Amoris laetitia, Gambino: sposi e pastori corresponsabili nell’evangelizzare

Vatican News

Debora Donnini – Città del Vaticano

Quattro giorni ricchi di relazioni, dialogo e testimonianze sulla missione delle famiglie e la formazione. Il webinar con oltre 350 delegati di pastorale familiare, organizzato dal Dicastero per i Laici la Famiglia e la Vita, si era aperto mercoledì scorso con il videomessaggio di Papa Francesco e oggi si chiude con le conclusioni del cardinale Kevin Farrell, prefetto dello stesso Dicastero, che aveva anche introdotto l’incontro nella prima giornata. L’iniziativa, che si inserisce nell’ambito dell’Anno “Famiglia Amoris Laetitia”, ha come titolo: “A che punto siamo con Amoris Laetitia? Strategie per l’applicazione pastorale dell’Esortazione di Papa Francesco”. Nell’intervista il sottosegretario del Dicastero, Gabriella Gambino, racconta l’importanza delle testimonianze di progetti realizzati dalle famiglie stesse:

Ascolta l’intervista a Gabriella Gambino

Il Forum è suddiviso in sette sezioni, ciascuna delle quali articolata con una relazione principale su un tema fondamentale di Amoris laetitia per porre quelli che potrebbero essere i criteri pastorali di fondo per sviluppare quella tematica, per esempio la formazione degli accompagnatori, una preparazione alla vita matrimoniale… Poi, in ogni sezione, ci sono due testimonianze con esperienze pastorali consolidate in campo internazionale, che si potrebbero riprodurre in qualsiasi parte del mondo, ovviamente se applicate con flessibilità ed elasticità, in modo da adattarle alle esigenze culturali di ogni area geografica. Queste testimonianze in fondo erano ciò che tutti aspettavano: sono stati i progetti pastorali realizzati dai laici, dalle famiglie, e in essi la bellezza è che si esprime tutta l’identità battesimale e sponsale delle famiglie, mostrandoci davvero come si può declinare la creatività pastorale di cui parla Papa Francesco. Ad esempio, molto interessante il progetto dell’accademia per matrimonio e famiglia, partito dalla Germania, che ora lavora in 10 Paesi europei e in Brasile con un percorso di catecumenato al matrimonio che dura 2 anni oppure sono state molto belle le esperienze per accompagnare i genitori nella grande sfida dell’educazione dei figli. Escuela de Familias, per esempio, dell’arcidiocesi di Toledo è un progetto che è stato concepito come un modo per avvicinarsi alle famiglie lontane dalla Chiesa o in difficoltà, per far loro scoprire che la Chiesa è madre e può accompagnarle in questa grande sfida dell’educazione.

Centrale nel videomessaggio che il Papa ha indirizzato al Forum i richiami a affiancare ai pastori, nella pastorale familiare, famiglie con figli, quali “soggetti attivi di evangelizzazione” e aiutare le famiglie a diventare consapevoli del grande dono che hanno ricevuto nel Sacramento, da cui nasce il desiderio di condividerlo con altre famiglie. A che punto siamo con la ricezione di queste due importanti inviti del Papa?

Il punto centrale del cambiamento pastorale necessario per evangelizzare oggi le famiglie è proprio vivere la corresponsabilità tra sposi e pastori. Il Papa, per esempio, nel suo videomessaggio ha usato la metafora molto bella della trama e dell’ordito: sposi cristiani e presbiteri chiamati insieme a tessere la Chiesa. La formazione degli sposi cristiani, da un lato, è un ambito sul quale dobbiamo investire l’energia della pastorale familiare perché la mancanza di formazione si traduce in una mancanza di consapevolezza, proprio delle famiglie, della loro missione ecclesiale: le famiglie hanno una missione inscritta nel Sacramento del matrimonio. E anche si traduce poi in un numero ridotto di famiglie disponibili a collaborare con la parrocchia o con la comunità alla missione di accompagnare altre famiglie. Dall’altra parte però c’è anche il problema della formazione dei pastori nei seminari e il loro continuo aggiornamento per essere all’altezza delle sfide che le famiglie oggi pongono alla Chiesa: è importante ribadire che le famiglie cristiane hanno una soggettività pastorale scritta nel Battesimo, nel Sacramento del matrimonio, che le legittima a prendere l’iniziativa, per esempio nelle case per evangelizzare, avviare camini di accompagnamento di altre famiglie. E anche se non ci sono sacerdoti disponibili, perché ci sono alcune zone del mondo dove la disponibilità dei sacerdoti è poca proprio per una grandezza delle aree geografiche di alcune diocesi. Questo aspetto è molto importante: ribadire che i laici nella Chiesa sono chiamati ad occuparsi della formazione degli altri laici, possono prendere l’iniziativa per avviare progetti pastorali concreti, superando anche quello status quo che il Santo Padre in tutti i modi ci sta chiedendo di abbandonare per risvegliare proprio il protagonismo dei laici.

