Chiesa Cattolica – Italiana

Burundi: in fuga dalle emergenze climatiche e dalla crisi politica

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

In Burundi inondazioni e altre catastrofi naturali hanno costretto almeno 100 mila persone a fuggire dalle proprie abitazioni negli ultimi anni in Burundi. L’organizzazione non governativa Save the Children dedica a questo tema un rapporto pubblicato nei giorni scorsi. Sul Paese africano sta influendo negativamente anche la profonda crisi politica in corso dal 2015, che ha causato almeno 1.200 morti e ha costretto all’esilio circa 400 mila burundesi.

Tensioni in aumento

In Burundi il confronto armato tra gruppi ribelli e militari governativi è in preoccupante crescita. L’ultimo episodio è avvenuto due giorni fa nella capitale Gitega. Tre persone hanno perso la vita e altre decine sono rimaste ferite in seguito all’esplosione di una granata in un bar. Il locale era gestito da un funzionario di polizia e nel momento dell’attentato era affollato da molti ufficiali e membri del partito al governo. La deflagrazione è avvenuta il giorno dopo una serie di colpi di mortaio sparati all’aeroporto di Bujumbura in un attacco rivendicato da un movimento ribelle, alla vigilia della partenza del presidente Evariste Ndayishimiye per New York, in occasione dell’Assemblea generale dell’Onu. Secondo l’africanista Enrico Casale, della rivista ‘Africa’, clima e crisi politica stanno impoverendo la società burundese, dato che sono soprattutto i giovani a lasciare il Paese.

Ascolta l’intervista a Enrico Casale

Enrico Casale, il recente rapporto di Save the Children sul Burundi indica innanzitutto che le conseguenze dei cambiamenti climatici stanno colpendo Paesi già in difficoltà…

Il problema si presenta soprattutto nell’Africa orientale. L’accelerazione di questi processi di cambiamento del clima, in generale, causa grandi siccità che si alternano a grandi inondazioni. Non è che questi fenomeni non ci fossero in passato; in passato c’erano eccome, basta ricordare le carestie degli anni ’50, ‘60 e ‘70 in Etiopia, ma anche in Somalia, solo che questa frequenza aumenta e le forme di resilienza, elaborate dalle popolazioni locali, non sono più in grado di rallentare, fermare o comunque reagire a questi processi e quindi si creano dei disagi enormi. Per questo intere popolazioni sono costrette a fuggire dalle proprie regioni.

La gravità del fenomeno è testimoniata proprio da questo. Per quanto riguarda il Burundi si parla di 100.000 persone che hanno lasciato il Paese negli ultimi anni, quindi sta avvenendo un cambiamento sociale, ma anche un impoverimento della popolazione?

Questo è certo ed è un fenomeno che non riguarda solo il Burundi. Penso in particolar modo alla Somalia, Paese già travagliato da 30 e più anni di guerra civile, che è costretto a subire questi fenomeni di inondazioni, di siccità, che portano non solo alla fuga della popolazione, ma anche proprio all’impoverimento dell’economia con la morte degli animali, il deterioramento dei terreni, che non sono più produttivi come una volta, il prosciugamento delle fonti d’acqua con le risorse idriche sempre più rare e preziose. Quindi, in un circolo vizioso, questo fenomeno porta ad altri conflitti: per l’acqua, per il cibo e soprattutto alla dipendenza dalle grandi organizzazioni internazionali.

Sono soprattutto i giovani a lasciare i propri Paesi. Questo vuol dire guardare al futuro con sempre minor ottimismo?

Sì, a scappare sono i più giovani, perché sono quelli che hanno più forza per riuscire a superare grandi tratti di deserto, poi il mare, per tentare di arrivare in Europa, oppure per attraversare grandi zone per arrivare in altri Paesi dell’Africa. E’ chiaro che questo è un impoverimento dal punto di vista sociale, perché il futuro è legato ai giovani, non solo, ma rappresenta anche un un impoverimento delle possibilità di recuperare questa situazione, perché i giovani che hanno studiato, con maggiori competenze, unite all’esperienza degli anziani, potrebbero favorire la ripresa di questi Paesi e garantire un futuro migliore per essi. Ma tutto questo, se non si interviene a livello internazionale, difficilmente potrà essere risolto a livello locale, perché è un fenomeno che riguarda l’intero continente e addirittura l’intero pianeta.

In particolare, in Burundi, c’è anche una profonda crisi politica che, anch’essa, sta provocando la fuga di tanti suoi cittadini…

Il Burundi è un Paese molto complicato dal punto di vista politico. Ha conosciuto forti tensioni dal punto di vista etnico, che poi sono state placate dal lungo periodo di presidenza di Pierre Nkurunziza, e adesso c’è una nuova difficoltà nella classe politica e nella struttura sociale che stanno portando instabilità al Paese. Chiaramente, quando ci sono momenti di instabilità, la popolazione, soprattutto se in concomitanza si accendono dei conflitti, fugge nei Paesi vicini; in particolare, per quanto riguarda il Burundi, la Repubblica Democratica del Congo, Tanzania e a volte anche il Ruanda.

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