Afghanistan, la voce delle donne e la solidarietà internazionale

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

“Ogni donna in Afghanistan si chiede cosa ne sarà del suo futuro e della sua vita: questo non poteva e non può lasciarci indifferenti”. A parlare così sono i promotori dell’iniziativa EoF global march “Le donne afghane esistono. Together we stand!” lanciata da Economy of Francesco, movimento internazionale di giovani economisti ed imprenditori. E nel giro di pochissimi giorni sono state oltre 30 le città, in Italia e nel mondo, che sabato 28 agosto scorso, hanno aderito all’invito a manifestare in qualche modo solidarietà con le donne di un Paese ripiombato nella paura.

Un abbraccio globale 

Milano, Saronno, Trapani, Benevento, Assisi, Roma, Arezzo, Parma, Perugia, Trento, Ancona, Río Grande del Sur, Córdoba, Ciudad de Guatemala, Buenos Aires, alcune delle città nelle cui piazze i giovani si sono ritrovati insieme a cittadini, movimenti e associazioni, in una sorta di abbraccio globale che testimoniasse vicinanza. Sit-in, presidi, e iniziative social sono state organizzate anche in Madagascar e nelle Filippine nonostante le difficili condizioni dettate dall’emergenza Covid. Segno simbolico distintivo dell’evento il colore blu di un nastro, un foulard, un pezzo di stoffa, dei vestiti dei partecipanti, in richiamo al colore del burqa che vorrebbe nascondere i corpi e quindi l’esistenza delle donne afghane. “Se anche solo una donna afghana riuscirà a sapere che in Italia e nel mondo, ci sono altre persone, altre donne, che manifestano per loro, non si sentiranno sole”, affermano i giovani di Economy of Francesco pronti a rinnovare gli appuntamenti di solidarietà nel mondo.

Il dolore delle donne afghane

Nel corso delle manifestazioni, poesie e testimonianze dirette e dolorose hanno denunciato la situazione e i rischi che corrono oggi le donne afghane, costrette di nuovo, dopo 20 anni, al silenzio e alla sottomissione. Testimonianze come quella di Sahraa Karimi, regista e documentarista afghana, che in una lettera aperta scrive: “A tutte le comunità del mondo. Vi scrivo con il cuore spezzato e la speranza che possiate unirvi a me nel proteggere la mia bella gente. […] Siate le nostre voci fuori dall’Afghanistan”. “I talebani non possono portare via alle donne afghane ciò che sono diventate, la loro istruzione, la spinta verso il lavoro, il senso di libertà” – afferma Lynsey Addario, fotogiornalista e scrittrice. Loro sono piene di energia, speranza, sogni”.
“La scorsa settimana ero una giornalista. Oggi non posso scrivere con il mio nome, dire chi sono o dove mi trovo. La mia vita è stata distrutta in pochi giorni”, ha raccontato una donna al quotidiano The Guardian. “Non sono al sicuro perché sono una donna di 22 anni e so che i talebani stanno obbligando le famiglie a dare le proprie figlie in sposa ai combattenti. E non sono al sicuro anche perché sono una giornalista e so che i talebani verranno a cercare me e tutti i miei colleghi”.

Insieme si può costruire un mondo migliore

Tra le città italiane, piccole e grandi, coinvolte dall’iniziativa di Economy of Francesco anche Marino nel Lazio che ha promosso un sit-in. “Di fronte al grido delle donne afghane che chiedono di sostenere la loro voce, di non farle sparire dal mondo – afferma Patrizia Mazzola, una delle organizzatrici – può sembrare piccolo e insignificante quello che facciamo. Tuttavia dobbiamo credere che, se ci si muove insieme, si può e si deve essere protagonisti nella costruzione di un mondo migliore. Con coraggio nelle strade di Kabul le donne afgane esistono e chiedono di sostenere la loro voce, di non ci farle sparire e noi non possiamo far finta di niente”. E mentre l’ONU riprende i voli umanitari verso il nord e il sud dell’Afghanistan per consentire a 160 organizzazioni umanitarie di continuare le loro attività vitali nel Paese, e lavora per stabilire un ponte aereo cargo per il trasporto di articoli non alimentari, come forniture mediche e di emergenza, in Italia sono molte le associazioni di volontariato e le organizzazioni della società civile che si stanno mobilitando per sostenere i profughi afghani giunti nella Penisola con i corridoi umanitari.

In vista del nuovo governo, le donne difendono i loro diritti

Intanto in Afghanistan i talebani stanno per annunciare la formazione del loro nuovo governo, che non dovrebbe includere le donne, una prospettiva contro la quale decine di donne afgane ieri hanno protestato pubblicamente. Secondo quanto riferisce l’AFP circa 50 donne sono scese nelle strade di Herat per chiedere che venga rispettato il loro diritto al lavoro e si preveda la partecipazione politica delle donne. “È il nostro diritto ad avere istruzione, lavoro e sicurezza”, lo slogan gridato dalle partecipanti. “I colloqui sono in corso per formare un governo ma non parlano della partecipazione delle donne – ha dichiarato all’agenzia di stampa Basira Taheri, una delle organizzatrici della protesta -. Vogliamo che i talebani si consultino con noi. Continueremo le nostre manifestazioni, sono iniziate a Herat, si diffonderanno presto in altre province”. Alcune decine di manifestanti si sono radunate anche fuori dal palazzo presidenziale di Kabul. Un testo diffuso in questa occasione chiede che alle donne afghane vengano garantiti pieni diritti all’istruzione e le libertà generali, inclusa la libertà di parola.

Le parole e la realtà

I talebani hanno più volte promesso che il governo sarà “inclusivo”, ma hanno anche lasciato intendere che “potrebbe non esserci” nessuna donna ministro, ma solo ai livelli più bassi. In passato, la loro rigida applicazione della Sharia, la legge islamica, aveva portato alla graduale scomparsa delle donne dallo spazio pubblico e alla persecuzione degli oppositori. Per questo è più che mai indispensabile che sull’Afghanistan non si spengano i riflettori ma che la mobilitazione della comunità internazionale e della società civile non venga meno con il passare dei mesi lasciando il posto all’indifferenza.