Autismo: servono percorsi di inclusione

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Il Tavolo sull’Autismo dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute rilancia “il grido inascoltato delle famiglie che denuncia la carenza, in molte aree del nostro Paese, di professionalità e di opportunità per la diagnosi e l’intervento precoce e la costante violazione del diritto ad avere pari opportunità educativa e di sviluppo professionale”. In occasione della “Giornata Mondiale della consapevolezza dell’autismo” del 2 aprile, gli esperti del Tavolo nato nel 2019 ricordano l’urgenza di “promuovere percorsi di inclusione sociale basati sulle specifiche competenze/abilità di ogni studente e finalizzati alla socializzazione, all’inserimento lavorativo permanente o all’avvio di esperienze per la creazione d’impresa, microimpresa o autoimpiego”.
“Le difficoltà associate all’autismo possono rendere davvero difficile, per la persona che ne soffre, trovare e mantenere un lavoro”, spiegano gli esperti evidenziando invece che “con il supporto adeguato di personale tecnico appositamente formato rivolto ai familiari, ai colleghi, ai datori di lavoro le persone con autismo possono avere molto da offrire”.
In Italia sono ancora troppo poche le strutture in grado di rispondere al bisogno di diagnosi e terapia sancito dai Livelli essenziali di assistenza (LEA). In questo panorama, spicca l’impegno delle 52 sedi operative dei 14 enti del Terzo settore di ispirazione cristiana che seguono oltre 28 mila persone con autismo, di cui la metà di età inferiore agli 11 anni. Gli enti, presenti su tutto il territorio nazionale, offrono principalmente un servizio di tipo ambulatoriale, ma anche di Day hospital, di ricovero e semi-residenziale. Ben il 62% delle strutture si occupa di diagnosi, anche se solo una minima parte lo fa con un adeguato riconoscimento da parte del Servizio Sanitario Nazionale. In tempo di pandemia i centri censiti si sono attivati immediatamente per rispondere ai bisogni delle persone assistite, delle loro famiglie e degli operatori, avviando percorsi formativi per il personale, riorganizzando gli ambienti per favorire il distanziamento sociale, avviando servizi di supporto da remoto attraverso piattaforme dedicate. Il tutto senza perdere di vista la centralità della persona umana, nelle sue più diverse componenti, e la sua accoglienza globale nel rispetto di potenzialità e limiti di ciascuno.