Azione Cattolica, il neo presidente Notarstefano: al servizio del cammino sinodale

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Fabio Colagrande – Città del Vaticano

“Gratuità, umiltà e mitezza” sono le tre caratteristiche che deve avere l’opera dell’Azione Cattolica Italiana, secondo Papa Francesco. Il Pontefice lo ha ricordato lo scorso 30 aprile ricevendo in udienza i membri del Consiglio nazionale dell’AC, impegnati in quei giorni nella loro XVII Assemblea nazionale. In quell’occasione il Papa descrisse l’azione dell’associazione di laici cattolici, nata in Italia a fine ‘800, come “fedele, generosa e responsabile” e invitò i soci a restare “fedeli alla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo”. In questo spirito interpreta il suo nuovo mandato Giuseppe Notarstefano, recentemente eletto nuovo presidente nazionale per il triennio 2021-2024. Siciliano, cinquantunenne, marito e padre, Notarstefano è ricercatore di Statistica economica e insegna all’Università Lumsa di Palermo. Il nuovo presidente vanta un’esperienza pluridecennale nell’associazione ed è stato scelto dal Consiglio permanente della Conferenza Episcopale italiana, al termine dell’Assemblea generale. Ai microfoni di Radio Vaticana racconta come vede oggi il compito dell’Azione Cattolica nel contesto ecclesiale e sociale italiano:

L’intervista a Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana

L’Azione Cattolica è anche oggi anzitutto un’associazione di laici che, com’è nella sua tradizione, ha la missione di mettere in primo piano, nella comunità cristiana, la vita concreta delle persone. Lavoriamo insieme, costruendo percorsi di “fraternità e di amicizia sociale”, per usare delle espressioni care al magistero di Francesco. Sentiamo il compito di costruire legami di amicizia che poi siano un bene per tutti, quindi per la Chiesa ma anche per la vita delle persone.

Papa Francesco, nell’udienza del 30 aprile scorso, vi ha messo in guardia dal rischio del funzionalismo, invitandovi a “restare docili allo Spirito”. Come vivete questo monito?

È un’esortazione davvero straordinaria, perché è vero che alle volte la dimensione organizzativa ci coinvolge forse in un modo un po’ eccessivo. Il rischio di limitarsi solo agli aspetti dell’efficienza c’è sempre ed è davvero un atteggiamento da evitare perché va a scapito dell’entusiasmo e della passione. Ma per fortuna, nell’Azione Cattolica, queste non mancano. L’ho potuto verificare proprio in questi giorni in cui sono stato travolto da questa passione e da questo desiderio di mettersi al servizio. Ma soprattutto direi che noi ci difendiamo dal rischio del funzionalismo cercando di curare i legami, le relazioni umane. L’abbiamo visto anche in questo tempo di pandemia: tante cose sono state rimesse in discussione, tante cose sono state impedite dal distanziamento fisico, ma le cose più importanti sono rimaste. Sono rimaste la cura dei legami, la capacità di tutelare ciò che di più importante le persone riconoscono nell’Associazione: il desiderio di stare insieme per coltivare la capacità di approfondire ogni aspetto della vita in una logica di amicizia.

Francesco vi ha anche chiesto, come Azione Cattolica, di mettervi in ascolto della “sofferenza sociale ed economica, generata dalla pandemia”. Come intendete farlo?

Lo faremo attingendo un po’ all’esperienza di questi mesi. Nei giorni faticosi, sia quelli del lockdown sia quelli successivi che hanno rivelato tante situazioni di sofferenza, abbiamo visto infatti un’associazione che si è messa subito al servizio, in modi diversi, spesso fantasiosi. C’è chi lo ha fatto aiutando i giovani a recuperare la possibilità di fare scuola a distanza, regalando dei tablet oppure organizzando corsi di dopo-scuola nei mesi estivi per chi era rimasto indietro. C’è chi si è fatto prossimo alle famiglie e agli anziani per assistere, portare la spesa, fare delle commissioni. L’Azione Cattolica ha saputo dare subito una risposta, dimostrandosi pronta. È chiaro che ora tutto questo ha rivelato un grande bisogno di rigenerare la vita associativa a partire da questa capacità di ascolto, di prossimità alle marginalità. Per noi queste sfide sono preziose perché ci permettono di ripensare e di allargare il perimetro della vita associativa. Vogliamo veramente fare associazione con tutti e metterci in ascolto di tutti e credo che questa pandemia ci abbia illuminato davvero dei percorsi nuovi che spero saremo in grado di intraprendere con grande coraggio e determinazione.

Come guardate come Azione Cattolica al cammino sinodale italiano annunciato dalla Conferenza Episcopale e sollecitato dallo stesso Francesco?

Lo consideriamo una prospettiva davvero bella e significativa. Il Papa ne parla da tempo e anche durante la recente udienza che ha avuto con noi ci ha riconosciuto che come Azione Cattolica siamo una vera palestra di sinodalità e con grande gioia abbia accolto questo riconoscimento che ci ha anche molto responsabilizzato. Abbiamo capito che sinodalità è anche mettersi in ascolto: ascolto tra le diverse generazioni, tra le diverse situazioni sociali e condizioni di vita, tra le diverse aree del Paese. In questo senso credo che l’Azione Cattolica possa mettersi al servizio delle Chiese che sono in Italia, nelle diverse diocesi, e della Chiesa italiana tutta, proprio offrendo questa capacità di ascolto e diventando un luogo dove matura la capacità di ascolto delle persone e dove il “camminare insieme” è costruito nel dialogo e nelle alleanze. In questi anni, infatti, abbiamo sperimentato tante bellissime esperienze di amicizia con diverse associazioni ecclesiali e non ecclesiali e vogliamo quindi mettere anche questo nel contributo che l’associazione può dare al percorso sinodale. Ci mettiamo quindi al servizio di un cammino che deve iniziare soprattutto con una grande fiducia nei confronti dello Spirito che ci guida e sicuramente è davanti a noi.