Allarme della Caritas: ancora troppi gli esclusi dal vaccino

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Fabio Colagrande – Città del Vaticano

Secondo la Società italiana di medicina delle migrazioni, sono centinaia di migliaia le persone che, trovandosi nell’ambito della “fragilità sociale”, rischiano di essere escluse dalla vaccinazione anti Covid-19 se non si attivano delle iniziative e dei percorsi adeguati. Eppure, secondo il Piano Nazionale di vaccinazione e i documenti dell’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, dovrebbero essere vaccinate tutte le persone presenti sul territorio italiano, con o senza permesso di soggiorno. Di questo allarme, ha parlato ai microfoni di Radio Vaticana il dott. Salvatore Geraci, responsabile dell’Area Sanitaria della Caritas diocesana di Roma.

L’intervista a Salvatore Geraci, responsabile dell’area sanitaria della Caritas diocesana di Roma

Ci sono dei gruppi di popolazione che in questo momento sono ancora esclusi dal vaccino pur essendo delle categorie a rischio sia per esposizione, sia per età o patologia. Si tratta di persone escluse non per motivi ideologici, ma prettamente amministrativi, per problemi proprio di accesso amministrativo al vaccino. Si tratta di numeri significativi a livello nazionale: noi abbiamo calcolato che sono diverse centinaia di migliaia. Tra questi ci sono, ad esempio, gli immigrati che non hanno la tessera sanitaria, perché sono presenti sul territorio italiano senza permesso di soggiorno oppure perché sono arrivati da poco o perché hanno richiesto la regolarizzazione e sono in attesa di perfezionare i documenti. Ma appartengono a questo gruppo anche le persone, italiane e straniere, “senza dimora” che vivono per strada e ovviamente non vanno in giro con una tessera o un documento validi. Ecco, queste persone sono la parte più fragile della nostra società e siccome un piano di vaccinazione ha senso solo se una fascia ampissima di persone si può vaccinare, bisogna intervenire nei loro confronti.

Voi chiedete l’introduzione di una flessibilità amministrativa che permetta di vaccinare le persone in condizioni di fragilità come i migranti…

Assolutamente sì. In questo momento, com’è esperienza di tutti, per vaccinarsi dobbiamo registrarsi sui portali regionali e per farlo serve il codice fiscale e la tessera sanitaria. Per chi questi documenti non ce l’ha dobbiamo pensare a qualche altro passaggio amministrativo che possa permettere loro di prenotarsi e vaccinarsi. In realtà noi in Italia abbiamo già degli strumenti perché gli immigrati senza permesso di soggiorno, ad esempio, sono tutelati dal punto di vista sanitario attraverso dei codici particolari: il codice STP per gli stranieri e quello ENI per i cittadini comunitari, quest’ultimo però, purtroppo, non è un codice riconosciuto da tutte le Regioni. Ecco, permettendo la possibilità di registrarsi con questi due codici, o anche solo col codice fiscale temporaneo per i cosiddetti “regolarizzandi”, già decine di migliaia di persone, in maniera ordinaria, potrebbero entrare nel sistema di vaccinazione. Rimarrebbero fuori le persone più escluse e a quel punto le ASL dovrebbero essere attivate, insieme magari all’associazionismo, per andare a raggiungere queste sacche di popolazione e quindi provvedere alla vaccinazione.

Papa Francesco ha ricordato più volte come la pandemia abbia messo a nudo le disuguaglianze sociali: da questo punto di vista qual è stata l’esperienza dei centri sanitari della Caritas di Roma?

L’esperienza più drammatica è stata naturalmente quella durante il lock down, nel periodo in cui tutti dovevamo stare a casa. Noi che abbiamo un ambulatorio presso la Stazione Termini, quindi al centro di Roma, siamo rimasti aperti perché sapevamo che alcune persone a casa non potevano rimanere per il semplice fatto che la casa non ce l’avevano e la loro casa era la strada. Abbiamo quindi intercettato una popolazione “invisibile”, che è sempre invisibile, anche nei periodi più ordinari. Si tratta di persone completamente escluse dai percorsi sanitari o di solidarietà. Questo ci ha interrogato su come il nostro servizio sanitario nazionale debba avere quella flessibilità, elasticità e quell’attenzione che permettono di poter andare a intercettare questo tipo di popolazione.  Il sistema ha retto abbastanza, però con grande fatica.

C’è stata la diffusione di fake news relative ai migranti in questi lunghi mesi di pandemia?

 Sì, abbiamo assistito a diffondersi di molte notizie false. Da quella che gli immigrati fossero persone assolutamente immuni al virus a quella che li ha trasformati in untori o a quella secondo cui tutti gli immigrati non vogliono accedere al vaccino, e così via. Da sempre i migranti sono bersaglio delle nostre fake news. Devo dire però che questo genere di notizie false girano anche all’interno del mondo degli immigrati e queste sono quelle che mi preoccupano di più.  Noi stiamo infatti lavorando molto perché il vaccino sia realmente accessibile a tutti ma non ci stiamo preoccupando degli aspetti culturali, cioè delle informazioni che dobbiamo dare agli immigrati per poter garantire loro la vaccinazione consapevole. All’interno di alcuni gruppi di immigrati stanno infatti girando delle fake news contro il vaccino e questo è veramente una situazione critica.