Nel suo intervento lei ha sottolineato da una parte l’importanza di un “Catecumenato al matrimonio”, indicato più volte dal Papa. Un itinerario ispirato al catecumenato battesimale, che permetta ai fidanzati di vivere più consapevolmente il sacramento del matrimonio. Dall’altra, ha evidenziato la centralità di formazione per chi accompagna. Concretamente come attuare sempre più queste due indicazioni?

Come Dicastero abbiamo proposto il modello di percorso catecumenale alla vita matrimoniale, che soprattutto per le nuove generazioni parta da una preparazione remota, fin dall’infanzia, dall’adolescenza, incentrato sul discernimento vocazionale e una riscoperta della fede a partire dal Battesimo con una testimonianza esplicita, anche da parte di giovani coppie, ai fidanzati. I fidanzati devono essere accompagnati in un percorso graduale che dia loro il tempo di un vero discernimento, che li conducano ad un’autentica consapevolezza e libertà al rito del matrimonio. Ad esempio, sotto questo profilo, è interessante l’esperienza di Witness to Love, un movimento familiare che oggi lavora con 80 diocesi in tutto il mondo attraverso l’amicizia testimoniata dalle coppie formatrici alle coppie più giovani, accompagnandole nella preparazione al matrimonio. Chiaramente le coppie che accompagnano devono essere esse stesse preparate, solide, per esempio, nella loro relazione coniugale in modo tale da porsi non come dei fari che insegnano dall’alto ai giovani fidanzati, ma come delle fiaccole – è stata usata questa bella metafora nell’ambito di una testimonianza –  che accompagnano da vicino i giovani fidanzati e camminano con loro.

Nelle società occidentali sono in aumento i divorzi o si preferisce non sposarsi. Come aiutare il mondo di oggi a riscoprire la ricchezza del sacramento del matrimonio con il dono dei figli?

Credo che la crisi del matrimonio affondi le sue radici nella mancanza di speranza e di fiducia nel futuro da parte delle giovani generazioni. Siamo circondati anche da una cultura individualista che indebolisce i legami familiari e i giovani fanno fatica a comprendere la differenza tra matrimonio e convivenza, spesso lo mettono sullo stesso piano e non riescono a cogliere il significato proprio del Sacramento nuziale. Questo certamente richiede alla Chiesa uno sforzo rinnovato: dobbiamo offrire ai giovani una narrazione, una testimonianza della bellezza del matrimonio come vocazione, facendoci aiutare proprio dalla testimonianza di sposi e fidanzati cristiani. Sono loro l’incarnazione vivente di un amore possibile, di un amore davvero cristiano, e i giovani oggi non hanno bisogno di teorie ma di esempi concreti che mostrino loro che la vita costruita sul “per sempre” è davvero possibile. In questo modo, se i giovani riescono ad avere fiducia nel Sacramento del matrimonio, se riescono a scoprire la presenza di Cristo nella loro vita quotidiana, dentro la loro relazione – perché Cristo abita la relazione tra gli sposi – si aprono anche alla vita e imparano ad accogliere tutto ciò che il Signore donerà loro.

Lei come madre di cinque figli e lavoratrice conosce le difficoltà delle madri nel conciliare famiglia e lavoro. Sostenerle concretamente, nei problemi di tutti i giorni, è un aspetto importante per sostenere anche il matrimonio stesso?

È molto importante: la società e la Chiesa dovrebbero imparare a comprendere più a fondo che le dimensioni della femminilità e della maternità sono entrambe costitutive della donna e che vanno valorizzate entrambe, in tutti gli aspetti, per consentire il pieno sviluppo della donna. Nel mondo occidentale, per esempio, il femminile sta perdendo il suo portato simbolico in relazione alla maternità. Sostenere il matrimonio, ma anche rispettare concretamente i vincoli e le relazioni che ne nascono, consente di andare incontro alle necessità della maternità e non solo, anche della paternità e del matrimonio come fondamento della famiglia. Credo che uno dei maggiori problemi oggi non sia non solo la mancanza di sostegno concreto, ma anche il fatto di pensare la donna come un individuo autoreferenziale, senza tenere in adeguata considerazione la dimensione relazionale del suo essere donna, sposa e madre. Per questo, per esempio, penso a quanto potrebbe essere utile per le donne che lavorano, che la Chiesa, la comunità, la parrocchia possano anche trasformarsi in un luogo dove le famiglie, a partire dall’amicizia, si aiutano a vicenda, organizzando servizi pastorali a cui si possano appoggiare, a cui portare i bambini, sapendo di poter far trascorrere loro del tempo libero in un contesto educativo cristiano. Questo è un aspetto molto pratico, che si potrebbe sviluppare maggiormente per sostenere, da un lato, il discorso della maternità e, dall’altro, la fiducia nella possibilità di realizzare una vita coniugale e familiare davvero cristiana.