Chiesa Cattolica – Italiana

Al via il Forum economico di Davos: al centro pandemia e crisi

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

Sarà sicuramente la pandemia di coronavirus con le sue conseguenze a tenere banco quest’anno al World Economic Forum di Davos. La cittadina elvetica però in questa edizione non ospiterà alcun partecipante. Le norme di sicurezza anti-Covid impongono un dibattito a distanza, ma non per questo meno atteso e importante. I grandi del mondo sono chiamati a fornire risposte concrete sui temi caldi del momento, come la diffusione equa dei vaccini, il contenimento della pandemia di fronte allo sviluppo dei nuovi ceppi del virus e il modo in cui fronteggiare la crisi economica globale.

Davos e Ryad in ascolto reciproco

Il giorno dopo l’inizio del Forum di Davos a Ryad parte un altro importante vertice, la quarta edizione del Fund Investment Initiative, il cosiddetto “Davos del deserto”. Nell’edizione 2017, la prima, nella capitale del regno Saudita si erano dati appuntamento 3800 manager, imprenditori ed esponenti della finanza di 90 Paesi, che discussero sugli sviluppi economici non basati solo sul petrolio. Secondo l’economista Riccardo Moro, è importante che i grandi del mondo, più che pensare a costituire un governo globale gestito da pochi, pensino ad una condivisione delle responsabilità soprattutto di fronte alla grande sfida della pandemia.

Ascolta l’intervista a Riccardo Moro

R. – Davos è un forum in cui si ascoltano voci diverse. Ovviamente non si prendono decisioni normalmente rappresenta le voci di quei Paesi che hanno più potere nel mondo. Non è visto con simpatia da quella parte del mondo che fa più fatica di fronte alle crisi, perché normalmente non vi accede facilmente. Comunque è un luogo in cui si concorre a costruire delle sensibilità o delle prospettive. E’ molto difficile dire se ci saranno risultati concreti. Credo che questo forum, e altri passi che avverranno nei prossimi mesi, porteranno verso una sorta di ridisegno degli equilibri internazionali.

Al centro sicuramente ci sarà la pandemia con le sue conseguenze…

R. – Forse in realtà esistono le opportunità per creare delle convergenze maggiori. Ci si augura che una delle questioni più importanti, cioè il rendere i vaccini un “global public good”, cioè un bene pubblico globale, al quale si accede per diritto e non per reddito, possa crescere. Noi sappiamo benissimo che in questo momento coloro che si possono permettere il vaccino sono i cittadini dei Paesi più ricchi, perché lo possono comprare. Lasciando fare al mercato, abbiamo ottenuto che molte imprese siano state in competizione. Allora abbiamo cercato una produzione efficiente con dei costi di più possibile concorrenziali, ma rimane il fatto che le risorse pubbliche dei Paesi più ricchi riescono a comperare le dosi, mentre le risorse pubbliche dei Paesi più poveri fanno più fatica. Infatti oggi abbiamo le vaccinazioni nei Paesi più sviluppati e non nel sud del mondo. Mi auguro che di questo problema si discuta nel forum virtuale di Davos e che ci sia uno sforzo dei Paesi più ricchi per mettere in comune risorse, affinché questo si acceda al vaccino per diritto e non per reddito o per pil.

In contemporanea con Davos si tiene il cosiddetto “Davos del deserto”. Sarà un modo per dialogare a distanza tra realtà diverse, ma ugualmente importanti?

R. – E’ possibile. Anche in questo caso è difficile fare previsioni, ma credo che possa essere un’opportunità per aprire maggiormente il livello del dialogo anche tra forum diversi e aree geografiche e geopolitiche diverse.

Si svolgono anche altre assise, come quella del Civil-20. Qual è il messaggio che può venire da quest’altro vertice?

R. – Il Civil-20 è l’incontro di tutte le reti e le società civili del mondo che dialogano con il processo del G20. Si riunisce per tre giorni in modalità virtuale con una partecipazione di oltre 400 iscritti di organizzazioni di tutto il pianeta con una domanda abbastanza esigente che invita i 20 Paesi di punta a non costituirsi come una sorta di governo del mondo, quanto a irrobustire i processi multilaterali che già esistono. per cui sulle questioni come la pandemia, mettendo a disposizione le risorse e sostenendo l’Organizzazione mondiale della salute, dall’altro lato un’attenzione alle questioni climatiche, irrobustendo l’implementazione degli accordi di Parigi; sicuramente con un’attenzione e una responsabilità sul modo con cui i 20 partecipano all’agenda 2030 e primo aspetto, anche se raccontato per ultimo, un impegno finanziario adeguato in particolare sulla questione del debito. Oggi con la crisi del Covid-19 molti Paesi del sud hanno dovuto sostenere spese necessarie indebitandosi e aumentando così il loro debito. E’ necessario che i 20 Paesi, che sono tra i più importanti, si facciano promotori di un’iniziativa non solo di sospensione, ma di vera e propria cancellazione.

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