione sciita-cattolica permanente “per stabilire canali di comunicazione e di coordinamento continui” organizzando incontri e percorsi creativi e razionali per superare gli ostacoli al dialogo fruttuoso.